(Da Il Manifesto) - "...la politica di Canberra nei confronti di
rifugiati e migranti è sintetizzata nello slogan «No Way», vale
a dire nessuna possibilità che qualcuno sbarchi sul territorio
nazionale grazie a un capillare controllo da parte della marina e a una
serie di accordi stipulati con gli altri paesi dell’area per la
costruzione di centri di identificazione su alcune isole distanti dalle
coste australiane.
È qui, nell’isola Christmas, in mezzo all’Oceano Pacifico, piuttosto che sull’isolotto di Nauru o a Manus Island, “affittate” agli australiani dalle autorità della Papua-Nuova Guinea che sono sorte delle vere e proprie prigioni dove sono costretti migliaia di richiedenti asilo e di migranti: donne, uomini e anche molti bambini. Luoghi sinistri e pericolosi, il cui uso è stato più volte condannato da Amnesty International dove regna la violenza e dove, dopo mesi di detenzione provvisoria, la disperazione è
spesso l’unica forma di protesta possibile.
Dopo la rivolta che alla fine dello scorso anno aveva scosso l’isola Christmas in seguito alla morte di un giovane kurdo, l’epicentro della tensione si è spostato in questi giorni a Nauru dove i richiedenti asilo imprigionati hanno lanciato una forma estrema di protesta: prima un giovane iraniano di 23 anni e quindi una donna somala di 21 anni hanno deciso di immolarsi con il fuoco per denunciare la situazione. L’uomo è morto nei giorni scorsi mentre la donna è stata trasportata mercoledì in un ospedale australiano dove lotta tra la vita e la morte. Tutt’altro che dei casi isolati.
Secondo un’inchiesta del Fairfax Media, uno dei principali network locali della comunicazione, nelle «isole prigioni» ogni due giorni si registrerebbe un nuovo caso del genere: tentativi di suicidio e di mutilazioni per disperazione o per far conoscere all’esterno le condizioni di detenzione.
Una protesta estrema, cui fanno eco la mobilitazione delle associazioni antirazziste e le denunce da parte di ong e organizzazioni per i diritti dell’uomo, che non sembra però scalfire la determinazione delle autorità australiane che, anzi, considerano chi sostiene migranti e richiedenti asilo come responsabili di quanto sta accadendo...
... la recente decisione della Corte suprema della Papua-Nuova Guinea che ha giudicato illegale la detenzione dei richiedenti asilo sull’isola di Manus – affittata a Canberra per scopi difensivi – e stabilito che il campo gestito dagli australiani, che ospita oggi 850 persone, sia chiuso. Canberra ha già fatto sapere che cercherà di spostare i migranti nelle altre isole, forse a Nauru, ma che non intende rinunciare alla sua linea intransigente...
È qui, nell’isola Christmas, in mezzo all’Oceano Pacifico, piuttosto che sull’isolotto di Nauru o a Manus Island, “affittate” agli australiani dalle autorità della Papua-Nuova Guinea che sono sorte delle vere e proprie prigioni dove sono costretti migliaia di richiedenti asilo e di migranti: donne, uomini e anche molti bambini. Luoghi sinistri e pericolosi, il cui uso è stato più volte condannato da Amnesty International dove regna la violenza e dove, dopo mesi di detenzione provvisoria, la disperazione è
spesso l’unica forma di protesta possibile.
Dopo la rivolta che alla fine dello scorso anno aveva scosso l’isola Christmas in seguito alla morte di un giovane kurdo, l’epicentro della tensione si è spostato in questi giorni a Nauru dove i richiedenti asilo imprigionati hanno lanciato una forma estrema di protesta: prima un giovane iraniano di 23 anni e quindi una donna somala di 21 anni hanno deciso di immolarsi con il fuoco per denunciare la situazione. L’uomo è morto nei giorni scorsi mentre la donna è stata trasportata mercoledì in un ospedale australiano dove lotta tra la vita e la morte. Tutt’altro che dei casi isolati.
Secondo un’inchiesta del Fairfax Media, uno dei principali network locali della comunicazione, nelle «isole prigioni» ogni due giorni si registrerebbe un nuovo caso del genere: tentativi di suicidio e di mutilazioni per disperazione o per far conoscere all’esterno le condizioni di detenzione.
Una protesta estrema, cui fanno eco la mobilitazione delle associazioni antirazziste e le denunce da parte di ong e organizzazioni per i diritti dell’uomo, che non sembra però scalfire la determinazione delle autorità australiane che, anzi, considerano chi sostiene migranti e richiedenti asilo come responsabili di quanto sta accadendo...
... la recente decisione della Corte suprema della Papua-Nuova Guinea che ha giudicato illegale la detenzione dei richiedenti asilo sull’isola di Manus – affittata a Canberra per scopi difensivi – e stabilito che il campo gestito dagli australiani, che ospita oggi 850 persone, sia chiuso. Canberra ha già fatto sapere che cercherà di spostare i migranti nelle altre isole, forse a Nauru, ma che non intende rinunciare alla sua linea intransigente...
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