La
Cassazione rigetta il ricorso di numerosi cittadini che avevano contestato la
sentenza contraria al risarcimento danni per la mancata bonifica da parte
della Icmesa. "Prescrizione, perché gli effetti sono iniziati nel momento
stesso dell'esplosione"
di
rassegna.it
Nessun risarcimento. E' questa la decisione
della Cassazione che ha rigettato il ricorso di numerosi cittadini di Seveso.
I cittadini avevano contestato la sentenza con cui la Corte d'Appello di
Milano aveva negato il
risarcimento danni per la mancata bonifica da parte
della società Icmesa. La mancata bonifica riguarda l'area colpita dagli
effetti inquinanti del disastro ambientale avvenuto il 10 luglio del 1976,
quando il reattore chimico della fabbrica era esploso diffondendo nel
territorio circostante un'ingente quantità di diossina.
Il
processo aveva preso il via nell'aprile 2005, quando oltre mille abitanti di
Seveso avevano convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Monza la società
Icmesa, la cui "condotta omissiva", in merito alla bonifica della zona,
"coniugata con il carattere permanente del danno conseguente al disastro del
1976 aveva senz'altro perpetuato una situazione lesiva delle loro posizioni
soggettive, cagionandogli un indiscutibile danno morale conseguente ai
continui controlli sanitari cui erano obbligati
a sottoporsi".
Il giudice di primo grado, però,
respinse la domanda di risarcimento per "intervenuta prescrizione del diritto
fatto valere", escludendo che quello inerente la mancata bonifica fosse
"autonomo e diverso" rispetto a quello
già risarcito relativo al disastro del
1976.
Dello stesso parere, poi, fu la Corte d'Appello di Milano,
che ritenne infondata la tesi dei cittadini secondo cui la prescrizione del
diritto andava calcolata tenendo conto del fatto che solo nel 2003, con
la pubblicazione di un'"analisi di rischio" si era, a loro parere, acquisita
la conoscenza degli effetti dannosi dell'inerzia della Società per la
bonifica.
La terza sezione civile della Cassazione, ora, ha
rigettato i ricorsi degli abitanti, dichiarando corretta la decisione dei
giudici del merito, poiché, "vertendosi in tema di illecito istantaneo con
effetti permanenti, la
condotta lesiva si esauriva in un fatto destinato ad
esaurirsi in una dimensione unitaria di concreta realizzazione, a prescindere
dalla eventuale diacronia dei relativi effetti".
Per questo,
la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, si legge nella
sentenza depositata oggi, "non poteva che iniziare a decorrere dal momento
del fatto" e le "lamentate lesioni dell'integrità psichica di un danno morale
da patema d'animo non costituivano, pertanto, manifestazione di una lesione
nuova ed autonoma rispetto a quella manifestatasi con l'esaurimento
dell'azione del responsabile, bens^ un mero sviluppo e un aggravamento del
danno già insorto".
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