domenica 27 aprile 2014

pc 27 aprile - Grandola Vila morena - 25 aprile Portogallo, l'anniversario della Rivoluzione non ne recupera nè lo spirito, nè la prospettiva

Le giornate del 24 e 25 aprile a Lisbona, nel racconto di un giovane compagno presente

I giorni 24 e 25 di aprile a Lisbona sono state giornate di massa. Questa è una delle cose che più di ogni altra balza agli occhi di chi in questi due giorni ha avuto l'opportunità di sfilare per le strade della città 40 anni dopo la fine della dittatura e l'inizio della Rivoluzione dei Garofani portoghese.
Dopo un mese denso di presentazioni di libri, concerti, mostre fotografiche e altre iniziative di “commemorazione”, il 24 aprile c'è stata la prima delle grandi iniziative finali. Da vari punti della città sono partiti i cosiddetti rios, cortei con varie caratterizzazioni più o meno autogestiti che partendo da vari punti della città e connotandosi su parole d'ordine disparate, si sono uniti in serata al concentramento finale di Largo do Carmo, luogo simbolo della rivoluzione, nel quale si erano rifugiati il primo ministro e altre personalità del Governo fascista di Caetano, successore di Salazar, assediati dalla popolazione in rivolta e dai carroarmati del Movimento Forze Armate.
L'iniziativa è stata molto partecipata e colorata, piena di cori e decine di idee per caratterizzare i vari spezzoni (dagli anarchici, all'opposizione alla Troika, l'ecologismo, i diritti degli omosessuali, il femminismo, le bande di musicisti di lotta, ecc...), anche se i contenuti emergevano solo superficialmente e in maniera quasi esclusivamente giocoso-creativa. Nonostante tutto si è trattato di un bel momento di protesta culminato nel Largo do Carmo e proseguito per tutta la notte con canti, cori, fumogeni, tamburi e le note dell'immancabile Grandola vila morena, la canzone di Alfonso Zeca, proibita dalla dittatura e che i militari rivoluzionari utilizzarono come segnale\simbolo dell'inizio dell'insurrezione.
Il bel clima e la folla molto coinvolta anche emotivamente radunata in Largo do Carmo, si contrapponeva alla celebrazione ufficiale di Piazza del Commercio. Altrettanto suggestiva, numerosa e con momenti toccanti (i migliaia di garofani rossi al cielo sulle note di Grandola) sembrava però avere una tonalità troppo simile a una celebrazione ufficiale, un giocattolone istituzionale con un mega palco, qualche cantante pop, fuochi d'artificio, e bandiere portoghesi. Troppo simile a una festa di unità nazionale per restituire pienamente il senso della giornata ma comunque attraversato da un'atmosfera bella e sentita anche lì, nel pubblico presente fino a tardi di fronte al palco.
Lo scenario di Largo do Carmo, però, con il passare del tempo inizierà a cambiare radicalmente atmosfera, mettendo in luce tutti i suoi limiti. Più ci si avvicinava alla mattina più la piazza metterà in luce il lato peggiore delle componenti che lo hanno caratterizzato, che se prima erano diluite nella loro dimensione di massa, rovineranno completamente lo scenario e l'atmosfera portando all'eccesso lo stile giovanilistico e festaiolo. Si terminerà a notte fonda con troppo alcol e musica trash sparata da un camioncino.
