Racconto da Macerata
"Ci sono persone con cui perdi tempo e altre con cui perdi il senso del tempo. È solo una questione di scelte.."
E'
con le parole di Jessica Valentina Faoro, la 19enne uccisa e fatta a
pezzi a Milano da un tranviere italiano, che voglio iniziare la mia
narrazione della bellissima manifestazione di ieri a Macerata: oltre
30.000 persone con le quali ho perso il senso del tempo e ritrovata
l'emozione della solidarietà e dell'antifascismo militante.
Una
lunga ma brevissima, per quanto bella e intensa, giornata di lotta,
partita dal basso, stigmatizzata dall'alto, ostacolata da tutte le parti
e arrivata ovunque, grazie alle sue ragioni e con l'autorganizzazione.
Da
L'Aquila l'autobus che doveva partire era stato annullato in seguito
alla dissociazione dei vertici di Anpi, Cgil, Libera e Arci. Chi scrive è
partita con le sue sole forze e può dire che ne è valsa davvero la
pena. Chi in autobus, chi in ordine sparso, con auto o treni per evitare
di essere bloccati, ci siamo ritrovate e ritrovati alle porte di una
città blindata: persone di tutte le età, ma in gran parte donne,
giovani, migranti, compagne e compagni provenienti da tutta Italia,
molti dei quali non si incontravano da più da oltre 10 anni in una
manifestazione anche di massa.
Un
fitto e colorato corteo, che ha circondato le mura della città
denunciando il razzismo "democratico", la falsa morale di chi chiama al
silenzio e specula sui femminicidi per motivi elettorali, la
strumentalizzazione del corpo delle donne per fini securitari e
giustificazionisti di questo barbaro sistema moderno fascista. Tanti gli
slogans, di rabbia e solidarietà, urlati con voci soprattutto
femminili: "siamo tutti antifasctisti", "se ci sono tanti disoccupati
la colpa è del governo/padroni e non degli immigrati", "ci rubano la
casa, ci rubano il lavoro, Minniti e Gentiloni i ladri sono loro", "ma
quale sicurezza, ma quale polizia, io lotto e mi organizzo, la scelta è
solo mia".
Importante
la presenza e il protagonismo delle donne migranti, che subiscono una
tripla violenza, e gli interventi delle femministe, soprattutto delle
Marche, per demistificare le narrazioni tossiche e necrofile della
violenza sulle donne e l'uso dei corpi delle donne e dei migranti come
veri e propri campi di battaglia per costruire retoriche securitarie e
razziste, dove anche le donne vittime di violenza vengono discriminate tra loro, anche se tutte, in fondo, "se la sono cercata".
razziste, dove anche le donne vittime di violenza vengono discriminate tra loro, anche se tutte, in fondo, "se la sono cercata".
Così
di Jennifer Odion, la giovane nigeriana colpita dalla pistola del
fascioleghista Traini non si parla affatto, Jessica Valentina Faoro,
uccisa e fatta a pezzi dal tanviere italiano, presto entrerà nel limbo
delle migliaia di "inutili" vittime della violenza maschile sulle donne,
Pamela Mastropietro, uccisa e fatta a pezzi da spacciatori nigeriani, è
già un'icona, immolata nell'altare del razzismo demokratico.
Ed
è proprio con le parole di Pamela, che il fascioleghista Traini
pretendeva di vendicare, che voglio concludere questo racconto: "Gli oggetti so fatti per essere usati... Le persone so
fatte per essere amate... Il mondo va storto perché si usano le persone e si
amano gli oggetti". Pamela non voleva essere usata, ma amata e
rispettata, eppure è stata la vittima più strumentalizzata, vilipesa e
abusata da chi ha trovato nella sua morte la storia perfetta che voleva
raccontare e ne ha sepolto la memoria sotto un fertile terreno di
campagna elettorale.
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