Imputati, in aula. Domenica Ferrulli accusa i poliziotti
di Mario Di Vito
Sotto gli occhi dei
quattro agenti di polizia accusati di aver ucciso suo padre Michele,
Domenica Ferrulli ha deposto ieri davanti al pm milanese Gaetano Ruta.
«Mio papà non stava facendo nulla, rideva e scherzava con gli amici e poi è stato massacrato di botte con i manganelli» ha detto senza riprendere fiato ricordando quanto avvenne quel 30 giugno del 2011. Raccontando, poi, che un testimone dei fatti sarebbe stato «minacciato e spaventato» e che «nei giorni successivi è stato fermato vicino al lavoro da un uomo che l'aveva seguito e che gli ha intimato di aprire la macchina, dicendogli anche che "se non hai precedenti penali, te li creo io"». Oltre a Domenica, durante l’udienza sono stati sentiti anche il figlio e la moglie di Michele Ferrulli, tutti assistiti come parti civili dall’avvocato Fabio Anselmo. Insieme a loro ha deposto anche una giovane nomade che girò il terribile video con il suo cellulare, quello in cui si vede chiaramente come l'uomo sia stato vittima di un pestaggio violento e insensato da parte degli uomini in divisa. La ragazza, però, davanti ai giudici ha imbottito le sue dichiarazioni di «non ricordo», tanto che Domenica Ferrulli ha dichiarato ai cronisti che poco dopo i fatti, la nomade l'avrebbe addirittura minacciata perché «voleva che nominassi come avvocato il suo avvocato».
Quattro poliziotti - Francesco Ercoli, Michele Lucchetti, Roberto Piva e Sebastiano Cannizzo - sono accusati di omicidio colposo poiché avrebbero ecceduto “i limiti del legittimo intervento”. In base a quanto ricostruito dal pubblico ministero Gaetano Ruta, i poliziotti erano intervenuti in via Varsavia in seguito alla chiamata al 113 da parte di alcuni cittadini che avevano segnalato la condotta molesta di tre uomini. Una volta bloccato il 51enne, lo avrebbero poi picchiato e schiacciato a terra, concorrendo a determinarne il decesso. Dovuto anche al fatto – come ha scoperto il medico legale - che la vittima aveva un cuore troppo piccolo, di 700 grammi, rispetto alla mole del suo corpo che pesava 147 chilogrammi.
Ad assistere all'udienza, come ormai da tradizione per i casi di malapolizia, anche Lucia Uva e Ilaria Cucchi. Quest’ultima ha scritto sul suo profilo facebook, in riferimento proprio all’udienza di ieri: “Ascoltare Domenica Ferrulli, e la sua famiglia, rivivere dignitosamente per l'ennesima volta il dolore straziante, non riuscendo ancora a spiegarsi il perché... Guardare con quanto coraggio e passione il nostro avvocato porta avanti le battaglie delle nostre vite, quando a nessun altro importerebbe nulla, oltre il dovere professionale... Vedere un pubblico ministero ed una corte attenti e sensibili, con amore per la verità... Tutto questo mi fa credere che oltre il dolore ci possa essere una speranza, che è la sola cosa che ci da la forza di andare avanti”.
E poi ancora, in riferimento questa volta ai sorrisi ostentati in aula dai quattro agenti sotto processo: “Ma osservare chi ridacchia sul male è un pugno allo stomaco. Però io credo che sia una giustizia superiore. Io credo che ciascuno di noi prima o poi dovrà fare i conti con quello che ha seminato. Ed io voglio credere che il nostro dolore non sarà fine a se stesso. E non lo sarà. Perché oggi tutti sanno il motivo per il quale le nostre vite, normali, banali, ma uniche, sono state spezzate per sempre... Grazie Fabio, perché senza di te i nostri cari non avrebbero voce!”.
«Mio papà non stava facendo nulla, rideva e scherzava con gli amici e poi è stato massacrato di botte con i manganelli» ha detto senza riprendere fiato ricordando quanto avvenne quel 30 giugno del 2011. Raccontando, poi, che un testimone dei fatti sarebbe stato «minacciato e spaventato» e che «nei giorni successivi è stato fermato vicino al lavoro da un uomo che l'aveva seguito e che gli ha intimato di aprire la macchina, dicendogli anche che "se non hai precedenti penali, te li creo io"». Oltre a Domenica, durante l’udienza sono stati sentiti anche il figlio e la moglie di Michele Ferrulli, tutti assistiti come parti civili dall’avvocato Fabio Anselmo. Insieme a loro ha deposto anche una giovane nomade che girò il terribile video con il suo cellulare, quello in cui si vede chiaramente come l'uomo sia stato vittima di un pestaggio violento e insensato da parte degli uomini in divisa. La ragazza, però, davanti ai giudici ha imbottito le sue dichiarazioni di «non ricordo», tanto che Domenica Ferrulli ha dichiarato ai cronisti che poco dopo i fatti, la nomade l'avrebbe addirittura minacciata perché «voleva che nominassi come avvocato il suo avvocato».
Quattro poliziotti - Francesco Ercoli, Michele Lucchetti, Roberto Piva e Sebastiano Cannizzo - sono accusati di omicidio colposo poiché avrebbero ecceduto “i limiti del legittimo intervento”. In base a quanto ricostruito dal pubblico ministero Gaetano Ruta, i poliziotti erano intervenuti in via Varsavia in seguito alla chiamata al 113 da parte di alcuni cittadini che avevano segnalato la condotta molesta di tre uomini. Una volta bloccato il 51enne, lo avrebbero poi picchiato e schiacciato a terra, concorrendo a determinarne il decesso. Dovuto anche al fatto – come ha scoperto il medico legale - che la vittima aveva un cuore troppo piccolo, di 700 grammi, rispetto alla mole del suo corpo che pesava 147 chilogrammi.
Ad assistere all'udienza, come ormai da tradizione per i casi di malapolizia, anche Lucia Uva e Ilaria Cucchi. Quest’ultima ha scritto sul suo profilo facebook, in riferimento proprio all’udienza di ieri: “Ascoltare Domenica Ferrulli, e la sua famiglia, rivivere dignitosamente per l'ennesima volta il dolore straziante, non riuscendo ancora a spiegarsi il perché... Guardare con quanto coraggio e passione il nostro avvocato porta avanti le battaglie delle nostre vite, quando a nessun altro importerebbe nulla, oltre il dovere professionale... Vedere un pubblico ministero ed una corte attenti e sensibili, con amore per la verità... Tutto questo mi fa credere che oltre il dolore ci possa essere una speranza, che è la sola cosa che ci da la forza di andare avanti”.
E poi ancora, in riferimento questa volta ai sorrisi ostentati in aula dai quattro agenti sotto processo: “Ma osservare chi ridacchia sul male è un pugno allo stomaco. Però io credo che sia una giustizia superiore. Io credo che ciascuno di noi prima o poi dovrà fare i conti con quello che ha seminato. Ed io voglio credere che il nostro dolore non sarà fine a se stesso. E non lo sarà. Perché oggi tutti sanno il motivo per il quale le nostre vite, normali, banali, ma uniche, sono state spezzate per sempre... Grazie Fabio, perché senza di te i nostri cari non avrebbero voce!”.
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