Diciamo che nonostante una discreta capacità di mobilitare la gente e i vari temi affrontati, il 24 lascerà tutto sommato l'amaro in bocca. Zero volantini, quasi un compleanno collettivo, troppo poco contro crisi e Troika, tanto ecologismo e ribellismo unicamente come look. Un bel momento di comunità e di festa, ma se fare politica è anche l'individuazione di un nemico, il 24, più passava il tempo più la politica (già non eccessivamente presente) sparirà continuamente tra canti e balli. Nessuna scritta sul muro, nessun sanzionamento simbolico verso banche o palazzi del Governo, nessuna parola d'ordine che non cada nella mera ritualità. I limiti del movimento portoghese si presentano nella loro forma più pura il 24 aprile. Invece di essere l'occasione per un momento di discontinuità si rivela la conferma dei limiti e delle concezioni sbagliate delle soggettività politiche portoghesi, specie di quelle che si autodefiniscono a sinistra del Pcp ma che, a parte singole persone in gamba e radicali, si rivela una delimitazione di facciata dal partito comunista, libertaria a chiacchiere, con una capacità (volontà?) reale di incidere nella realtà quasi insignificante e più radicale solo nel look.
La cosa peggiore saranno le lamentele proveniente da tutte le parti su come sia andata la giornata. Quando provengono da giovani studenti, gente che aveva voglia di partecipare e singoli sinceri sono interessanti e giuste. Ma quando provengono da chi avrebbe in teoria la capacità e a volte anche la forza di determinare la situazione, sono solo lamentele ipocrite e colorate da un pizzico di voglia di bearsi della situazione raccontandola come “qui non si può fare nulla” che deresponsabilizza un po' tutti. Il paragone con la rabbia e la politicizzazione dei cortei in Spagna, Italia, Grecia e Paesi Baschi è costante nei commenti a margine della giornata. Ma quando proviene da chi i movimenti e le cose qui a Lisbona le organizza (o dovrebbe farlo) sembra inserirsi in quel classico filone del “come sono belle le rivolte degli altri” senza interrogarsi su come lavorarci. Emblematico è che una delle caratterizzazioni possibili da parte di un gruppo della gioventù dei Pcp era quella in solidarietà a Euskal Herria. Con tutto il bene per questa lotta, la cosa sembrava davvero fuori luogo in una data come il 25 aprile, in un momento come questo, in un paese come il Portogallo, in una situazione ancora troppo “tranquilla” per il livello di risposta necessario. Ed è paradossale che il corteo sia sfumato grazie alla lucidità dei ragazzi (molti Erasmus) dei Paesi Baschi che hanno considerato eccessiva questa “baschite” in un paese schiacciato dalla crisi e proprio nella giornata della Liberazione. L'occasione era ghiotta per tentare di dare una sfumatura più rabbiosa alla manifestazione ma non è successo. Nonostante tutto, grazie alle migliaia di persone accorse è stato un momento bello e toccante.

