Marchionne odia la
concorrenza, che lo frega, e si fa notare ancora per le sue battute. L'ultima
“secchiata gelata” come l'hanno chiamata alcuni giornalisti, è stata quella
buttata sull'entusiasmo di uno dei padroni italiani che vuole “ridare
all'Italia un salone dell'auto” per “rilanciare l'immagine dell'Italia come
paese produttore di auto”. E ha scelto Milano 2014.
Ma la Fiat non ha
prodotti da mostrare (come se fosse una novità) e quindi il salone non si deve
fare!
A parte le
chiacchiere che servono sempre ad abbellire la fame di profitti, Il "patron"
Cazzola, ex organizzatore del Motorshow di Bologna, sta provando a fare soldi
occupando uno spazio che si è aperto, visto che quest'anno non si è tenuto
nemmeno il salone dell'auto di Bologna (quello di Torino è morto tanto tempo
fa).
Marchionne, che
oramai veste sempre i panni dell'“eroe dei due mondi”, è salito sul pulpito e
ha pontificato: “non se ne parla nemmeno”. E argomenta pure: “in Italia questo
salone non serve perché in Europa già ce ne sono due quello di Parigi che si
alterna con quello di Francoforte...”
Ma proprio a quello
di Francoforte lui quest'anno appunto non si è presentato, sia perché oramai,
come ha affermato in passato lui stesso, gli altri produttori gli ridono in
faccia, sia perché non ha modelli da presentare. Il suo piano, ha detto, come
se dovesse sbalordire il mondo, lo presenterà in aprile 2014.
Lo sfottò sui
programmi megagalattici di Marchionne oramai è di moda: produzione di 6 milioni
di veicoli l'anno di cui una buona parte in Italia conditi con annunci di
investimenti di 20 miliardi (si legga bene, 20 miliardi di euro) di cui non si
è visto proprio niente, se non quei quattro soldi per Pomigliano… ecc. ecc. E
il "mercato" in questo momento non lo aiuta proprio: "La crisi è
«di sistema» dice Federauto: 1 milione e 280 mila pezzi venduti, l’8% in meno
di un anno fa. Come nel 1979!" mentre "la Produzione industriale di automobili è già crollata dell’80% in Italia,
ed è ormai ridotta a meno di 400.000 vetture, poco più di qualcosa di simbolico…: la produzione
di Auto al livello del 1958, le vendite al livello del 1967."
Marchionne,
sostenuto da Elkann, cerca di galleggiare in questo mare di macchine invendute nonostante, in questo caso
benedetto dalla crisi, ha ricevuto in regalo da Obama lo stabilimento Chrysler
di Detroit. Questa crisi, che non finisce, quindi, aumenta la concorrenza a
livello mondiale, e qui Marchionne, che perde le staffe facilmente, comincia ad
imprecare contro tutto e tutti e dice che in Europa si fanno già troppe auto, e
lui non chiude fabbriche solo per non fare un favore ai tedeschi! Ora ha
scoperto che "La Fiat ha fatto un errore storico producendo auto
piccole" perché adesso bisogna produrre auto di alta gamma dove ancora ci
sono "margini" e cioè si fanno profitti; bisogna espandersi nei
mercati “emergenti” come la Cina e l'India ecc.
Per superare questa
crisi, come sappiamo, Marchionne ha chiesto e ottenuto dal governo e dai
sindacati confederali di poter produrre in Italia come si fa negli Stati Uniti,
senza impedimenti "sindacali" nel senso che i lavoratori non devono
avere diritti, e con il massimo degli aiuti statali, e per questo è uscito
dalla maggiore associazione degli industriali, Confindustria, per non dover
dare conto e ragione a nessuno.
Questo fascismo
padronale si è diffuso come un'epidemia tra i padroni che fino a quel momento
sapevano che questa "aggressività" poteva significare inimicarsi non
solo sindacati comunque amici che però ci fanno ulteriormente la figura della
tappezzeria, ma anche esponenti dei vari governi che quando decidono di mettere
in bilancio soldi per le aziende, vorrebbero averne almeno un tornaconto in
termini di pubblicità, voti, mazzette…
Il fascismo
padronale di Marchionne ha creato una nuova situazione nel paese per gli
operai.
Chi ha tratto
vantaggi da questa nuova situazione? La Fiat e i padroni in generale: sempre meno
diritti per gli operai e contratti specifici fabbrica per fabbrica… Chi paga il
conto? Gli operai che con la Fiat hanno un conto in sospeso dagli anni 20 del
secolo scorso quando hanno occupato le fabbriche a Torino… per la
partecipazione attiva al fascismo e alla guerra… per gli attacchi agli operai
con le schedature interne degli anni 68/70… per le migliaia di licenziamenti del
1980, per le chiusure di alcuni stabilimenti degli ultimi anni…
Questo conto lo
hanno pagato anche gli operai dell'"altro mondo", quelli degli
stabilimenti Chrysler degli USA, che pur di salvare i posti di lavoro hanno
messo in ballo il loro fondo pensioni che si chiama Veba, comprando quasi la
metà della fabbrica. Infatti, il valore delle azioni Veba è del 41,5%, l'altra
metà la mise il governo Obama; soldi che Marchionne (e cioè il profitto
estratto dagli operai) ha gradualmente "ripagato" arrivando a
detenere ora ili 58,5%. Marchionne vuole al più preso, "per poter gestire
liberamente la liquidità di Chrysler", comprare il resto delle azioni
Veba, ma non le vuole pagare per il valore che hanno, circa 5 miliardi di
dollari, ma al massimo vuole sborsare circa la metà. Questo volgare "uomo
d'affari" a questo proposito ha fatto un'altra battuta, ha detto che se
gli operai vogliono i 5 miliardi possono comprarsi un biglietto della lotteria!
Mentre arrivano
notizie che gli Agnelli/Elkann, padroni della Fiat, grazie ai suoi servigi,
continuano a sguazzare nell'oro Marchionne sta portando avanti questo braccio
di ferro snervante con il fondo Veba che mette a serio rischio le future
prestazioni previdenziali e assistenziali per migliaia di operai.
Pensiamo che questo
costo pagato dagli operai sia già stato troppo alto, adesso si tratta di
organizzarsi per farlo pagare a chi di dovere.
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