Trascinata
in un vicolo buio e violentata. È l'ennesimo episodio di stupro, questa
volta commesso da un militare statunitense della caserma Ederle di
Vicenza. I fatti risalgono all'inizio di novembre scorso, quando una
giovane diciassettenne, dopo una serata in discoteca è stata avvicinata
dal militare che dopo aver abusato sessualmente di lei, ha lasciato la
giovane in pessime condizioni in quel vicolo lontano dagli occhi di
tutti. La notizia è passata in sordina e riportata solo da alcuni
quotidiani locali qualche giorno fa, dopo che la procura della
Repubblica di Vicenza ha deciso di indagare il militare per violenza
sessuale e sequestro nei confronti della ragazza violentata che ha
sporto denuncia dopo l'accaduto.
Ancora
una volta lo stupro in divisa viene omesso e tenuto nascosto dai media
mainstream, mentre l'ennesimo militare commette violenza ai danni di una
ragazza. Che lo stupro sia stato commesso da un militare, non rende la
violenza più ignobile in sé, ma di certo la amplifica, nella condizione
in cui indossare una divisa non può essere un elemento irrilevante,
proprio perchè, e questo lo dicono i numerosi fatti analoghi, violenze e
impunità vengono legittimate e in qualche modo autorizzate dal ruolo di
potere che quella divisa definisce.
Oltre
al disgusto e alla rabbia, non ci sconvolge l'ennesimo stupro, venuto
alla luce solo negli ultimi giorni, ma ne rileviamo l'importanza non
soltanto per la gravità della violenza (come di tutte quelle commesse ai
danni di una donna) ma anche perché sappiamo bene che questa appartiene
alla lista delle “notizie scomode” che difficilmente troveranno spazio
tra le pagine dei quotidiani, soprattutto se il militare in questione è
statunitense e di stanza in una delle molte basi americane presenti in
Italia.
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