martedì 29 settembre 2015

pc 29 settembre - "I fondi per i profughi ormai non bastano più": dall'Onu alla Croce rossa, a causa delle guerre imperialiste, pure gli “aiuti umanitari” sono in crisi…

Mentre sono in corso miserabili e indegne discussioni sulla distribuzione dei migranti, come se fossero dei pacchi, tra i paesi europei, e mentre questi litigano pure per l’attribuzione dei fondi per la “gestione dell’emergenza” (ci sono paesi come l’italia che hanno chiesto all’Europa di non tenere conto nei bilanci delle spese per i migranti!), le organizzazioni governative e umanitarie, strutture di fatto controllate dai vari governi, dicono di aver finito i fondi.

Nel sistema capitalistico questa “assistenza” di fatto viene pianificata, considerata “normale” come normale viene considerata la povertà, e come si vede le organizzazioni cosiddette non governative agiscono da “cuscinetto” da “ammortizzatore”.

Anche dalle cifre di questo studio (e che cifre! sulle quali campano tanti sciacalli!) che riportiamo sotto, e dalle dichiarazioni dei responsabili di questi organismi si capisce quanto siano devastanti le guerre scatenate dall’imperialismo, non tanto per i fondi in sé, quanto naturalmente per gli effetti sulle vite delle persone costrette a fuggire a milioni, e non è certo rivolgendosi  a questi stessi paesi, come fanno “ingenuamente” le organizzazioni governative, che si possono risolvere questi problemi.

"I fondi per i profughi ormai non bastano più": 
dall'Onu alla Croce rossa, è allarme aiuti

La crisi siriana ha aperto un buco nel bilancio delle Nazioni Unite di 3,5 miliardi di dollari. Allo stremo anche le Ong: "Gli Stati devono dare prova di umanità"

di ALAIN JOURDAN

PRIMA ancora di suscitare tensioni in Europa, la crisi dei migranti ha prosciugato le finanze delle
agenzie dell'Onu e delle Ong che col conflitto siriano hanno ormai raggiunto il limite del possibile. L'estate scorsa il Programma alimentare mondiale (Pam) ha dovuto ridurre di un terzo gli aiuti ai siriani rifugiati in Giordania, Turchia, Egitto Libano e Iraq, incrementando così a dismisura l'esodo delle popolazioni, che non avendo più di che sfamarsi tentano di raggiungere l'Europa. L'agenzia dell'Onu aveva bisogno di 236 milioni di dollari per continuare a finanziare il suo programma fino a novembre; e neppure la somma aggiuntiva di un miliardo di dollari che l'Ue si è ora impegnata a versare per contenere gli effetti della crisi siriana basterà a risolvere tutto.

Secondo le stime di un rapporto redatto nel giugno scorso, nel quadro del programma regionale di pianificazione strategica (3RP), il deficit dei programmi dell'Onu per l'assistenza ai rifugiati siriani ammonterebbe a 3,47 miliardi di dollari. Per far fronte ai suoi impegni umanitari, all'inizio del 2015 l'Onu ha lanciato un appello con l'obiettivo di raccogliere 16,4 miliardi di dollari, di cui la metà servirà unicamente per far fronte alla crisi siriana. In questi ultimi quattro anni le somme spese dall'Onu e dalle organizzazioni umanitari sono arrivate a livelli colossali.

Tra le agenzie dell'Onu, non è solo il Pam ad aver raggiunto il limite delle proprie possibilità. L'Alto commissario per i rifugiati Antonio Guterres, in prima linea fin dall'inizio della crisi, si è sempre adoperato per esortare gli Stati a rendersi conto delle proporzioni del dramma siriano. Anche per l'Unhcr i margini di manovra sono ormai molto esigui, dato che nel 2015 il suo budget (5,1 miliardi di dollari) ha subito un taglio del 10%.

Anche l'organizzazione più emblematica per il suo impegno umanitario, il Cicr, è ormai allo stremo. Il suo presidente Peter Maurer ha annunciato che nonostante un bilancio preventivo aumentato del 25%, il Comitato internazionale della Croce Rossa avrà quest'anno il deficit più alto della sua storia. Per il 2015 i contributi ammontano a un po' più di 1,25 miliardi di euro, ma non basteranno a coprire il fabbisogno del Cicr in Siria e nei Paesi vicini (Giordania e Libia): mancano 78,5 milioni di euro. Gli spostamenti di intere popolazioni pesano anche sulle finanze dell'organizzazione che provvede ad assiste- re i migranti "lungo tutto il loro percorso"; e lo stesso vale per l'Unicef, il cui direttore, Anthony Lake, ha ricordato che i bambini siriani hanno bisogno di aiuto "in tutte le tappe del loro esilio: dal primo bombardamento che li ha spinti a partire fino alla loro destinazione di sopravvivenza".

È in affanno anche la generosità dei Paesi donatori dell'Onu e delle diverse organizzazioni umanitarie, che dal 2011 ha battuto diversi record. La crisi siriana somiglia sempre più a un pozzo senza fondo. Alcuni Paesi preferiscono ormai concentrare i loro aiuti su altri conflitti. Si sapeva fin dal 2013 che la diga umanitaria costruita intorno all'incendio siriano non avrebbe retto oltre il 2015.
Esasperati, talora esausti, gli enti umanitari esortano non solo l'Europa ma l'intera comunità internazionale a dare al più presto una risposta politica al dramma in atto, in Siria e nella regione. L'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim), con sede a Ginevra, non ne può più di aggiornare la macabra contabilità dei migranti periti in mare: dall'inizio dell'anno sono 2800. "L'indecisione politica che regna tra gli Stati membri dell'Ue rischia di causare nuovi naufragi", ha avvertito il portavoce Leonard Doyle.

Nell'attesa che i governi si muovano, le Ong vedono con crescente insofferenza la politicizzazione del dibattito sullo status dei migranti giunti in Europa. Per Oxfam International  -  una coalizione di Ong che lotta contro l'ingiustizia e la povertà  -  "gli Stati devono dar prova di umanità", piuttosto che soffermarsi sulle distinzioni tra rifugiati, migranti economici e richiedenti asilo.

La crisi siriana non mancherà di lasciare tracce nei rapporti tra umanitari e politici; fin d'ora, ha scavato un fossato in cui si accumulano le vittime anonime e innocenti di una guerra devastante. Ma la cosa più grave è che molti Paesi hanno fatto strame dei principi sostenuti dall'Onu e ribaditi dalle Convezioni di Ginevra.

La crisi dei migranti non ha solo dato uno scossone all'Europa, ma porta in sé i fermenti di un'esasperazione assai più profonda, rilanciando il dibattito sulla necessaria riforma di un'Onu ormai invecchiata e del suo Consiglio di Sicurezza, che paralizza tante azioni necessarie.

L'INCHIESTA LENA
Questa inchiesta è stata condotta da giornalisti del Lena (Leading European Newspaper Alliance), alleanza  di cui Repubblica fa parte con Die Welt, El Pais, Le Figaro, Le Soir, Tages-Anzeiger e Tribune de Genève
La repubblica

28/9/2015

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