Nell’analisi
dei risultati elettorali serve partire da una posizione di classe e
da un’analisi marxista. Questo serve ai comunisti autentici e ai
proletari avanzati. Ogni altro punto di vista è anch’esso di
classe, ideologico, teorico e politico; è il punto di vista delle
classi sociali non proletarie o opposte al proletariato; è il punto
di vista delle teorie politiche borghesi sullo stato della democrazia
in Italia, sul sistema sociale in cui viviamo e sul futuro di esso.
Per
la classe dominante queste elezioni hanno dei lati positivi e lati
negativi. E all’interno degli stessi lati positivi vi sono alcuni
aspetti che essa considera negativi.
Il
lato negativo principale per la classe dominante è la crescita
dell’astensionismo – sono 11.633.613, 2.603.028 in più delle
precedenti elezioni politiche, a cui vanno aggiunti i voti bianchi e
nulli, per arrivare a circa un 30%. Il rifiuto del voto è in
crescita, circa l'8% in più e tende ormai ad avere un nocciolo duro
strutturale. E' il non riconoscimento delle elezioni, il non
riconoscersi in questa “democrazia” che è democrazia
parlamentare ma ormai sotto la pesante ipoteca e tendenza del moderno
fascismo. E' il non riconoscersi nelle forze politiche, tutte, che si
presentano alle elezioni – Grillo compreso - perché ritenute non
in grado di risolvere i problemi dei proletari e delle masse. Sono
proletari e masse povere la grande maggioranza di coloro che
rifiutano il voto. Sono proletari e masse povere che ritengono i
maggiori partiti che si sono presentati alle elezioni responsabili
del costante peggioramento delle proprie condizioni di vita e di
lavoro, profittatori di una crisi che rende i ricchi sempre ricchi o
più ricchi e i proletari e le masse sempre più povere.
Proletari
comunisti appartiene a questa area sociale e politica, per questo ha
sostenuto con forza il boicottaggio elettorale, e ritiene positivo
questo aspetto del risultato elettorale.
Con
il boicottaggio elettorale noi abbiamo fatto appello e facciamo
appello ancor più adesso ai proletari e alle masse popolari a
continuare a non riconoscersi e quindi a non accettare il verdetto
delle elezioni. Con il boicottaggio elettorale noi intensifichiamo il
lavoro per trasformare questo non riconoscimento e non accettazione
in un’azione politica e sociale attiva.
Se
gli astensionisti sono tanti e sempre di più, sono stati invece
veramente pochi i gruppi politici comunisti e rivoluzionari che hanno
fatto campagna esplicita per il boicottaggio elettorale e sono ancora
meno coloro che oggi si impegnano a valorizzare questo dato
nell’analisi e nella valutazione di voto e a non cadere invece nel
disputa, ora falsata ora grottesca, delle forze che avrebbero vinto
le elezioni.
Il
dato positivo, dal nostro punto di vista, un dato totalmente
politico, è quello del disordine e della divisione politica che
attraversa il campo della borghesia e dei partiti che compongono il
nuovo parlamento da cui scaturirà il governo in una situazione non
facilmente governabile e quindi non attualmente in grado di agire
come corpo compatto antioperaio e antiproletario nello scaricamento
della crisi economica sulle masse, nel rafforzamento dell'azione
repressiva dello Stato, nell’avanzamento verso un regime moderno
fascista che è più o meno la loro massima aspirazione.
Questa
è una condizione favorevole per i proletari e le masse se
comprendono che ora è il momento di sviluppare la lotta per la
difesa reale delle proprie condizioni di vita e di lavoro, senza
mettere limiti alle forme di lotta per attaccare padroni, governo,
Stato, parlamento, con l'obiettivo di spazzarli via e aprire la
strada ad un effettivo cambiamento, che ponga all'odg la questione
del potere proletario e della “guerra” necessaria per
conquistarlo. Perchè, come dice Lenin: “salvo il potere, tutto è
illusione”; e non parla certo di potere per il potere, e non parla
di uomini ma della classe operaia e delle masse popolari, della
maggioranza che lavora e produce ogni ricchezza e che ha il diritto e
il dovere di prendere nelle proprie mani il potere politico,
economico e utilizzarlo come strumento per risolvere i problemi del
paese reale.
La
crisi politica che prosegue nella classe dominante e che in una certa
misura con il voto elettorale si approfondisce, è un fatto positivo
che non deve preoccupare ma anzi incoraggiare. Questo è possibile
solo se si ragiona in termini di classe; è possibile solo se non ci
si fa avviluppare dal falso dibattito che borghesia, stampa, forze
politiche parlamentari alimentano non per fare chiarezza ma per
rendere confuso e oscuro anche il più semplice dei ragionamenti.
