lunedì 10 ottobre 2022

pc 10 ottobre - Interventi all'Assemblea proletaria anticapitalista del 17/9: SI.COBAS - USI - PROSPETTIVA OPERAIA - PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALISTA

SI.COBAS ROMA

Questa assemblea è un'occasione molto utile non solo a livello romano per mettere insieme una serie di realtà che su vari aspetti danno un contributo per portare avanti le proprie lotte, e tutti gli interventi che mi hanno preceduto mettevano anche in rilievo il fatto che oltre che rappresentare queste lotte si tentava di avere una prospettiva più ampia, antisistema.

Comunque per me fare un intervento che non sia semplicemente rappresentativo di quello che noi siamo, della nostra realtà, sulla repressione che abbiamo subito insieme a tanti altri compagni di altre situazioni, non credo sia utile, perché un'assemblea come questa un pò programmaticamente si pone il problema di discutere come unire le lotte come proletari e come comunisti. E la difficoltà sta nel fatto che dobbiamo riconoscere che esiste una difficoltà e noi dobbiamo sforzarci di riconoscerlo fino in fondo, anche se molti compagni questo ragionamento l'hanno già fatto. 

Sforzarci di capire per quali motivi, perché il motivo non è solo uno, noi oggi siamo in una situazione per cui la nostra classe, i lavoratori, il precariato e tutte le situazioni lotta che tentiamo di rappresentare, sono veramente indietro rispetto al nemico di classe. Il problema è che tutti da decenni cerchiamo di unire le lotte però forse va accentuata la riflessione che non basta unire le lotte e che evidentemente c'e

qualcosa che ancora non siamo stati in grado di individuare per fare dei passi avanti rispetto a unire le lotte.

Penso che questa nostra situazione in una parte non trascurabile dipenda pure da una situazione oggettiva, perché non è che le lotte, la capacità politica nostra o della classe dipende solo da quanto siamo bravi, da quanto abbiamo capito la realtà, ci sono anche le condizioni oggettive, per cui l'Italia di oggi non è l'Italia degli anni del dopoguerra, la fase economica, la fase politica italiana e internazionale non è quella che c'era qualche anno fa, e chiaramente il contesto determina in maniera notevole anche un quadro politico. Però una soluzione che funzioni non ce l'ho. Penso che anche da parte nostra ci sia intesa come classe, come soggettività che c’è un grosso problema di inadeguatezza soggettiva, anche se non penso che se noi fossimo più bravi, più avanzati politicamente, ecc. potremmo cambiare la situazione da così a così. Credo però che rispetto a quello che si potrebbe fare una buona parte dipende da quello che riusciamo a esprimere politicamente. Ormai un pò gli schemi si sono rotti per cui siamo probabilmente di fronte al fatto che la gente ha una maggiore attenzione a ragionare un pò meno per steccati, un po meno per “parrocchiette” almeno a parole; però il salto di qualità ci consente innanzitutto di individuare il problema. Il problema è che in una situazione economica e politica cosi disastrosa, ma non per colpa di questa assemblea ovviamente né per colpa nostra, abbiamo difficoltà a rapportarci con la nostra classe, rappresentiamo dei settori estremamente ristretti, e io penso che tutto questo ci deve fare interrogare anche rispetto al fatto che probabilmente qualcosa stiamo sbagliando. 

Chiudo con questa nota di pessimismo, anche se qualcosa si sta muovendo e in Italia e per fortuna non solo in Italia, perché una serie di settori sociali in vari paesi vengono fuori, sono in movimento; le contraddizioni esistono e stanno mettendo in discussione gli equilibri a cui eravamo abituati prima e che non ci piacevano. 

Oggi c'è stata questa assemblea sicuramente positiva, domani a Bologna c'era un'altra assemblea spero altrettanto positiva, però in tutto quello che facciamo bisogna un pò iniziare a ragionare su qualcosa che ci manca. Certo, non è che riusciremo a prendere il potere in una settimana, probabilmente faremo costretti a giocare sempre in difesa, probabilmente avremo una marea di difficoltà enormi con cui dovremo fare i conti, però io penso che data la situazione oggettiva che ci pone dei limiti noi siamo ben lontani anche dall'arrivare a ottimizzare quello che possiamo fare soggettivamente rispetto a questi limiti. Perché è interessante ed è bello avere dei momenti in cui vari compagni e vari compagni di varie situazioni o di varie organizzazioni si confrontano, raccontano le proprie esperienze, pongono anche i problemi che sono enormi. 

Questa era un'assemblea il cui titolo era unire le lotte, giustamente i compagni poi ci hanno fatto trovare qui uno striscione in cui si richiama la questione della guerra che è una questione che ci riguarda in pieno, e richiama nella parola d'ordine tutta la questione della della lotta delle situazioni delle fabbriche in cui la Gkn è stata un emblema.

Ma io credo che dobbiamo prendere coscienza che qualcosa ci manca, altrimenti nessuno di noi è in grado di dare un contributo per poi tentare di avvicinarci all'esterno all'altezza dello scontro che è molto tosto e che non potrà che peggiorare.

