mercoledì 15 marzo 2023

pc 15 marzo - Tunisia - Sulla deriva autoritaria e razzista al servizio dell'imperialismo del regime tunisino - Una corrispondenza dentro i legami internazionalisti dei comunisti mlm italiani e tunisini

Una deriva razzista

Il 21 febbraio il presidente della repubblica tunisina KS ha evocato un "complotto" che sarebbe in atto dall'inizio del secolo e che dovrebbe prevedere la "sostituzione demografica" della popolazione autoctona con immigrati provenienti dall'Africa subsahriana con lo "scopo" di trasformare la Tunisia da un paese "arabo-musulmano ad uno totalmente africano". Il presidente rivelando tale complotto si è guardato bene dal rivelare anche gli autori.

Come molti articoli usciti nei giorni scorsi hanno fatto notare, altro non si tratta che della teoria del remplacement in voga tra i settori xenofobi e reazionari occidentali riproposta qui in salsa tunisina.

In seguito a tali dichiarazioni la feccia razzista del paese presente nei settori popolari e nella piccola e

media borghesia, per non parlare della polizia, si è mobilitata instaurando nel paese un vero è proprio clima da caccia alle streghe e di pogrom: assalti notturni a case abitate da immigrati subsahriani, stupri e aggressioni con armi bianche in particolare ad Ariana (Grande Tunisi) e a Sfax.

Tutta questa operazione è stata accompagnata da un processo mediatico di supporto in cui si presentavano i bollettini quotidiani degli arresti degli "africani" nell'ordine di qualche decina al giorno mentre i settori "intellettuali" portavano avanti il discorso discriminatorio tra "regolari" e "clandestini".

Una sorta di reboot di un film visto e rivisto in Europa ed in Nord America negli ultimi vent'anni...

Le numerose associazioni di studenti subsahriani presenti in Tunisia per tre settimane hanno consigliato ai propri connazionali di rimanere in casa e di astenersi a seguire i corsi o di prendere i mezzi di trasporto pubblici, anche a causa delle squadracce di polizia che rastrellavano stazioni, fermate e quartieri con lo scopo di arrestare chiunque fosse sprovvisto di un documento d'identità accompagnato da altri documenti che attestassero la motivazione della presenza nel paese (lavoro o studio).

A differenza degli stranieri europei o occidentali, gli stranieri subsahariani sono obbligati a seguire un iter ben più complicato, aspettando spesso mesi anche anni per avere una carta di soggiorno che a volte viene addirittura consegnata già scaduta!

Nell'attesa inoltre per ogni settimana di soggiorno "non in regola" vengono addebitati 20 dt (circa 6€) spingendo gli immigrati a cercare sin da subito un impiego "non in regola" e quindi sottopagato.

La presa di posizione presidenziale si è presto rivelato un boomerang costringendo pochi giorno dopo ad una clamorosa inversione di rotta per bocca del ministro degli esteri e dello stesso Kais Saied in seguito alle proteste a partire dall'Unione Africana e da alcuni paesi africani che oltre a prendere prese di posizione e ad organizzare rimpatri collettivi (il presidente della Repubblica di Guinea ha accolto personalmente i rimpatriati), hanno anche iniziato un boicottaggio delle importazioni tunisine; a tutto ciò si è aggiunto la pressione strumentale da parte delle agenzie finanziarie imperialiste come BM e FMI da cui la Tunisia attende ingenti finanziamenti nelle prossime settimane.

In questa vicenda però c'è un "mandante" ed è il governo Meloni, vero e proprio corresponsabile di tale deriva razzista in Tunisia, infatti tali dichiarazioni sono state precedute di pochi giorni dalla visita Tajani-Piantedosi, il cui tema centrale è stato proprio il dossier migrazione, e sono state seguite, pochi giorni dopo da una telefonata di Giorgia Meloni alla sua omologa, Najla Bouden, per esprimere "il sostegno del governo italiano al governo tunisino" nella trattativa con il FMI e discutere dell'accordo energetico ELMED; inoltre ad una settimana esatta, dall'annuncio di un dono italiano di cento pick-up dal valore di 3,6 milioni di euro "per pattugliare i confini tunisini" con l'Algeria e la Libia.

Il padrone imperialista si è quindi complimentato con il regime suo cliente ed il cerchio si chiude.