Proletari
comunisti per questo lavora, anche se oggi è una forza ancora
fragile, in maniera coerente e determinata, programmaticamente lucida
e sintonizzata sull'interesse reale dei proletari e delle masse, per
organizzarsi e crescere, influire fino a dirigere le lotte in corso,
fino a un nuovo inizio, un salto che permetta di costruire il partito
come strumento di quella “guerra” necessaria e urgente che anche
i risultati di queste elezioni evidenziano.
Torniamo
all'oggetto del contendere.
Che
avviene nel campo della borghesia? Anche qui per ragionare non
bisogna guardare a ciò che i partiti dicono di sé, ma a quelli che
sono gli interessi della borghesia e della classe dominante.
Alla
classe dominante interessa un aspetto di continuità e un aspetto di
cambiamento. La continuità va individuata in quella che in maniera
semplificata si può chiamare “Agenda Monti”, interpretata da un
governo stabile, frutto di una maggioranza chiara che si pensava
coincidesse con il PD di Bersani, alleato o meno con Monti. Ma
rispetto a questo, il comportamento dei soggetti politici in campo e
infine il comportamento dei cosiddetti “elettori”, non è stato
in sintonia.
Come
tutti dicono il PD di Bersani è riuscito a perdere un'elezione vinta
sulla carta, restando il primo partito ma non in grado di essere
realmente autosufficiente per un governo stabile. Il ceto politico
che guida questo partito, di cui Bersani è degno rappresentante, è
un gruppo di burocrati, coltivati nelle stanze del partito, delle
istituzioni nazionali e locali, compartecipe, quindi, del degrado che
hanno avuto in questi anni partiti, parlamento, istituzioni, ecc,
immersi nell'affarismo e nella corruzione, trasformati sempre più in
una casta separata dalle masse - compreso le masse del PD, nonostante
le cosiddette “primarie”. Ciò ha impedito che la condizione
oggettiva favorevole per il crack berlusconiano che ha portato al
governo Monti, si traducesse in un risultato che desse al PD la
maggioranza assoluta.
Quindi,
questo è avvenuto innanzitutto per la natura di questo partito,
irriformabile anche per il poetare di sostegno Vendola. A questo si è
aggiunta la crescente protesta contro il governo Monti che ha avuto
oggettivamente nel PD, prima e durante le stesse elezioni, l'appoggio
dominante con critiche di maniera. Questo ha fatto sì che l'ondata
di rigetto popolare ma anche interclassista verso le politiche di
Monti venisse capitalizzata da Berlusconi e in altra forma da Grillo.
Rispetto
a Berlusconi, Napolitano e centrosinistra hanno continuato
nell'atteggiamento di tolleranza che gli ha permesso un quasi
monopolio della campagna elettorale con le sue televisioni, un
eludere ogni forma di legge che lo rende processabile, arrestabile,
non candidabile né eleggibile. Questo ha dato la possibilità al PdL
di Berlusconi, di passare, non come il partito della crisi economica,
del degrado politico e istituzionale nazionale e internazionale e
“azionista di maggioranza” del governo Monti, di cui ha votato
tutti i provvedimenti, ma come una sorta di oppositore, anzi di più,
vendicatore, restitutore di IMU e balle varie. La legge elettorale ha
poi permesso l'alleanza col PdL di tutti i farabutti politici, in
primis la Lega di Bossi, CL di Formigoni, mafia e camorra, fascisti
di vecchia data e varia natura a Roma, ecc.
Questa
piovra infetta che doveva essere schiacciata senza aspettare neanche
le elezioni, nell'applicazione delle stesse leggi dell'attuale
democrazia borghese degenerata, ha potuto recuperare terreno e
riproporsi come forza determinante del parlamento e interlocutore a
prescindere di ogni governo stabile o di istituzioni funzionabili.
Il
secondo beneficiario della mancata vittoria dell'asse PD-Monti è
stato il Movimento 5 Stelle che nato essenzialmente per intaccare
l'astensionismo e ricondurlo alla ragione di una protesta civile,
indignato sì ma nell'alveo delle istituzioni, si è trasformato
invece in un grande contenitore di tutti i delusi dei partiti
principali, fino a diventare una sorta di primo partito e di
variabile apparentemente impazzita del sistema parlamentare borghese.
