Dopo la Alumeta degli ucraini, adesso tocca a Italvolt, così
si chiama l’azienda dell’“imprenditore svedese Lars Carlstrom” che ha deciso di
presentare una sua proposta di rilancio dell’area industriale.
Ma cos’è questa Italvolt?
“Italvolt, sorella italiana dell'inglese Britishvolt
fallita a metà gennaio, ha di fatto mandato in soffitta l'Accordo di
programma già firmato l'anno scorso che prevedeva l'avvio dei lavori sul sito
industriale nel 2024 e la fase della produzione vera e propria al 2025” a Ivrea,
in Piemonte!
Secondo le dichiarazioni di Carlstrom il motivo del mancato accordo sarebbe il seguente: “Ci siamo accorti solo ora che nell'area ex Olivetti c'è un problema di approvvigionamento elettrico. La fabbrica
non può partire senza il potenziamento della rete e Terna ci ha risposto che occorrono quattro anni.” Una scusa che non può funzionare, perché se questo “problema” c’è al nord, in una zona altamente industrializzata, figurarsi al sud.La seconda scusa rivela un po’ di più sui dubbi che sono
nati dopo aver visto le “slide” di presentazione, e si tratta, guarda caso, di
soldi”: “Tra qualche settimana svelerò il nome di un grande investitore estero
che vuole scommettere sulla mia Gigafactory.” E nemmeno “scommettere” suona
bene!
Comunque, se per il momento mettiamo da parte il fatto che
Carlstrom si presenta con un recente fallimento alle spalle, un accordo andato
in fumo a Ivrea (condito dalla bugia che comunque la fabbrica sarebbe nata sempre
in Piemonte!), e il “segreto” su chi mette i soldi, bisogna dire che i
propositi dichiarati sono davvero impressionanti: “Italvolt Spa ha annunciato
di voler costruire in Italia una delle più grandi fabbriche di batteria a
ioni di litio in Europa, con una produzione, a regime, pari a 45GWh e
qualche settimana fa ha chiuso un accordo per avere in licenza da StoreDot [azienda
israeliana, ndr] la tecnologia per batterie agli ioni di litio a ricarica
veloce”.
Ma ieri, durante la riunione voluta dagli “amministratori
comunali di Termini Imerese” come racconta il Sole24Ore, c’è stato appunto l’incontro
presso il “luogo diventato negli anni un po’ il simbolo del, fin qui, mancato
rilancio dell'ex stabilimento Fiat dell'area industriale: la Chiesa della
Santissima Misericordia … Una
riunione a porte chiuse [?] cui sono stati invitati i consiglieri comunali, i
sindacalisti e parlamentari dell'area”.
Ed è qui, come dicevamo, che sono venuti fuori i dubbi, perché
a fronte di un investimento annunciato del valore di 3 miliardi di euro,
Carlstrom dice che ha a disposizione subito per partire 5 milioni, che a detta
di tutti non bastano proprio per niente, visto che, come ricorda lo stesso quotidiano
dei padroni, l’azienda “deve prendere anche i 580 lavoratori rimasti e in
questo momento in cassa integrazione”. Sulla “prospettiva occupazionale” che
tanto “sta a cuore” ad assessori e sindacalisti vari, Carlstrom “ha parlato di
una prospettiva occupazionale a regime di duemila addetti di cui 200
sarebbero assunti subito e adeguatamente formati”.
Per riassumere il problema che pone anche questa proposta è
quello della “sostenibilità finanziaria” e dei lavoratori! Come
si dice in questi casi, è un film già visto e rivisto di cui si conosce la fine,
e in questo senso questo Carlstrom somiglia molto a Borgomeo quello del “rilancio”
della Gkn.
Il 4 aprile prossimo, intanto, prosegue la “telenovela”
lunga 12 anni, a Roma dove è stato convocato il tavolo di crisi dell’area
industriale di Termini Imerese che potrebbe essere “l’ultima riunione prima del
bando per le proposte di investimento” che dovrebbe essere pubblicato a ridosso
di Pasqua, sempre che gli attuali commissari della ex Blutec si decidano!
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