Ci è giunta poco fa la notizia, da Radio Popolare Milano, che stamattina, nel comando provinciale dei carabinieri a Brescia, è morto per "cause ancora da accertare" un ragazzo senegalese fermato venerdì sera per presunta violazione della Bossi/Fini.
Un referente della comunità senegalese di Brescia, in una dichiarazione a RP riferisce che il ragazzo, da vent'anni in Italia, era operaio in una fabbrica metalmeccanica ed era in possesso del permesso di soggiorno dal 1996.
Un testimone, anche lui fermato venerdì ma rilasciato sabato pomeriggio, denuncia che il ragazzo ucciso soffriva di asma e che alle sue richieste di assistenza sanitaria le guardie avevano risposto insultandolo pesantemente ("che cazzo ce ne frega...""sei solo un negro...ecc.")
ASSASSINI!L'hanno lasciato morire deliberatamente pur sapendo della malattia, poichè il ragazzo aveva mostrato dei documenti che ne certificavano il precario stato di salute.
Tre mesi fa a Brescia ha avuto inizio la lotta degli immigrati per il permesso di soggiorno, una lotta dura e determinata, che ha portato all'attenzione del paese lo scandalo della sanatoria truffa. Una lotta che fa paura ai criminali che governano il paese, terrorizzati al pensiero che questa si estenda in tutte le città d'Italia fino a travolgerli.
Per questo motivo a Brescia è stata scatenata la repressione più dura.
Sgomberi, cariche, arresti, deportazioni e ogni giorno fermi a scopo intimidatorio colpiscono decine degli stranieri che animavano il presidio di via San Faustino allo scopo di farli ritornare nell'ombra, schiavi alla mercè dei loro sfruttatori.
I quotidiani on line bresciani stasera titolavano "Giallo a Brescia muore in caserma un senegalese" giallo che presumibilmente non avrà mai una soluzione, mentre solo pochi giorni fa, è bastata una frase mal tradotta a "condannare" senza processo per un orrendo omicidio un ragazzo originario del marocco sbattuto come mostro sulle prime pagine di tutti i giornali nazionali.
Ma questo nuovo omicidio non può che alimentare la necessità di ribellarsi e di organizzarsi per una risposta ancora più decisa per i proletari immigrati che non hanno nulla da perdere se non le proprie catene.
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