Questo
tripartito scaturito dalle elezioni ha creato una situazione inedita
e in parte sorprendente che ora domanda una soluzione che
evidentemente sta solo nella collaborazione di due su tre, o forse
anche di tutte e tre, per rendere temporaneamente governabile il
paese, evitare l'approfondimento “speculativo” della crisi e una
nuova fase di isolamento dai governi dominanti in Europa, in attesa
di raggiungere un nuovo punto di arrivo.
La
natura di classe dei tre partiti parlamentari principali spinge
all'unità, dato che il sistema parlamentare attuale è un
“arlecchino servitor di due padroni” e non esiste una vera
differenza di fondo tra PD, Berlusconi e Grillo sul fatto che questo
sistema economico, riformato, ringiovanito, è quello in cui dobbiamo
vivere e che ai proletari e alle masse tocca solo, come sempre, di
scegliere quale 'comitato d'affari della borghesia' debba governare e
non certo quale governo, quale Stato e soprattutto quale società
possa assicurare il proprio presente e futuro.
La
borghesia è già però in marcia per trovare il modo di imporre la
sua strada, pur prendendo atto che le cose non sono andate proprio
come voleva. La stessa grande finanza internazionale, vedi la Goldman
Sachs, che avrebbe voluto il Monti bis, prende atto che un grigio
professore, burocrate di banche e istituzioni europee non è il
massimo, se si vuole un paese come l'Italia cambiato e adeguato; e
comincia ad accarezzare l'idea che anche un Grillo aiuti questo
cambiamento e ammodernamento dell'Italia, liberandola da una classe
politica di corrotti e traffichini che si riproduce senza soste in
forme sempre peggiori, diventando non la soluzione ma parte del
problema, non solo per l'Italia, ma per l'Europa e per il sistema
imperialista occidentale.
Vista
così la situazione, quindi, non c'è niente di realmente nuovo. Alla
dialettica PD/Berlusconi, invece che Monti/Casini, il terzo incomodo
è l'ingombrante vanesio Grillo.
Ma
purtroppo, per i proletari e le masse le cose non stanno realmente
così. Il Movimento 5 Stelle guidato da Grillo è qualcosa di più
grave e profondo col quale bisogna seriamente misurarsi. E non certo
per i danni che fa alla borghesia e al ceto politico dominante, che
sono danni piccoli, congiunturali e sostanzialmente inconsistenti, ma
quanto per i danni che produce alla democrazia, intesa in senso lato,
al movimento di opposizione proletario e popolare, alle prospettive
di cambiamento reale sociale e politico a cui occorre aspirare e per
cui è necessario battersi.
Bisogna
partire da alcuni elementi innanzitutto, ma poi svilupparli,
approfondirli e soprattutto seguirli nella loro evoluzione nei mesi a
seguire.
C'è
necessità di distinguere Grillo dai grillini eletti e da coloro che
li hanno votati.
Grillo
politicamente e culturalmente è un comico che denuncia, utilizzando
le sue armi, fatti e malefatte dei partiti, della finanza, del
costume; lo fa con capacità di coinvolgimento, con battute
fulminanti, che in generale ottengono un consenso in chi lo ascolta;
avveniva così in televisione, avviene tuttora nelle piazze e negli
schermi televisivi che apparentemente egli diserta ma che
nell'attuale società è una delle tecniche comunicative, già vista
all'opera ai tempi della Lega di Bossi, che permettono spesso di
essere più presente degli altri e con forma comunicative più
efficaci. Questo tipo di fenomeno è esistito anche in altre fasi del
nostro paese in misura minore e nel panorama americano, europeo. La
crisi della democrazia parlamentare, il moderno fascismo, le varie
forme di tecnocrazia dominante lasciano largo spazio a questo tipo di
“prodotto”.
La
questione “Grillo” cambia col formarsi di questa strana e oscura
“setta
aziendale” che
con abilità e, in una certa misura, pianificazione, costruisce una
forma di cupola internauta
che utilizza in forme apertamente cripto fasciste lo strumento della
rete, della democrazia virtuale, atomizzata e individualizzata, al
servizio di una dittatura reale, esclusiva, e la trasforma in
macchina elettorale, in nuova forma partito, in cui tutte le masse
vengono incluse ma organicamente escluse.
Ma
perchè a questa forma corrisponda un contenuto, via via questi
contenuti vengono identificati con i discorsi, da sempre reazionari:
'né destra né sinistra', 'né operai né padroni', 'niente partiti
niente bandiere' che poi diventa 'niente sindacati', niente
organizzazioni delle masse. Così si persegue la costruzione di una
irreggimentazione politica, culturale, ideologica fatte di masse
spogliate di autonomia di pensiero, di organizzazione, adoranti e
plaudenti al “capo” che in un rapporto simbiotico ne cavalca gli
istinti più bassi, il linguaggio più crudo, il turpiloquio, per
mostrasi uno del popolo, anzi “il popolo”. Questo è fascismo.
