Da globalist.itJorge Mario Bergoglio e la dittatura argentina. Una polemica che ha
accompagnato il nuovo Papa negli ultimi anni, soprattutto dopo la
pubblicazione di un libro L’isola del Silenzio scritto dal giornalista
argentino Horacio Verbitsky, che per anni ha studiato e indagato sul
periodo più tragico del Paese sudamericano.
Racconta Verbitsky che nei primi anni Settanta Bergoglio divenne il
più giovane Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina.
Entrando a capo della congregazione, ereditò molta influenza e molto
potere, dato che in quel periodo l’istituzione religiosa ricopriva un
ruolo determinante in tutte le comunità ecclesiastiche di base, attive
nelle baraccopoli di Buenos Aires. Tutti i gesuiti che operavano
nell’area erano sotto le sue dipendenze. Fu così che nel febbraio del
’76, un mese prima del golpe, Bergoglio chiese a due dei gesuiti
impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro nelle baraccopoli
e di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che non se la
sentirono di abbandonare tutta quella gente povera che faceva
affidamento su di loro.
Verbitsky ha racconta nel suo libro che Bergoglio escluse i due dalla
Compagnia di Gesù, poi fece pressioni all’allora arcivescovo di Buenos
Aires per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo
il golpe, i due furono rapiti. Secondo quanto sostenuto dai due
sacerdoti, quella revoca fu il segnale per i militari, il via libera ad
agire: la protezione della Chiesa era ormai venuta meno. E la colpa fu
proprio di Bergoglio, accusato di aver segnalato i due padri alla
dittatura come sovversivi. Con l’accezione “sovversivo”, nell’Argentina
di quegli anni, venivano qualificate persone di ogni ordine e grado: dai
professori universitari simpatizzanti del peronismo a chi cantava
canzoni di protesta, dalle donne che osavano indossare le minigonne a
chi viaggiava armato fino ai denti, fino ad arrivare a chi era impegnato
nel sociale ed educava la gente umile a prendere coscienza di diritti e
libertà. Dopo sei mesi di sevizie nella famigerata Scuola di meccanica
della marina (Esma), i due religiosi furono rilasciati, grazie alle
pressioni del Vaticano.
Alle accuse dei padri gesuiti di averli traditi e denunciati, il
cardinal Bergoglio si è sempre difeso spiegando che la richiesta di
lasciare la baraccopoli era un modo per metterli in guardia di fronte a
un imminente pericolo. Un botta e risposta che è andato avanti per anni e
che Verbitsky ha sempre riportato fedelmente, fiutando che la verità
fosse nel mezzo. Poi la luce: dagli archivi del ministero degli Esteri
sono emersi documenti sono sembrati una conferma della versione dei due
sacerdoti: nel 1979 padre Francisco Jalics si era rifugiato in Germania,
da dove chiese il rinnovo del passaporto per evitare di rimetter piede
nell’Argentina delle torture. Bergoglio si offrì di fare da
intermediario, fingendo di perorare la causa del padre: invece l’istanza
fu respinta. Nella nota apposta sulla documentazione dal direttore
dell’Ufficio del culto cattolico, allora organismo del ministero degli
Esteri, c’era scritto: “Questo prete è un sovversivo. Ha avuto problemi
con i suoi superiori ed è stato detenuto nell’Esma”. Nel documento di
diceva che la fonte di queste informazioni era proprio Bergoglio, che si
raccomandava che non si desse corso all’istanza.
Un altro documento del regime si diceva: “Nonostante la buona volontà
di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto pulizia al suo
interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma
adesso con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi terzomondisti
hanno cominciato una nuova fase”. È il documento classificato Direzione
del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires,
documento 9.
Nel libro di Verbitsky sono pubblicati anche i resoconti
dell’incontro fra il giornalista argentino e il cardinale, durante i
quali il nuovo Papa ha sempre cercato di ridimensionare la vicenda. “Non
ebbi mai modo di etichettarli come guerriglieri o comunisti – affermò
l’arcivescovo – tra l’altro perché non ho mai creduto che lo fossero”.
Nonostante non abbia mai ammesso le sue colpe, Bergoglio ha comunque
spinto la Chiesa argentina a pubblicare un’autocritica in occasione del
30esimo anniversario del colpo di Stato. “Ricordare il passato per
costruire saggiamente il presente” è il titolo della missiva apostolica,
dove veniva chiesto agli argentini di volgere lo sguardo al passato per
ricordare la rottura della vita democratica, la violazione della
dignità umana e il disprezzo per la legge e le istituzioni. “Questo,
avvenuto in un contesto di grande fragilità istituzionale – avevano
scritto i vescovi argentini – e reso possibile dai dirigenti di quel
periodo storico, ebbe gravi conseguenze che segnarono negativamente la
vita e la convivenza del nostro popolo. Questi fatti del passato che ci
parlano di enormi errori contro la vita e del disprezzo per la legge e
le istituzioni sono un’occasione propizia affinché come argentini ci
pentiamo una volta di più dai nostri errori per assimilare
l’insegnamento della nostra storia nella costruzione del presente”.
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