mercoledì 30 settembre 2015

pc 30 settembre - Renzi all’ONU chiarisce la posizione e le pretese dell’imperialismo italiano nello scacchiere mediorientale: la Libia (petrolio e ricostruzione post-bellica) e l’Africa… buttando sul piatto altri militari!

L’intervento di Renzi all’Onu, tra un abbraccio al narcopresidente del Messico Nieto e l’altro, con una parte del contenuto pubblicata oggi dalla Repubblica, è servito all’imperialismo italiano a provare a districarsi nella difficile situazione mondiale, con particolare riferimento alla situazione in Siria, e ad affermare quali sono le sue priorità. Sottolineiamo e commentiamo alcuni passaggi riportati dall’articolo che è abbastanza chiaro sugli intenti del governo italiano guidato in questo momento da Renzi.

L’Italia/ il premier all’Onu: “In Siria una via d’uscita politica”
Renzi: “La Libia è la priorità, pronti a un ruolo guida”

La Siria non è affar nostro, Renzi se ne vuole tenere più alla larga possibile. È alla Libia che guarda l’Italia. Il presidente del consiglio lo ha messo in chiaro in maniera quasi brutale in un’intervista a Bloomberg tv: “Non c’è solo la Siria, per noi la priorità sono la Libia e l’Africa”. Dal podio del Palazzo di vetro lo ha ripetuto in maniera più diplomatica: “In Siria l’unica via d’uscita è restituire la parola alla politica. Ma in questo momento un nemico pericoloso, il Daesh, sta alle nostre porte e rischia di affermarsi in Africa partendo dalla Libia”.

La prudenza sulla Siria è frutto di un calcolo preciso. La situazione sul terreno è drammatica, un accordo fra le potenze è ancora lontano, e poi l’Italia è già impegnata su troppi fronti per aprirne un altro al buio.

Prima di salire sull’aereo insieme a Renzi per rientrare a Roma lo spiega Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione esteri del Senato: “I bombardamenti aerei in Siria non sono efficaci, i raid dei francesi temo abbiano più un significato interno che un impatto sul terreno. E finché non c’è un’intesa sulla transizione post-Assad è inutile imbarcarci in un’impresa dalle prospettive poco chiare”.

[Questa “chiarezza” di posizione espressa da Casini non è stata detta alla stessa maniera durante gli interventi di Renzi; se Hollande il guerrafondaio bombarda la Siria anche per problemi interni è soprattutto perché la guerra serve in momenti particolari proprio a distogliere le masse popolari dai problemi causati dall’oppressione del capitalismo in ogni paese! Ai padroni italiani per esempio una ricostruzione post-bellica della Libia sta molto a cuore!]

La Siria è fuori dalla nostra portata, mentre è in Libia che ci candidiamo ad assumere un ruolo guida del contingente Onu che potrebbe essere dispiegato una volta raggiunto un accordo politico per il governo di unità nazionale. Renzi lo ha ribadito parlando di fronte all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. “Se il governo libico ce lo chiederà, [quale governo dato che in questo momento ce ne sono due!?] l’Italia è pronta a prendere un ruolo guida in un meccanismo di stabilità del paese con il sostegno della comunità internazionale”. Anche sul fronte libico tuttavia, nonostante le dichiarazioni di principio, dietro le quinte gli italiani si fano poche illusioni. “La disponibilità di Renzi – confida una fonte della delegazione italiana – serve più che altro a piantare un paletto, per evitare che qualcuno altro ci sfili la leadership della ricostruzione post-bellica”.

Insomma, nella complicata scacchiera del Mediterraneo, l’Italia lascia alla Francia l’iniziativa su un’area tradizionalmente di sua influenza come la Siria, mentre rivendica per sé un ruolo sulla sponda più vicina della Tripolitania. “Francesi e tedeschi – osserva il diplomatico – hanno gettato sul tavolo le loro fiches in Siria. Hollande con i bombardamenti, la Merkel quando ha aperto le porte ai profughi siriani”. All’Italia, sia per ragioni di politica energetica, sia per contenere l’afflusso dei rifugiati, sta invece a cuore le Libia. E per conquistare il consenso degli americani su questa candidatura, Renzi ha riaffermato con Obama la disponibilità italiana a prolungare fino a fine del 2016 e anche oltre la presenza di addestratori italiani in Afghanistan. Oltre all’offerta di altri 400 soldati per i caschi blu dell’Onu.

La Repubblica

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