Perfino
se Grillo si definisse “comunista”,con questo sistema sarebbe
fascismo.
Questo
meccanismo irrompe in maniera dilagante nella fase finale della
campagna elettorale, trasforma quindi il movimento di opinione
intorno a Grillo e ne incuba i possibili peggiori esiti.
Grillo
è lo sdoganamento dei fascisti all'ombra del “nè destra né
sinistra, purchè dicano cose buone”, accarezza il razzismo
antimmigrati, il sessismo antifemminista; raccoglie interi pezzi di
elettori delusi dal centro destra che non hanno cambiato per niente
idea e humus culturale, e raccoglie da sinistra tutti coloro che
hanno perso fiducia nel movimento reale, nelle lotte, nella sinistra
in genere. Tutta la storia del nostro paese ci dovrebbe ricordare che
i delusi della sinistra diventano base di massa del fascismo.
In
questo senso, negare la natura reazionaria del movimento di Grillo
significa favorirne l'ascesa e rientrare nel campo di quell'idiotismo
che sempre ha prodotto il fascismo reale.
Gli
eletti di Grillo sono la cosiddetta “gente comune che non ha mai
fatto politica”, come se questo fosse un merito. Questo crea una
serie di soldatini al servizio del capo nella “migliore delle
ipotesi”, altrimenti una genia di persone pronte a vendersi
innanzitutto politicamente e culturalmente al primo offerente nel
parlamento borghese. Questo è omogeneo alla cancellazione della
'democrazia partecipata' attraverso le forme organizzate della lotta
sociale e politica ed è caratteristica
dell'omogenizzazione/irreggimentazione di stampo reazionario.
Sul
programma del M5S hanno scritto in diversi e riprenderemo in altri
testi un esame più approfondito. Il punto di vista che si assume è
quello della media e piccola impresa, del “risparmiatore”..., che
evidentemente hanno contraddizioni rispetto ad un sistema dominato
dalla grande finanza e dalla grande impresa e che nella crisi sono
stati penalizzati. Tutto questo indirizzato verso un”mercato
trasparente che funzioni”, che poi è il mercato capitalista, verso
la “non contraddizione tra operai e padroni” che produce un misto
di neocorporativismo e ultraliberismo che non può che rientrare
prima o poi dentro i nuovi assetti del capitale.
L'ideologia
di “tutti ladri” e di “banche usuraie” è una verità banale,
da sempre però utilizzata dall'estrema destra che vuole l'abolizione
dei partiti e la subordinazione delle banche agli interessi nazionali
di Stato, ora anti Europa ora da Europa nazione, che sono pur sempre
al servizio del capitale e ingredienti di un regime moderno fascista.
Altri
pezzi del programma, quelli che piacciono al “movimento”: no
grandi opere, acqua, ecc., nella versione grillina sono la natura di
destra, finalmente svelata, di una parte di queste battaglie che
rimandano ad un buon funzionamento dello Stato, ad uno Stato che si
occupi di 'beni comuni', mentre il capitale si occupa di mercati e
profitti.
Il
“reddito di cittadinanza” è parola d'ordine oggi presente anche
nei circoli dominanti dell'economia mondiale; di per sé non ha un
carattere antagonista al sistema in periodo di crisi, e generalmente
trova espressione in quell'estensione di ammortizzatori sociali
ritenuta utile a contenere la protesta delle masse sempre più senza
lavoro per distogliere da essa. Su questo occorre tornare con più
profondità.
Il
punto chiave è comprendere, al di là degli obiettivi dichiarati, la
natura reale del movimento Grillo.
Altro
discorso altro va fatto invece per chi lo ha votato.
Grillo
ha avuto una grande crescita nella fase finale della campagna
elettorale, grazie anche al grande traino offerto dalla
partecipazione massiccia e in certi casi enorme ai comizi.
Consistenti settori delle masse anche operaie, che avevano seguito
passivamente e anche con un certo fastidio la campagna elettorale,
quindi che andavano verso l'astensione o verso un voto trascinato
dall'abitudine al ”meno peggio” e dalla mancanza di alternative,
è andato via via da un lato incazzandosi di fronte allo spettacolo
osceno e deprimente offerto dai partiti attraversati fino all'ultimo
momento da scandali e fenomeni di corruzione con l'impatto
consistente rappresentato dal Monte dei Paschi di Siena e dal vero
patetico tentativo del PD, di Monti di smarcarsi da esso, e
dall'altro dal determinarsi di una speranza concreta di poter
effettivamente - come diceva Grillo nei comizi - “mandarli a casa”.
