Da Il Manifesto del 15 luglio: “...dai lavoratori e dai delegati Fiom di Mirafiori ieri è venuto un invito al dialogo: una lettera aperta indirizzata all'ad Sergio Marchionne...”.
Cosa scrivono i “lavoratori e delegati Fiom in questa lettera?
“... Non abbiamo una visione personalistica e semplicistica, ci sforziamo al contrario di tenere insieme il tutto... E' fin troppo noto come i lavoratori siano stati fondamentali nel corso di anni difficili, per fare in modo che la Fiat continuasse a rimanere sul mercato. Abbiamo fatto, facciamo e faremo molti sacrifici con la cassa integrazione...”
“... Non si tratta di contrapporre lavoratori e imprenditori, ma di prendere atto delle differenti condizioni e delle diverse responsabilità collaborando per il futuro con condivisione e non per coercizione”
“E' importante mettersi in gioco, come dice lei, se si tiene veramente alle persone a cui ci si rivolge, ma è altrettanto importante riconoscersi reciprocamente e non sarà certo con i licenziamenti di lavoratori e delegati della Fiom Cgil o di altri sindacati che questo avverrà. Per questo la invitiamo a venire in mezzo a noi per confrontarci e approfondire i temi trattati”.
La risposta a questa lettera non è venuta da Marchionne, che semplicemente se ne frega, ma dalla presidente della Confindustria, Marcegaglia. Ma che risposta? “... è un voler riprendere un dialogo (da parte della Fiom, naturalmente – ndr) e questo è importante. (MA) Credo che sarà impossibile cambiare le condizioni di quell'accordo perchè è stato firmato da altri sindacati, ma giudico positivo il fatto che la Fiom decida di ricominciare a fare il suo mestiere, quello di trattare”. (sempre da Il Manifesto del 15/7).
Quindi, cornuta e mazziata (la Fiom)! Bravi, bravi, dice la rappresentante dei padroni, ma... l'accordo di Pomigliano resta, gli attacchi al salario a Mirafiori anche, i licenziamenti repressivi anche; voi potete solo ricominciare a trattare qualche briciola, dato che i padroni fanno e continueranno a fare la sostanza.
Ma entriamo nel merito della lettera dei “lavoratori e delegati Fiom”.
- Marchionne ha posto pesantemente sul piatto il cuore del contrasto su cui si basa il piano imposto a Pomigliano e le politiche di attacco al salario a Mirafiori, i licenziamenti, ecc.: io sono il padrone voi siete operai che per i miei profitti dovete rinunciare a diritti, accettare peggioramento condizioni di lavoro e salariali, una condizione da moderni schiavi; Marchionne, praticamente, pro domo sua, ha svelato chiaro e tondo la contrapposizione di classe e la sua irrisolvibile; e la lettera Fiom dice: No, noi non abbiamo “una visione personalistica” - cioè, non vogliamo avere una visione di classe, necessariamente di classe e di parte, diciamo noi, ma della parte maggioritaria che si deve liberare dalla schiavitù a cui la vogliono ricacciare i padroni – No, noi “ci sforziamo di tenere insieme il tutto”, vale a dire gli interessi degli operai e quelli di padron Fiat!
- Marchionne dice che gli interessi della Fiat sono contrapposti a quelli degli operai, che il bene e la salvaguardia della Fiat richiede necessariamente il male degli operai e la subordinazione di essi ai piani Fiat; e la lettera Fiom - come se Marchionne e operai fossero seduti a tavolino e non a fare la guerra ogni giorno , ogni ora (basta che un delegato o un lavoratore aderisce ad uno sciopero e viene licenziato) – scrive: “non si tratta di contrapporre lavoratori e imprenditori”, ma di collaborare insieme con le diverse responsabilità, con il rispetto reciproco!
Ma la Fiom di Mirafiori ci fa o lo è?!
- Marchionne, come ogni bravo padrone, certo, ci “tiene veramente alle persone a cui si rivolge” solo se però queste persone/operai, fanno fare profitti alla Fiat accettando il supersfruttamento, la cancellazione di diritti anche stabiliti per legge, dalla Costituzione; ci “tiene” agli operai se sono braccia da lavoro senza testa né anima, e da spremi pluslavoro e plusvalore, cioè se non sono “persone”; perchè quando gli operai sono persone che pensano, che lottano per sé e per il futuro, allora non ci “tiene”, li può benissimo buttare via da un giorno all'altro.
Quale favola la Fiom di Mirafiori, invece, vuole raccontare agli operai?!
- La Fiat ha sfruttato gli operai, non si è fermata di fronte a niente né nel passato né negli anni più recenti: dai 23 mila cassintegrati, di fatto licenziati di Torino, con più di 200 operai suicidati, alle periodiche politiche di esuberi, ai licenziamenti politici di cui è famosa Mirafiori, all'intensificazione dello sfruttamento introducendo anche a Mirafiori la famigerata organizzazione del lavoro TMC2, considerata anche dal giudice Guariniello un attacco sistemico alla salute degli operai e operaie; e la lettera della Fiom dice: ma gli operai hanno fatto tanto “perchè la Fiat continuasse a rimanere sul mercato”, abbiamo fatto ma (ve lo promettiamo!) continueremo a fare “sacrifici con la cassa integrazione”!
Certo Marchionne ringrazia, e per ringraziamento da un sonoro calcio in faccia agli operai. E la lettera della Fiom dice, praticamente, continua a darmi i calci ma lasciami il premio di risultato...
La Fiom di Mirafiori forse non ha capito o finge di non capire che stiamo di fronte a un moderno fascismo padronale, e pensa di convincere con argomenti “democratici”, del “siamo tutti sulla stessa barca” l'attuale principale esponente di questo fascismo.
Ma questa è la classica fallimentare e pericolosa azione del riformismo, che usando i “guanti gialli” con chi usa pugni e fucili, serve, che lo voglia o no, la reazione.
Anche Marchionne nella sua lettera ha detto di fatto agli operai di Pomigliano: accettate l'accordo stiamo nella stessa barca. Ma, gli operai devono spaccarsi la schiena per remare e la Fiat deve prendersi tutto il bottino pescato da quegli stessi operai.
“Vieni in mezzo a noi per confrontarci...”, scrive nella conclusioni la lettera della Fiom. Marchionne lo ha fatto ma con una lettera altrettanto fascista quanto la filosofia dell'accordo di Pomigliano (anche se molti a sinistra si ostinano stupidamente e ciecamente a vedere una sorta di contrapposizione tra l'accordo e la lettera che sarebbe invece “democratica”, una specie di mano tesa al dialogo); una lettera (commentata nei giorni scorsi su questo blog) scritta da un dittatorello, che chiama gli operai ai “grandi valori” per imporre solo i bassi interessi capitalistici.
Sbagliano quegli operai che hanno firmato questa lettera, ragionano come subordinati, non come classe! Rispondono alla guerra dei padroni con il “dialogo”. Ma così non danno credibilità alle lotte che pur stanno facendo.
Oggi è tempo di cambiare strada, di accettarla questa “guerra dei padroni”, questa sfida fascista e attrezzarsi per non lasciare sul terreno solo le proprie penne.
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