Le giornate del 24 e 25 aprile a Lisbona, nel racconto di un giovane compagno presente
I
giorni 24 e 25 di aprile a Lisbona sono state giornate di massa. Questa è una
delle cose che più di ogni altra balza agli occhi di chi in questi due giorni ha
avuto l'opportunità di sfilare per le strade della città 40 anni dopo la fine
della dittatura e l'inizio della Rivoluzione dei Garofani portoghese.
Dopo
un mese denso di presentazioni di libri, concerti, mostre fotografiche e altre
iniziative di “commemorazione”, il 24 aprile c'è stata la prima delle grandi
iniziative finali. Da vari punti della città sono partiti i cosiddetti
rios, cortei con varie caratterizzazioni più o meno autogestiti che
partendo da vari punti della città e connotandosi su parole d'ordine disparate,
si sono uniti in serata al concentramento finale di Largo do Carmo, luogo
simbolo della rivoluzione, nel quale si erano rifugiati il primo ministro e
altre personalità del Governo fascista di Caetano, successore di Salazar,
assediati dalla popolazione in rivolta e dai carroarmati del Movimento Forze
Armate.
L'iniziativa è stata molto partecipata e colorata, piena di
cori e decine di idee per caratterizzare i vari spezzoni (dagli anarchici,
all'opposizione alla Troika, l'ecologismo, i diritti degli omosessuali, il
femminismo, le bande di musicisti di lotta, ecc...), anche se i contenuti
emergevano solo superficialmente e in maniera quasi esclusivamente
giocoso-creativa. Nonostante tutto si è trattato di un bel momento di protesta
culminato nel Largo do Carmo e proseguito per tutta la notte con canti, cori,
fumogeni, tamburi e le note dell'immancabile Grandola vila morena, la
canzone di Alfonso Zeca, proibita dalla dittatura e che i militari rivoluzionari
utilizzarono come segnale\simbolo dell'inizio dell'insurrezione.
Il
bel clima e la folla molto coinvolta anche emotivamente radunata in Largo do
Carmo, si contrapponeva alla celebrazione ufficiale di Piazza del Commercio.
Altrettanto suggestiva, numerosa e con momenti toccanti (i migliaia di garofani
rossi al cielo sulle note di Grandola) sembrava però avere una tonalità
troppo simile a una celebrazione ufficiale, un giocattolone istituzionale con un
mega palco, qualche cantante pop, fuochi d'artificio, e bandiere portoghesi.
Troppo simile a una festa di unità nazionale per restituire pienamente il senso
della giornata ma comunque attraversato da un'atmosfera bella e sentita anche
lì, nel pubblico presente fino a tardi di fronte al palco.
Lo
scenario di Largo do Carmo, però, con il passare del tempo inizierà a cambiare
radicalmente atmosfera, mettendo in luce tutti i suoi limiti. Più ci si
avvicinava alla mattina più la piazza metterà in luce il lato peggiore delle
componenti che lo hanno caratterizzato, che se prima erano diluite nella loro
dimensione di massa, rovineranno completamente lo scenario e l'atmosfera
portando all'eccesso lo stile giovanilistico e festaiolo. Si terminerà a
notte fonda con troppo alcol e musica trash sparata da un camioncino.
Diciamo che nonostante una discreta capacità di mobilitare la
gente e i vari temi affrontati, il 24 lascerà tutto sommato l'amaro in bocca.
Zero volantini, quasi un compleanno collettivo, troppo poco contro crisi e
Troika, tanto ecologismo e ribellismo unicamente come look. Un bel momento di
comunità e di festa, ma se fare politica è anche l'individuazione di un nemico,
il 24, più passava il tempo più la politica (già non eccessivamente presente)
sparirà continuamente tra canti e balli. Nessuna scritta sul muro, nessun
sanzionamento simbolico verso banche o palazzi del Governo, nessuna parola
d'ordine che non cada nella mera ritualità. I limiti del movimento portoghese si
presentano nella loro forma più pura il 24 aprile. Invece di essere
l'occasione per un momento di discontinuità si rivela la conferma dei limiti e
delle concezioni sbagliate delle soggettività politiche portoghesi, specie di
quelle che si autodefiniscono a sinistra del Pcp ma che, a parte singole persone
in gamba e radicali, si rivela una delimitazione di facciata dal partito
comunista, libertaria a chiacchiere, con una capacità (volontà?) reale di
incidere nella realtà quasi insignificante e più radicale solo nel
look.