Una deriva autoritaria e reazionaria

Il regime Saied-Bouden iniziato con il colpo di mano presidenziale del 25 luglio 2021 godeva di un sostegno popolare nonché politico da parte di alcuni partiti rivoluzionari e progressisti e del potente sindacato UGTT: lo scioglimento del parlamento e del governo entrambi ultra reazionari era stato accolto infatti con un respiro di sollievo ed esultanza in quanto individuati come i principali responsabili della crisi sanitaria economica e politica che stava attraversando il paese.

Ma con il passare dei mesi si è assistito progressivamente sia ad una sostanziale continuità politica con i regimi precedenti, in particolare riguardo la politica di austerity subordinata agli accordi con le agenzie finanziarie imperialiste su ricordate, ma anche per i metodi di repressione del dissenso delle aree progressiste e rivoluzionarie nel paese critiche verso il regime ed in particolare in occasione del boicottaggio del referendum plebiscitario sulla nuova costituzione scritta direttamente da Saied dopo aver respinto la bozza presentata dagli esperti costituzionalisti da lui stesso designati.

A costituzione approvata le recenti elezioni legislative da cui tutti i partiti politici sono stati esclusi hanno visto un tasso di partecipazione di circa il 12% in entrambi i turni.

I rivoluzionari e i marxisti-leninisti-maoisti in particolare non sono contrari alla repressione tout court o per via di principio astratta, in tal senso solo gli opportunisti si "scandalizzano" della repressione del regime di Saied-Bouden verso i settori reazionari come gli islamisti di Nahda-Karama, ma allo stesso tempo è necessario denunciare e respingere l'ondata repressiva che dalla seconda metà del 2022, si è abbattuta verso il movimento operaio, sindacale e contadino del paese ed infine verso singoli militanti democratici, rivoluzionari e progressisti spesso solo per aver espresso una critica o per essere scesi in piazza.

Il decennio di restaurazione a guida Ennahda/Nidaa Tounes chiamato "transizione democratica", seppur nefasto, e seppur stava reintroducendo progressivamente metodi da stato di polizia, essendo diretta conseguenza di una Rivolta Popolare seppur abortita, non era ancora arrivato a tanto: in galera non vi era neanche un prigioniero politico rivoluzionario o del movimento dei lavoratori. Il regime Saied-Bouden invece ha riscoperto gli arresti arbitrari verso gli oppositori di sinistra con accuse fabbricate quali sedizione e terrorismo.

Seppur in maniera ancora spontanea e frammentata va delineandosi un embrione di fronte di resistenza al regime costituito a partire dall'UGTT, che pur avendo dal 1956, anno dell'indipendenza, un ruolo di stabilizzatore o ala sinistra del sistema a salvaguardia di quest'ultimo, si trova oggi all'opposizione essendo le sue proposte di transizione post-25 luglio 2021 sistematicamente ignorate dalla presidenza della repubblica; è l'organizzazione che può mobilitare centinaia di migliaia di lavoratori e può rappresentare un serio pericolo per qualsiasi governo del paese qualora il potere non trovi un terreno d'accordo con il sindacato: il 4 marzo l'UGTT ha intrapreso il primo passo di questa escalation con una manifestazione nella capitale a cui hanno partecipato 10.000 lavoratori.

La settimana precedente migliaia di militanti antirazzisti e antifascisti erano invece scesi in piazza in sostegno agli immigrati subsahriani, denunciando la retorica razzista presidenziale etichettando il regime, probabilmente con eccessiva enfasi come "fascista". Inoltre anche il segretario generale dell'UGTT il 4 marzo ha ribadito il sostegno del sindacato agli stranieri presenti nel paese condannando qualsiasi deriva razzista. I partiti rivoluzionari seppur piccoli e colpiti da provvedimenti repressivi, rimangono a testa alta sul campo promettendo di rispondere colpo su colpo all'attuale regime.

Infine la FTDES (Federazione Tunisina dei Diritti Economici e Sociali) il 10 e l'11 marzo ha riunito rappresentanti delle donne contadine di tutto il paese nella prima conferenza nazionale di questo genere che promette battaglia per la difesa dei diritti delle contadine e delle contadine e contro l'attuale politica agraria subordinata all'imperialismo: il 27 aprile è stata lanciata come giornata nazionale di lotta delle contadine (per commemorare la morte di sette contadine in uno dei molti incidenti stradali che occorrono mentre si recano al lavoro trasportati da pick-up il 27 aprile 2019).

Ad oggi le ragioni della rivolta Popolare del 2010-2011 non sono state soddisfatte, i prossimi mesi si prospettano caldi sul fronte della lotta di classe...

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