Accordo sulla rappresentanza e JobsAct: la protesta conquista il palco
È successo oggi in diverse città italiane, ed è successo a
Bergamo. Si tratta dell’onda lunga delle manifestazioni del 19 ottobre e
del 12 aprile a Roma. Quell’unità delle lotte reali che nell’ultimo
anno ha mobilitato una molteplicità di soggetti in tutto il paese,
affermando la centralità di parole d’ordine come reddito e casa; la
centralità di istanze di dignità che non trovano riscontro nelle forme
sedimentate della rappresentanza ma che rivelano una determinazione
crescente ad opporsi al processo di impoverimento generale che le
politiche di austerity impongono a strati non secondari della società.
Ecco allora che lo spezzone sociale dei movimenti di lotta per la casa e
del sindacalismo di base finalmente unito si è affermato oggi come lo
spazio più partecipato della manifestazione: uno spezzone meticcio e
intergenerazionale, animato da famiglie senza casa, facchini della
logistica, precari e precarie, lavoratori e lavoratrici che in tutta la
provincia lottano quotidianamente per difendere il proprio posto di
lavoro, senza deleghe.
A questa composizione emergente è da
attribuire il colpo di scena finale della giornata: una fotografia che
restituisce gli estremi della sollevazione a venire. Giunti in piazza
Vittorio Veneto per il consueto comizio istituzionale, i vertici di
CGIL, CISL e UIL e i rappresentanti del Partito Democratico hanno
misurato l’umore del paese reale, l’umore di coloro che degli effetti
della crisi e delle misure introdotte dai vari governi tecnici hanno
esperienza diretta sulla propria pelle, giorno per giorno. Le parole
d’ordine dello spezzone sociale si sono fatte così contestazione:
dall’accordo sulla rappresentanza del 10 gennaio, destinato a silenziare
ogni forma di conflittualità sindacale e a perimetrare rigidamente
l’iniziativa dei rappresentanti espressi dai lavoratori e dalle
lavoratrici, al Jobs Act, ulteriore scatto in avanti nel processo di
precarizzazione occupazionale. Il comizio, subissato dai fischi, si è
concluso anzitempo e dopo pochi minuti i convenuti hanno abbandonato il
palco precipitosamente. A poco è servita la musica profusa dagli
altoparlanti per silenziare la contestazione: in pochi attimi la
protesta ha preso controllo del palco.
La fuga dei sindacati
confederali da quel palco ha aperto uno spazio del tutto inedito alle
testimonianze di lavoratori e lavoratrici migranti, famiglie senza casa e
sindacalisti di base. Il comizio stanco dei dirigenti confederali e dei
professionisti della politica rimpiazzato dalle voci delle lotte reali.
Allora quel coro unanime “vergogna” scandito durante la contestazione
non è parso poi così paradossale. Come dire: andate sui posti di lavoro,
tastate con mano quali condizioni sperimenta oggi chi lavora per una
cooperativa della logistica o per un call center, chi sperimenta
l’incenrtezza di contratti da forza lavoro “usa e getta”, tastate con
mano la precarietà esistenziale di chi fa i salti mortali per pagare
l’affitto. La presa di quel palco ci dice qualcosa sul paese reale, che
non può e non vuole aspettare, che pretende diritti e dignità e che per
questi è disposto a battersi.
Nessun commento:
Posta un commento