Fiat riceve dallo stato più di quanto versa
Il ricorso alla Cig superiore ai contributi
Nel marzo del 2012 John Elkann e Sergio Marchionne si
recarono a Palazzo Chigi. La visita dei vertici della Fiat fu preceduta da una
precisazione dell'amministratore delegato: "Al governo – disse – non
chiediamo nulla". Marchionne voleva far capire che la sua azienda
non reclamava sussidi o favori, chiedeva solo di poter operare nella cornice di
un Paese competitivo. Il manager di Torino avvalorò le sue parole con una stima
della posizione di Fiat all'Inps, l'ente che gestisce gli ammortizzatori
sociali. I contributi versati dal gruppo per la Cig e la Cigs, la cassa
integrazione ordinaria e straordinaria, erano superiori al ricorso che il
Lingotto vi faceva. La prima azienda manifatturiera d'Italia non stava
assorbendo risorse pubbliche, al contrario ne versava.
Da allora quell'equazione sulla Cig si è rovesciata.
A ben vedere, questo è solo un tassello della stesso fenomeno che ieri ha visto
le vendite di Fiat ridursi del 7,3% in un mercato europeo in crescita in
ottobre del 4,6% sul mese prima, mentre in Italia si registra ancora un calo
del 5,6%. È in questo quadro che oggi Fiat chiede all'Inps più risorse di
quante non ne versi sotto forma di contributi. La cassa integrazione del Lingotto
continua in parte perché, con un mercato in caduta in Italia, Marchionne resta
riluttante a investire nel vecchio continente benché i suoi concorrenti continuino
a farlo. Gli analisti di Kepler Cheuvreux stimano che per ogni auto venduta
in Europa, dove l'Italia rappresenta il 45% del fatturato, Fiat abbia perso più
di mille euro nell'autunno 2012 e 258 euro l'estate scorsa.
Queste perdite in Europa ora sono in calo. Ma, appunto, lo
sono grazie a un contenimento dei costi nel quale la cassa integrazione ha un ruolo.
L'istituto nazionale di previdenza tiene riservata la posizione delle
singole aziende ("a tutela della loro privacy") e Fiat stessa non
fornisce dati esatti. Tuttavia, fonti vicine al Lingotto riconoscono
che sulla base dell'andamento recente "molto probabilmente" il saldo
con l'Inps oggi è negativo. Del resto l'Istituto di previdenza mostra
come nel 2012, in
Italia, fra contributi versati dalle imprese per la Cig e l'uso di questi
ultimi ci fosse uno squilibrio di 1,6 miliardi. Il deficit viene colmato dai
contribuenti.
Nel caso del Lingotto, questo sembra un tassello della
strategia del gruppo che va oltre il crollo stesso di domanda nel paese. L'anno
scorso per esempio il gruppo Fiat ha venduto in Italia 415mila auto, il 46% in
meno rispetto al 2007. Ma ne ha prodotte ancora di meno, solo 394 mila.
Significa che persino l'unico grande costruttore italiano di auto è un
importatore netto dei suoi stessi prodotti nel proprio paese di origine. Gli
conviene farli fuori. L'Italia non viene più giudicato un posto nel quale
produrre auto su vasta scala a condizioni economiche. Quanto a questo, pur
senza un marchio nazionale, la Spagna produce il triplo di auto rispetto
all'Italia (1,1 milioni) e la Gran Bretagna quasi il quintuplo. Solo la Polonia
è a livelli paragonabili. Succedi così che, ai dati di ottobre, a Mirafiori
la Cig è in parte un lungo intermezzo prima della produzione dei nuovi Suv
Maserati e in parte una risposta ai vuoti di domanda sull'Alfa Mito. A
Cassino ci si ferma in media una settimana al mese per non riempire i
piazzali di Bravo, Delta e Giulietta invendute. A Melfi la Punto
si fa su una sola linea, "per consentire nuovi investimenti". A
Pomigliano la Panda ha buoni risultati ma anche qui si fa Cig a
rotazione. E alla Sevel di Atessa si sono avute venti giornate di cassa nei
primi dieci mesi dell'anno.
L'obiettivo sembra chiaro: evitare traumi in Italia
mentre Marchionne persegue l'integrazione con Chrysler. Per il nuovo
gruppo che dovrebbe nascere, il Lingotto ha dato incarico a una società
specializzata di trovare un nuovo nome, ma comunque si chiami gli equilibri
della compagnia saranno spostati, già oggi l'Europa pesa per appena il 20% dei
ricavi di Fiat Spa (modelli di lusso esclusi) e quest'anno ha bruciato cassa
per 420 milioni in soli nove mesi. Il Nord America e l'America Latina invece
rappresentano circa il 70% di tutte le attività in utile. Sono queste
forze a dettare il baricentro.
Ciò pone a Marchionne un problema sull'Italia.
Negli ultimi anni, dice lui stesso, "ci siamo rifiutati di fare
investimenti in Europa perché non si recupera neanche il costo del capitale e
non vedo niente che mi dia ottimismo per il 2013 e 2014". Marchionne
non nega di avere capacità in eccesso, ma aggiunge: "Non chiuderemo
gli impianti per non facilitare il dominio tedesco in Europa". La scelta
è dunque automatica: produzione limitata in Italia a piccole auto per un
mercato debole e di modelli che il manager definisce "esclusivi",
dunque non su vasta scala, come il nuovo Suv Maserati. Fiat
non comunica l'età media degli addetti nei vari impianti italiani ma, poiché le
assunzioni sono ferme da anni, è inevitabile che sia elevata. Continuare
la Cig significa per il Lingotto avviare una riduzione degli effettivi grazie
all'attrito dei pensionamenti. Non si può imporre a nessuna impresa,
aiutata o no, di lavorare in un luogo che non considera competitivo. Ma così le
risorse pubbliche italiane trovano un ruolo nella strategia internazionale di
Fiat: stavolta, a differenza dagli anni '70, non per attrarre produzioni nel
paese.
La repubblica
20/11/13
le sottolineature sono nostre
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