Questa
parte delle masse popolari, di parti rilevanti della gioventù meno
politicizzata, involucrata dalla modalità internauta dell'azione di
Grillo, ha quindi espresso un voto per Grillo, che non è solo di
protesta quanto del raccogliersi intorno alla proposta dell'unico
punto di programma largamente condiviso, quello di poter mandare a
casa i rappresentanti politici della maggioranza parlamentare
uscente.
E'
questa l'unica proposta che ha permesso a Grillo di sfondare anche in
termini elettorali e di ridimensionare le dimensioni che potevano
essere effettivamente epocali dell'astensionismo e del boicottaggio
elettorale.
Ma
il voto che si è espresso in questa maniera mostra proprio qui la
sua ambiguità, inconsistenza e povertà.
Ambiguità.
Non si può pensare di colpire la classe dominante consegnandosi mani
e piedi sostanzialmente ad un esponente, come ceto sociale e storia,
della classe dominante che in quel momento sembra lo strumento per
cancellarla. E' la riproposizione nei settori popolari della tragica
e demenziale illusione che ha portato in anni passati al voto per
Bossi prima, per Berlusconi dopo. Anche allora c'è stato un fenomeno
di forze nascenti premiati con lo stesso tipo di logica dal voto di
settori di operai e masse popolari. Questo ha già dimostrato di
essere un rimedio peggiore del male. E in questo caso non c'è
nessuna fondata ragione che non abbia lo stesso effetto.
Inconsistenza.
Settori di proletari e di masse, oltre che di giovani, in particolare
quella parte che ha esperienze di lotte sociali nei movimenti, sanno
bene che ha contato molto di più quando questi movimenti hanno
lottato, sanno bene che ha partecipato molto di più che davanti ad
un computer o come spettatori di un comizio quando realmente si sono
impegnati in prima persona e hanno provato ad incidere. Certo, queste
lotte, questi movimenti, queste partecipazioni collettive non hanno
vinto, non hanno inciso in maniera determinante nella situazione
politica, per mille e una ragione che non sono il tema di questo
articolo, ma non è una buona ragione per degradare il proprio
impegno, volontà di lotta e di partecipazione all'atomizzazione di
una rete internet, al chiacchiericcio povero, e all'ascolto beota e
ridente delle battute di Grillo. Tutte questioni davvero
inconsistenti, checchè si pensi, per incidere anche in maniera
elementare nel miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro,
nel fermare la mano del capitale, dei suoi governi, del suo Stato che
ci scaricano la crisi, ci rapinano le tasche, ci impongono una
devastazione ambientale e un modello sociale che si avvita su sé
stesso producendo un sistema barbaro, elitario e parassita che
naturalmente genera la famelica orda di politicanti corrotti che
costituisce il sistema dei partiti parlamentari attuali.
In
questo senso il voto a Grillo è una negazione della costruzione di
una reale forza capace di realizzare anche l'obiettivo dichiarato di
'mandarli a casa'.
Povertà.
A questo però bisogna aggiungere che votare Grillo ed essere poi
soddisfatti per i risultati conseguiti, cristallizza nella testa e
nella pratica di chi lo fa un'idea della politica che è fatta di
banalità e di “va fan culo”, di imbonimenti e gregarismo, che è
tutto il contrario di quella crescita personale e collettiva, di
quella intelligenza sociale che sa interpretare la realtà esistente
e analizzarla in termini concreti e seri, e fa discendere da essa la
via, la forma e l'organizzazione necessari per trovare la strada
della trasformazione in senso proletario e popolare della politica e
della società.
In
questo senso è un impoverimento umano che produce e che alimenta il
panorama della devastazione ideologica, culturale e politica, il
vuoto che la crisi della sinistra e della lotta per il socialismo ha
lasciato come attuali macerie, su cui è difficile, ma importante e
decisivo, ricostruire.
Alla
fine chi ha votato Grillo, nel campo che ci interessa, sembra che ha
avuto ragione, ma di quella ragione che genera mostri.
Nelle
fila proletarie il voto al ciarlatano di turno li assimila ai
moderati sostenitori di quel riformismo spicciolo che è la base
elettorale reale del M5S e la base sociale dei suoi eletti.
seguirà seconda parte
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