La
cosa peggiore saranno le lamentele proveniente da tutte le parti su come sia
andata la giornata. Quando provengono da giovani studenti, gente che aveva
voglia di partecipare e singoli sinceri sono interessanti e giuste. Ma quando
provengono da chi avrebbe in teoria la capacità e a volte anche la forza di
determinare la situazione, sono solo lamentele ipocrite e colorate da un pizzico
di voglia di bearsi della situazione raccontandola come “qui non si può fare
nulla” che deresponsabilizza un po' tutti. Il paragone con la rabbia e la
politicizzazione dei cortei in Spagna, Italia, Grecia e Paesi Baschi è costante
nei commenti a margine della giornata. Ma quando proviene da chi i movimenti e
le cose qui a Lisbona le organizza (o dovrebbe farlo) sembra inserirsi in quel
classico filone del “come sono belle le rivolte degli altri” senza interrogarsi
su come lavorarci. Emblematico è che una delle caratterizzazioni possibili da
parte di un gruppo della gioventù dei Pcp era quella in solidarietà a Euskal
Herria. Con tutto il bene per questa lotta, la cosa sembrava davvero fuori luogo
in una data come il 25 aprile, in un momento come questo, in un paese come il
Portogallo, in una situazione ancora troppo “tranquilla” per il livello di
risposta necessario. Ed è paradossale che il corteo sia sfumato grazie alla
lucidità dei ragazzi (molti Erasmus) dei Paesi Baschi che hanno considerato
eccessiva questa “baschite” in un paese schiacciato dalla crisi e proprio nella
giornata della Liberazione. L'occasione era ghiotta per tentare di dare una
sfumatura più rabbiosa alla manifestazione ma non è successo. Nonostante tutto,
grazie alle migliaia di persone accorse è stato un momento bello e
toccante.
Procedendo cronologicamente, il mattino dopo saranno i militari protagonisti della Rivoluzione dei Garofani a occupare Largo do Carmo, con un comizio interessante e ricco di attacchi al Governo e alle misure della Troika. Comizio esplicitamente in contrapposizione con l'umiliazione della vergognosa celebrazione nel parlamento del Governo che di fronte agli occhi di uno dei boia più feroci dei proletari portoghesi, Barroso presidente della Commissione Europea, canterà le lodi del dittatoriale piano di salvataggio imposto dall'Unione europea e che ha nel governo il suo scagnozzo ed esecutore. I militari contrapporranno lo spirito della rivoluzione dei Garofani e della liberazione alle misure del Governo accusandolo di essere in netta contraddizione con gli ideali che hanno spinto militari e popolo portoghese a demolire il regime nel '74.
Ritornando ai limiti, nonostante per mesi si siano millantate
azioni di protesta di fronte al parlamento il giorno del 25 aprile, in questa
mattina non si muoverà foglia di fronte all'assemblea della Repubblica, né da
parte di uno dei più grandi partiti comunisti d'Europa, né da parte della
galassia che si definisce “più a sinistra” e antagonista che la mattina dopo
starà smaltendo la “sbornia” (tristemente anche in senso letterale) della
celebrazione della sera prima, beandosi di una occasione di lotta trasformatasi
in festa.
Per
fortuna il 25 aprile è più forte delle soggettività che lo metteranno in campo.
Il giorno dopo, il corteo del 25 aprile sarà immenso. Enorme, colorato, di
lotta, ricco di parole d'ordine (ovviamente l'opposizione alla Troika sarà il
minimo comun denominatore). Un corteo dove gli spezzoni più grandi saranno
quello della gioventù del Pcp, lo spezzone del Bloco d'Esquerda e delle altre
organizzazioni portoghesi tra le quali spiccano senza nessuna sorpresa quello
della Cgtp e dell'associazione 25 aprile. Sorpresa, specie agli occhi di noi
italiani, risulta essere la presenza all'interno del corteo di una camionetta
della polizia, non per controllare il corteo ma per parteciparvi con tanto di
garofani sul cruscotto. Una dinamica molto portoghese alla quale gli sguardi di
chi non è dentro le peculiarità e la storia del Portogallo fanno fatica ad
abituarsi. Per il resto mille altri gruppi, provenienti anche da tutto il
Portogallo e sopratutto tantissime persone di tutte le età e pienamente
partecipi della giornata. Davvero un bel momento di massa e di popolo che al di
là della ricorrenza utilizzerà questa giornata come momento di accumulazione di
forza per le lotte a venire.