USI

Dobbiamo ringraziare i compagni che hanno costruito questa occasione di confronto in presenza. stiamo pagando duramente due anni di pressione con la scusa della pandemia, all'interno di una ristrutturazione del capitale.

Noi ci avviamo sl nostro Congresso a metà ottobre, in cui faremo una giornata dibattito su quelle che sono tematiche simili. Abbiamo scelto di riprendere la sigla perché rivendichiamo lo statuto storico centrale rispetto alla lotta di classe. Il sindacalismo non può essere quello autonomo, di fatto mediatore del sistema, il sindacalismo deve essere solo conflittuale, deve unificare le lotte, unire le lotte proletarie sul territorio alle lotte nelle fabbriche.

Dopo due anni stiamo ricominciando da capo a iniziare però questo ci deve dare la forza, la resistenza contro la repressione. Io sono vissuto in quegli anni nei comitati contro la repressione e quindi mi ricordo bene tutto quello che è successo. Oggi c’è bisogno di questa rete di lotta, non possiamo stare nel nostro piccolo. Le lotte e le vertenze che portiamo avanti all'interno di tutti i posti di lavoro se non hanno quella complessità e quella vastità sono lotte che restano lì per sempre. C’è la necessità di costruire una piattaforma sociale, sindacale e politica, e oggi ci troviamo come compagni a dover anche rilanciare quello che i partiti più o meno di sinistra hanno dimenticato, il conflitto non si fa nelle aule del Parlamento ma si fa nelle piazze, nel territorio. La battaglia contro il carovita, rivendicando le vecchie posizioni di autoriduzione bollette, la lotta per la casa che i compagni immigrati hanno ricordato prima, sono le nostre battaglie che devono essere al centro di tutto quello che sarà la lotta. Non e possibile seguire tutti gli scioperi generali che si stanno costruendo; la data la scadenza è l'otto Marzo come ricompositivo delle lotte che abbiamo fatto, per unificare in un quadro complessivo le lotte di genere, le lotte sociali e le lotte sindacali.

PROSPETTIVA OPERAIA 

Questa assemblea è un po in continuità con vari appuntamenti in cui ci siamo trovati insieme, prima durante e dopo il “patto d'azione”. Siamo in una situazione, alla crisi pandemica si è aggiunta la crisi bellica. E come allora il regime borghese non aveva la possibilità di uscire pacificamente dalla sua crisi non ha ancor di più questa possibilità sulla questione della guerra.

Questa questione della guerra dovremo trattarla ancora più approfonditamente nei prossimi mesi, perché ovviamente l'Ucraina è una tappa della guerra imperialista mondiale. Oggi ci sono ancora tanti compagni che parlano di guerra di liberazione nazionale, di diritti nazionali, e questo la dice lunga sulla arretratezza anche dei nostri. 

La possibile estensione al Pacifico, all'Asia, quindi alla Cina della guerra riproporrà sicuramente un dibattito tra compagni e un dibattito del movimento contro la guerra, perché il grande assente è ovviamente il movimento contro la guerra. Perchè non può essere considerato un movimento contro la guerra il pattume pacifista che oggi si presenta anche nelle televisioni perché ci sono le elezioni e quindi parla di iniziative diplomatiche e simili stupidaggini. 

La guerra imperialista va combattuta con le armi della rivoluzione socialista. Ovviamente questo lo sappiamo, ce lo diciamo tra noi; però noi possiamo anche e dobbiamo lavorare per portare a compimento questo obiettivo. Crediamo che la distanza tra rivendicazioni economiche, vertenziali si riduca, in questo periodo di crisi totale del capitalismo, sempre più dalla lotta per un'alternativa di potere. Sembrano parole roboanti però oggi il sistema è talmente in crisi che viene giù tutto, la crisi inflazionistica, il carovita, la crisi ambientale, le chiusure e licenziamenti, le morti per la guerra. E tutto questo non da la possibilità al regime attuale della borghesia di continuare come se niente fosse, di continuare come prima. 

Per noi ovviamente è difficile perché manca da tutto il resto e allora noi dobbiamo sforzarci di rimettere in piedi percorsi di intervento e di parole d'ordine che siano all'altezza della situazione attuale. Il tentativo di fronte unico di classe che i compagni ricordavano è possibile che venga rimesso in piedi dalla necessità, e anche se non lo fosse noi dobbiamo comunque costruire un nucleo di di intervento e di collaborazione costante, al di là delle storie che sono diverse tra tutti noi - ci mancherebbe, uno deve rivendicare la sua - però sul terreno dello scontro di classe non possiamo farci bloccare da queste differenze ma possiamo lavorare nell'ottica del fronte unico di classe col metodo della democrazia operaia. 

Non può essere  che il fronte unico a un certo punto venga accantonato improvvisamente e non viene fatto un bilancio. Però ripeto non è un problema perché io credo che possa essere, debba essere rimesso in piedi e poi, al di là dei singoli interessi di organizzazione, qualcosa si produrrà. Sono le condizioni che ci porteranno alla lotta, per esempio sulle bollette che ormai ha assunto una caratura internazionale e vediamo come prosegue; però è già un segnale politico di crisi di sistema che può solo accentuarsi, non può regredire.

