L’inchiesta ha il suo fulcro nei soldi facili-facili dei puntellamenti.
Un piatto da 250 milioni di euro che ha messo a tacere le proteste,
inesistenti dopo la stagione delle carriole
La vicenda giudiziaria esplosa questa mattina all’Aquila con quattro
arresti e numerosi indagati ha il suo fulcro nei cosiddetti
puntellamenti che insieme alla gestione dell’emergenza fatta dalla
Protezione civile di Bertolaso sono stati il vero affare del post sisma.
Un “piatto” da 250 milioni di euro, con morsetti di ferro pagati come
se fossero d’argento, che sono stati soldi facili-facili per le ditte
che si sono fiondate sulla ricostruzione .
E che quella dei puntellamenti (molti inutili) sia stata la vera
“cloaca” in cui in tanti hanno attinto (per quello che se ne sa fino ad
ora) lo dimostra anche un’indagine di cui si è saputo un mesetto fa e
che riguarda la messa in sicurezza delle chiese. Un’indagine in cui sono
coinvolti funzionari pubblici, fra cui l’ex commissario ai Beni
culturali, Luciano Marchetti e persino dei preti che risulterebbero
collusi con imprenditori. Se a questo si “allegano” le tante indagini
sui furbetti del post sisma (contributi non dovuti, case a scrocco,
soldi per l’autonoma sistemazione a gogò) ne esce un quadro che se ha
certo riguardato una minoranza di persone, non fa onore alla città ed è
uno schiaffo a chi nei giorni della tragedia, senza chiedere nulla ma
solo offrendo il proprio lavoro e la propria solidarietà , ha dato un
sostegno fondamentale a chi era sopravvissuto.
Emerge un “circo” di profittatori che al di là delle sentenze che
stabiliranno la bontà delle indagini avviate, chiarisce anche perché la
città, dopo la stagione delle carriole (primavera-estate 2010), non si
sia più ribellata rispetto alle “dimenticanze” romane lasciando il
sindaco a strepitare come uomo solo ma senza comando. La parola d’ordine
è diventata “stiamo buoni e facciamo affari”. Oggi ne vediamo gli esiti
giudiziari e c’è da star certi che dalle intercettazioni e dagli
sviluppi dell’inchiesta, verranno fuori cose di cui ci potrà solo
vergognare.
Ps 1: il nome di Mario di Gregorio, funzionario comunale, era emerso
anche da intercettazioni facenti parte di una indagine archiviata dalla
Procura e relativa a rapporti poco chiari fra un ex assessore della
giunta Cialente e imprenditori locali, rapporti denunciati pubblicamente
dal consigliere comunale Ettore Di Cesare che per quelle dichiarazioni è
stato preso di mira pesantemente, in consiglio comunale, dal primo
cittadino.
Ps 2: leggo che Cialente si sente tradito. Bene, allora azzeri la
giunta comunale e ne faccia una tutta nuova, e cambi tutti i dirigenti.
Almeno questo se proprio non ha il coraggio civile di dimettersi.
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