Procedendo cronologicamente, il mattino dopo saranno i militari protagonisti della Rivoluzione dei Garofani a occupare Largo do Carmo, con un comizio interessante e ricco di attacchi al Governo e alle misure della Troika. Comizio esplicitamente in contrapposizione con l'umiliazione della vergognosa celebrazione nel parlamento del Governo che di fronte agli occhi di uno dei boia più feroci dei proletari portoghesi, Barroso presidente della Commissione Europea, canterà le lodi del dittatoriale piano di salvataggio imposto dall'Unione europea e che ha nel governo il suo scagnozzo ed esecutore. I militari contrapporranno lo spirito della rivoluzione dei Garofani e della liberazione alle misure del Governo accusandolo di essere in netta contraddizione con gli ideali che hanno spinto militari e popolo portoghese a demolire il regime nel '74.
Ritornando ai limiti, nonostante per mesi si siano millantate azioni di protesta di fronte al parlamento il giorno del 25 aprile, in questa mattina non si muoverà foglia di fronte all'assemblea della Repubblica, né da parte di uno dei più grandi partiti comunisti d'Europa, né da parte della galassia che si definisce “più a sinistra” e antagonista che la mattina dopo starà smaltendo la “sbornia” (tristemente anche in senso letterale) della celebrazione della sera prima, beandosi di una occasione di lotta trasformatasi in festa.
Per fortuna il 25 aprile è più forte delle soggettività che lo metteranno in campo. Il giorno dopo, il corteo del 25 aprile sarà immenso. Enorme, colorato, di lotta, ricco di parole d'ordine (ovviamente l'opposizione alla Troika sarà il minimo comun denominatore). Un corteo dove gli spezzoni più grandi saranno quello della gioventù del Pcp, lo spezzone del Bloco d'Esquerda e delle altre organizzazioni portoghesi tra le quali spiccano senza nessuna sorpresa quello della Cgtp e dell'associazione 25 aprile. Sorpresa, specie agli occhi di noi italiani, risulta essere la presenza all'interno del corteo di una camionetta della polizia, non per controllare il corteo ma per parteciparvi con tanto di garofani sul cruscotto. Una dinamica molto portoghese alla quale gli sguardi di chi non è dentro le peculiarità e la storia del Portogallo fanno fatica ad abituarsi. Per il resto mille altri gruppi, provenienti anche da tutto il Portogallo e sopratutto tantissime persone di tutte le età e pienamente partecipi della giornata. Davvero un bel momento di massa e di popolo che al di là della ricorrenza utilizzerà questa giornata come momento di accumulazione di forza per le lotte a venire.
Della serie, c'erano davvero tutti. Ma è davvero così? No, a parte che ogni “cosa” politica è “di parte” e deve mancare sempre una parte, quella contro cui si combatte, ma poi c'era una componente che doveva esserci e che, per diverse ragioni era assente.
Il corteo era rosso (come la maggior parte delle bandiere presenti) e bianco, come la pelle dei partecipanti. Nonostante la fortissima presenza di immigrati a Lisbona, il fatto che la data della Liberazione sia così strettamente legata al processo di liberazione nazionale delle colonie, il fatto che in un periodo di crisi e anche prima, gli immigrati, così come i portoghesi di origine africana siano coloro che più di altri vivono condizioni difficilissime, erano (al di là di piccole esperienze molto specifiche di impegno sociale e politico) praticamente assenti. Questo alla luce della situazione portoghese è una interessante cartina di tornasole sulla situazione della sinistra del paese. Nessuna organizzazione o collettivo riesce a entrare in maniera efficace in quei contesti e a mobilitare questa generazione con la quale non è così facile entrare in contatto. Ovviamente non è solo una specificità portoghese ma un po' è difficile accettare che a una celebrazione enorme come quella di ieri e piena di contenuti di lotta e antifascismo, sia totalmente assente la popolazione di colore dei ghetti di Lisbona. Gli stessi sono coloro che riempiono i concerti di rapper di colore che inneggiano alla lotta armata, al Black Panther Party, che vivono in quartieri devastati dalla povertà e dalla violenza della criminalità, che hanno come riferimenti i movimenti di Liberazione dei loro paesi, il Guevarismo e le esperienze sudamericane, che sono per la maggior parte disoccupati o lavorano a nero.
É innegabile che fa effetto vedere come questi ragazzi solo pochi giorni fa calino nel centro della città quando il Benfica vince il campionato occupando fisicamente la piazza con una energia e sana arroganza che lascia ben sperare nelle capacità di azione e mobilitazione di questo settore della classe, e come, invece,  siano così assenti in una celebrazione come questa. E sarebbe troppo facile scadere nella diffusissima retorica anti-calcio e imputare questi eventi solo al fatto che la gente “non pensa alle cose serie”. Ma questo è troppo vero e facile per essere tutta la storia. É vero però che in questi quartieri intorno a Lisbona quasi tutti (compagni, organizzazioni, collettivi, partiti) hanno abbandonato il campo, concentrandosi nei contesti dove sono già più presenti. Dalle riviste di buon livello scritte da intellettuali di sinistra di orientamento trotskista provenienti dalla facoltà di Storia dell'università Nova di Lisbona, al Partito comunista portoghese con i suoi limiti e la sua scarsa capacità di elevare il livello di conflitto, dai partiti di sinistra ma solo di opinione, a chi si dice radicale ma di certo non nel suo tentativo di cambiare la realtà, le migliaia di persone scese in piazza a Lisbona sembrano orfane di un minimo di strutture o esperienze concrete a cui fare completamente riferimento. La cosa che più di tutte si nota è l'assenza di conflitto. La tranquillità di cortei e scioperi è disarmante e ogni corteo passa troppo identico a quello precedente.
Le cose ovviamente sono in evoluzione e nulla esclude che proprio ciò che di buono ha messo in campo la giornata del 25 aprile apra interessanti spazi di riflessione e conflitto nella sinistra portoghese e nelle sue componenti più radicali. Specie in direzione della giornata del primo maggio, sentitissima qui in Portogallo.

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