martedì 23 aprile 2013

pc 23 aprile - SEVESO: NESSUN RISARCIMENTO PER MANCATA BONIFICA

La Cassazione rigetta il ricorso di numerosi cittadini che avevano contestato la sentenza contraria al risarcimento danni per la mancata bonifica da parte della Icmesa. "Prescrizione, perché gli effetti sono iniziati nel momento stesso dell'esplosione"

di rassegna.it

Nessun risarcimento. E' questa la decisione della Cassazione che ha rigettato il ricorso di numerosi cittadini di Seveso. I cittadini avevano contestato la sentenza con cui la Corte d'Appello di Milano aveva negato il
risarcimento danni per la mancata bonifica da parte della società Icmesa. La mancata bonifica riguarda l'area colpita dagli effetti inquinanti del disastro ambientale avvenuto il 10 luglio del 1976, quando il reattore chimico della fabbrica era esploso diffondendo nel territorio circostante un'ingente quantità di diossina.
Il processo aveva preso il via nell'aprile 2005, quando oltre mille abitanti di Seveso avevano convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Monza la società Icmesa, la cui "condotta omissiva", in merito alla bonifica della zona, "coniugata con il carattere permanente del danno conseguente al disastro del 1976 aveva senz'altro perpetuato una situazione lesiva delle loro posizioni soggettive, cagionandogli un indiscutibile danno morale conseguente ai continui controlli sanitari cui erano obbligati a sottoporsi".
Il giudice di primo grado, però, respinse la domanda di risarcimento per "intervenuta prescrizione del diritto fatto valere", escludendo che quello inerente la mancata bonifica fosse "autonomo e diverso" rispetto a quello
già risarcito relativo al disastro del 1976.
Dello stesso parere, poi, fu la Corte d'Appello di Milano, che ritenne infondata la tesi dei cittadini secondo cui la prescrizione del diritto andava calcolata tenendo conto del fatto che solo nel 2003, con la pubblicazione di un'"analisi di rischio" si era, a loro parere, acquisita la conoscenza degli effetti dannosi dell'inerzia della Società per la bonifica.
La terza sezione civile della Cassazione, ora, ha rigettato i ricorsi degli abitanti, dichiarando corretta la decisione dei giudici del merito, poiché, "vertendosi in tema di illecito istantaneo con effetti permanenti, la
condotta lesiva si esauriva in un fatto destinato ad esaurirsi in una dimensione unitaria di concreta realizzazione, a prescindere dalla eventuale diacronia dei relativi effetti".
Per questo, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, si legge nella sentenza depositata oggi, "non poteva che iniziare a decorrere dal momento del fatto" e le "lamentate lesioni dell'integrità psichica di un danno morale da patema d'animo non costituivano, pertanto, manifestazione di una lesione nuova ed autonoma rispetto a quella manifestatasi con l'esaurimento dell'azione del responsabile, bens^ un mero sviluppo e un aggravamento del danno già insorto".

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