Con una sentenza dal sapore tutto politico, sono stati condannati a un mese di carcere tre lavoratori che fecero sciopero alla Gualapack di Piacenza per un cambio appalto in cui il fornitore di servizi fallito (l’ennesima coop farlocca) lasciò non pagati TFR, ferie non fruite, quota sociale e retribuzioni
L’accusa, come sempre è che lo sciopero sia da considerarsi una manifestazione non autorizzata nella quale si commette una violenza privata. In questo caso la violenza sarebbe stata commessa nei confronti di un camionista che, secondo l’accusa, voleva entrare a tutti i costi in Gualapack.
Nel dibattimento odierno, però, la persona reputata offesa ha rilasciato testimonianza nella quale ha escluso di essere stata oggetto di minacce e intimidazioni volte a NON fare entrare il suo mezzo in fabbrica.
Il giudice ha ritenuto comunque che lo sciopero fosse in realtà una manifestazione non autorizzata e che quindi si configurasse il reato di violenza privata.
Si tratta di uno stravolgimento giuridico di proporzioni gigantesche, di un sonoro ceffone alla Costituzione repubblicana e antifascista, all’uso dell’azione penale in termini dissuasivi dall’azione sindacale.
Nella città di Piacenza continua ad imperversare il teorema secondo cui le vittime dello sfruttamento, dell’evasione contributiva e fiscale, del furto di salario, che chiedono quanto dovuto, che chiedono giustizia, sono in realtà dei delinquenti.
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