Dopo che il 25 aprile a
Lisbona aveva lasciato un sapore agrodolce, essendosi rivelato un
corteo assolutamente immenso, enorme e variegato ma allo stesso tempo
troppo rituale e con poca incisività politica (in special modo
tenendo conto di ciò che in realtà avrebbe bisogno l'opposizione
sociale e politica portoghese in questo momento), per certi verso il
corteo del primo maggio a Lisbona è stato uguale e differente, con
qualcosa in più e qualcosa in meno.
Di certo si è trattato
di un corteo grande e che ha visto sfilare per le strade tantissime
persone e tantissimi lavoratori, cosa abbastanza usuale in Portogallo
se si tiene conto della tenuta non indifferente che mantengono i
sindacati e il partito comunista portoghese nei posti di lavoro.
Tantissime le sigle, tantissimi i gruppi e ovviamente onnipresente
l'opposizione alla Troika e al governo di Lisbona che si occupa di
eseguire tutte sue le indicazioni sulla pelle dei proletari.
Una manifestazione con
tantissimi slogan e cartelli ma che aveva due difetti, l'enorme
sensazione di ritualità che purtroppo aleggiava nell'aria e il fatto
di non esser riuscito a mettere in piazza gli stessi numeri del 25
aprile, anzi, risultando sensibilmente più piccolo pur nella sua
vastità.
Ma qualcosa di diverso
per fortuna c'è stato anche se piccolo e embrionale. In mezzo ai
vari mega-spezzoni sindacali e ai vari camioncini con
l'amplificazione dei partiti di sinistra c'era un gruppetto che di
certo non è passato indifferente.
Si tratta dei ragazzi
della Plataforma Gueto (Piattaforma Ghetto). Si tratta di un gruppo
di ragazzi di colore, nati in Africa o originari di quel continente,
che vivono negli immensi quartieri\ghetto attorno a Lisbona e che
ispirandosi al modello del Black Panther Party (ma senza risultarne
in nessun modo la sua caricatura) cercano di fare lavoro politico e
sociale all'interno di queste zone suburbane devastate dal capitale.
Stiamo parlando di quartieri poverissimi, vere e proprie banlieues,
con percentuali di povertà, disoccupazione e criminalità altissime.
Questo collettivo già
all'inizio si è concentrato in una piazza accanto al luogo
dell'inizio del corteo, non in opposizione, ma per riuscire a dare
una indicazione particolare e specifica al loro spezzone. Si sono
ritrovati in questa piazza, hanno iniziato a ripassare gli slogan, si
sono raggruppati un attimo per discutere e ravvivare a loro stessi il
senso della manifestazione e della loro presenza lì, i motivi che li
spingevano ad aver scelto certe parole d'ordine ecc... Dopo sono
partiti in corteo verso la piazza del concentramento indossando sui
vestiti adesivi che dicevano “no al razzismo sul lavoro”,“il
primo maggio denunciamo il razzismo sul lavoro” e “il razzismo in
Portogallo ci lascia nelle peggiori abitazioni, quartieri, scuole, e
inoltre nel lavoro precario, malpagato e svalorizzato socialmente”.
Inoltre distribuiranno un volantino che cerca di analizzare il
rapporto tra razzismo e sfruttamento capitalistico, tra imperialismo
e creazione di un esercito industriale di riserva nei paesi europei.
Le firme erano due: quelle della Plataforma Gueto e quella delle
Donne nere contro il razzismo nel lavoro.
Parlando con loro ci
dicono che entrambe fanno parte della Plataforma Gueto ma che si era
reso necessario costituire all'interno, questo gruppo più definito
per trattare di alcune contraddizioni peculiari e più specifiche
della condizione femminile. E la necessità di questo era ben
visibile dato che la stragrande maggioranza dei ragazzi di questo
spezzone (tutti giovanissimi) erano donne, in prima fila, arrabbiate
e che costituivano la vera anima dello spezzone. Altra cosa che ci
dicono è che il loro lavoro si concentra in maniera più specifica
su alcune tematiche pur avendo in generale una impostazione di
classe. Ovviamente i temi sui quali cercano di incidere in maniera
più diretta sono la brutalità della polizia, la disoccupazione, le
condizioni di vita nei quartieri\ghetto, il razzismo, l'educazione
dei giovani e l'assenza di strutture sociali nei loro quartieri. Il
parallelismo con il lavoro delle Pantere Nere è evidente.
Anche lo stile con il
quale sono scesi in piazza non lasciava indifferenti, disposti su
varie file ben disposte, inquadrati, che davano un forte senso di
“blocco compatto” pur non avendo uno striscione, cantando e
intonando slogan ininterrottamente dall'inizio alla fine del lungo
corteo. Davvero un impatto all'interno del corteo che non passava
inosservato. Ovviamente sono stati lo spezzone più fotografato e
applaudito del corteo al loro passaggio non senza accenti, purtroppo,
di paternalismo. Dall'altro lato sono stati, come era
prevedibile, lo spezzone più “corteggiato”. Non c'è stato una
sola delle organizzazioni presenti al corteo che non sia andata a
fare “una visita”, un pezzo di corteo insieme a loro o che non
siano passati a fare i complimenti ai ragazzi che costituivano questo
spezzone. Tutto normale, ma la cosa ha raggiunto livelli di
opportunismo ridicoli in alcuni casi, come i due militanti di
Socialismo Rivoluzionario che hanno accompagnato lo spezzone per
tutto il tempo cercando di piazzare al resto del corteo le loro
riviste e lasciando credere che lo spezzone avesse un qualche legame
con loro, cosa ben lontana dalla realtà.
Non vale la pena spendere
molte parole sul resto del corteo che continua a rispecchiare i
limiti della sinistra portoghese e la mancanza totale di
conflittualità che attraversa il paese. Per il resto, grandi palchi,
comizi retorici e rituali che nulla di nuovo aggiungono al dibattito
e alla necessità di una linea differente da portare avanti nelle
lotte.
Le stesse valutazioni che
con grande lucidità sono emerse dalle chiacchierate a margine della
manifestazione fatte con i compagni della Plataforma Gueto, delusi
dal corteo ma giustamente soddisfatti della loro presenza e del loro
spezzone. Alla fine del corteo lanceranno l'appuntamento per una
probabile prossima iniziativa che stanno cercando di organizzare in
uno dei quartieri nell'hinterland di Lisbona. Il corteo che si
tenterà di mettere in piedi nasce in risposta a un pestaggio della
polizia portoghese di una donna di colore che tornava a casa dopo il
suo (davvero mal pagato) lavoro.
Questa esperienza, ancora
piccola, di lavoro può risultare una scintilla interessante nello
scenario di Lisbona perché ha la potenzialità di mettere al centro
una serie di contraddizioni davvero troppo poco aggredite dal resto
delle organizzazioni portoghesi: la questione di genere, la necessità
della conflittualità e di organizzare il ribellismo spontaneo della
gioventù, il tentativo di organizzare la classe lavoratrice
immigrata, l'antirazzismo, l'attitudine a un rapporto conflittuale
con la polizia, solo per fare qualche esempio.
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