La cosa che poi mi sento di aggiungere è quella della centralità operaia già sottolineata tra i compagni che io rilancio. Per lavorare a un cambio di sistema abbiamo bisogno della classe che renda possibile il cambio di sistema, quindi ovviamente la classe operaia e i lavoratori e le lavoratrici devono essere al centro di qualsiasi progetto e condurre lo sciopero generale ad essere uno sciopero politico, uno sciopero di abbattimento di un regime che è in putrefazione.

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALISTA 

Questa assemblea è veramente un'ottima occasione per mettere in comune le esperienze di lotta e anche per condividere elementi di conoscenza. E’ molto giusta la domanda che pone alla fine del suo intervento la campagna Filosa quando dice come mai non siamo consapevoli del contesto sociale economico sociale politico in cui siamo inseriti e nel quale viviamo e operiamo, probabilmente inteso non in senso individuale ma in riferimento alla classe; la risposta è “L'ideologia tedesca”: la classe dei capitalisti non dispone soltanto dei mezzi di produzione materiali ma anche dei mezzi di produzione intellettuale e questo fa sì che l'ideologia dominante sia in ogni epoca sempre e comunque l'ideologia della classe dominante. Questo aspetto è fondamentale quando ci si pone la questione dell'approccio che i rivoluzionari devono avere rispetto alla questione economica nel senso che noi non possiamo pensare che gli operai, la classe operaia nel suo complesso si metta a lottare soltanto perché avrà la coscienza, viceversa si mette a lottare quando le condizioni oggettive della sua esistenza la costringono alla lotta, e questo è un aspetto fondamentale. 

Si è parlato di alcuni aspetti dell'attuale ciclo contro rivoluzionario che va avanti da molto tempo e dobbiamo pensare che quella stagione di lotte degli anni 70 le quali si succedevano in una fase si prosperità relativa perché era una fase in cui l'Italia era un paese industriale di una di una certa importanza e c'era una certa tendenza alla piena occupazione e all'aumento dei salari. Ma cosa succede in seguito. La crisi capitalistica nella quale siamo ancora immersi ma che è iniziata a metà degli anni 70 è una crisi che richiede l'adozione di una da parte della borghesia di tutta una serie di contromisure che servono per recuperare il saggio di profitto e queste assumono le forme del neoliberismo. Ora il neoliberismo è passato per ragioni storiche fondamentali, perché comunque la classe era già assoggettata al capitale attraverso i sindacati di regime, di Stato, sindacati che sono la più grande eredità del fascismo che è stato sconfitto militarmente dalla seconda guerra mondiale ma sappiamo che in sostanza il fascismo ha generalizzato ovunque quello che era stato un esperimento in Italia: le corporazioni, che sono state completamente riprese dai sindacati postbellici.

La Cgil che risorge dopo la guerra ha tutta un'altra funzione, quella di condurre gli operai come un gregge sotto le forche caudine della ristrutturazione capitalistica e delle ricette neoliberiste.

E’ interessante quanto diceva il compagno della Dalmine in riferimento al fatto che ci accusano di guadagnare troppo, la risposta che noi dobbiamo dare è molto semplice: ma quanto vengono sfruttati gli operai di Dalmine, quanto è la parte della loro giornata lavorativa in cui essi riproducono il loro salario e qual è invece quella parte in cui essi producono plusvalore? Evidentemente la seconda parte è cresciuta enormemente, il tempo di riproduzione dei beni che formano il salario e quindi l'operaio compra di meno in termini di valori di uso, e questo è stato permesso soprattutto con l’aumento straordinario della produttività degli ultimi anni, che ha permesso al capitale di sopravvivere.

Per chiamare la grande massa proletaria alla lotta non serve un programma illuministico, noi non siamo le avanguardie letterarie che possiamo convertire il sentire proletario, l'esigenza di fare la rivoluzione. Non ci sono state mai rivoluzioni soltanto perché c'è stata la propaganda, la propaganda ha influito in alcuni settori, ma le rivoluzioni sono fatti oggettivi che maturano in condizioni oggettive. La prima cosa che serve è lavorare insieme, avere questi momenti di confronto e di unione, in cui si parla giustamente di un aspetto fondamentale che è quello della costruzione di un fronte unico di classe conflittuale. Le parole d'ordine, le indicazioni che dobbiamo avanzare in questo contesto sono molto semplici, sono più salario meno lavoro e salari per tutti i proletari che siano italiani o immigrati. Noi dobbiamo lottare con questi obiettivi non certo con la propaganda che indica i fini ultimi, perché i fini ultimi sono un qualcosa che appartiene a quell'organo della classe che è il partito; l’altro organo fondamentale della classe è il sindacato di classe combattivo che lotta per gli interessi economici immediati della classe, e attraverso questa lotta la classe va avanti e si pongono gli obiettivi storici del rovesciamento della classe borghese, dell'imposizione della dittatura del popolo italiano e dell'estinzione dello Stato.

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