Della serie, c'erano davvero tutti. Ma è davvero così? No, a
parte che ogni “cosa” politica è “di parte” e deve mancare sempre una parte,
quella contro cui si combatte, ma poi c'era una componente che doveva esserci e
che, per diverse ragioni era assente.
Il
corteo era rosso (come la maggior parte delle bandiere presenti) e bianco, come
la pelle dei partecipanti. Nonostante la fortissima presenza di immigrati a
Lisbona, il fatto che la data della Liberazione sia così strettamente legata al
processo di liberazione nazionale delle colonie, il fatto che in un periodo di
crisi e anche prima, gli immigrati, così come i portoghesi di origine africana
siano coloro che più di altri vivono condizioni difficilissime, erano (al di là
di piccole esperienze molto specifiche di impegno sociale e politico)
praticamente assenti. Questo alla luce della situazione portoghese è una
interessante cartina di tornasole sulla situazione della sinistra del paese.
Nessuna organizzazione o collettivo riesce a entrare in maniera efficace in quei
contesti e a mobilitare questa generazione con la quale non è così facile
entrare in contatto. Ovviamente non è solo una specificità portoghese ma un po'
è difficile accettare che a una celebrazione enorme come quella di ieri e piena
di contenuti di lotta e antifascismo, sia totalmente assente la popolazione di
colore dei ghetti di Lisbona. Gli stessi sono coloro che riempiono i concerti di
rapper di colore che inneggiano alla lotta armata, al Black Panther Party, che
vivono in quartieri devastati dalla povertà e dalla violenza della criminalità,
che hanno come riferimenti i movimenti di Liberazione dei loro paesi, il
Guevarismo e le esperienze sudamericane, che sono per la maggior parte
disoccupati o lavorano a nero.
É
innegabile che fa effetto vedere come questi ragazzi solo pochi giorni fa calino
nel centro della città quando il Benfica vince il campionato occupando
fisicamente la piazza con una energia e sana arroganza che lascia ben sperare
nelle capacità di azione e mobilitazione di questo settore della classe, e come, invece, siano così assenti in una celebrazione come questa. E sarebbe troppo facile
scadere nella diffusissima retorica anti-calcio e imputare questi eventi solo al
fatto che la gente “non pensa alle cose serie”. Ma questo è troppo vero e facile
per essere tutta la storia. É vero però che in questi quartieri intorno a
Lisbona quasi tutti (compagni, organizzazioni, collettivi, partiti) hanno
abbandonato il campo, concentrandosi nei contesti dove sono già più presenti.
Dalle riviste di buon livello scritte da intellettuali di sinistra di
orientamento trotskista provenienti dalla facoltà di Storia dell'università Nova
di Lisbona, al Partito comunista portoghese con i suoi limiti e la sua scarsa
capacità di elevare il livello di conflitto, dai partiti di sinistra ma solo di
opinione, a chi si dice radicale ma di certo non nel suo tentativo di cambiare
la realtà, le migliaia di persone scese in piazza a Lisbona sembrano orfane di
un minimo di strutture o esperienze concrete a cui fare completamente
riferimento. La cosa che più di tutte si nota è l'assenza di conflitto. La
tranquillità di cortei e scioperi è disarmante e ogni corteo passa troppo
identico a quello precedente.
Le
cose ovviamente sono in evoluzione e nulla esclude che proprio ciò che di
buono ha messo in campo la giornata del 25 aprile apra interessanti spazi di
riflessione e conflitto nella sinistra portoghese e nelle sue componenti più
radicali. Specie in direzione della giornata del primo maggio, sentitissima qui
in Portogallo.
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