Comitato Lavoratori delle Campagne
Si parla di “attivare un ospedale covid per asintomatici italiani e delle strutture abitative assolutamente confortevoli e dignitose per i cittadini extracomunitari.” Con queste parole si è espresso il direttore generale del policlinico Ospedali Riuniti di Foggia, esponendo le misure che verranno adottate per far fronte alla nuova ondata di contagi della provincia. In maniera diretta ed esplicita si fa quindi riferimento ad un trattamento differenziale per italiani e per extracomunitari, che si pone in diretta e coerente continuità con il generale processo di emarginazione e discriminazione a cui sono soggetti lavoratori e lavoratrici migranti, specie se neri e poveri. Già alcuni giorni fa, sempre nella provincia di Foggia, si sarebbero dovuti trasferire alcuni migranti positivi e asintomatici in un hotel a Lucera, operazione poi saltata per alcuni non specificati "interventi politici".
A Udine, intanto, trenta immigrati appena giunti in Italia sono stati rinchiusi dentro degli autobus per trascorrere la quarantena, senza servizi igenici e senza potersi lavare, guardati a vista dalle forze dell’ordine perchè non si allontanassero. Il prefetto ha motivato la scelta con l’impossibilità di reperire altri luoghi d’accoglienza. Peccato che, secondo il Decreto Cura Italia di Marzo, i prefetti abbiano acquisito anche il potere straordinario di requisire strutture alberghiere per ospitare chi è costretto all’isolamento ma non può farlo nel proprio domicilio. A quanto pare i super poteri non valgono se servono ad aiutare poveri e immigrati.
Questi fatti, tuttavia, non possono destare stupore se si considera che differenziale è stato il trattamento riservato alle persone migranti fin dal principio della pandemia. In molti luoghi di lavoro in tutta Italia e ancor di più nelle campagne lo sfruttamento ha significato una maggiore esposizione alla malattia e pochissime tutele e servizi, mentre le persone non hanno mai smesso di lavorare. L'assenza di contratti ha reso impossibile l'ottenimento di qualsiasi bonus da parte di chi lavora come stagionale in campagna, così come l'assenza di permesso di soggiorno e di residenza preclude a molti l'assistenza sanitaria. Senza dimenticare che vivere in un ghetto, in una tendopoli o in un fabbricato abbandonato, a volte senza acqua potabile e senza bagni, aumenta notevolmente i rischi di qualsiasi malattia. Da ben prima dell'emergenza chi è costretto a vivere in questi luoghi lotta per un concreto miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie: le istituzioni sono state mute rispetto a queste forti rivendicazioni. Mentre il tanto sbandierato presidio stabile del 118 a Borgo Mezzanone, di cui si era parlato in occasione della riuinione del 12 agosto scorso, rimane ancora una vuota promessa, dalle parole del direttore generale del Riuniti di Foggia emerge invece, la volontà di assecondare processi di esclusione e contenimento, generando ulteriore diffidenza e sospetto - quando non aperto razzismo - nei confronti degli immigrati.
La salute non è un privilegio, ma ora più che mai è evidente come la salute sia strettamente connessa al possesso di documenti e contratti in regola. Continuiamo a chiedere case vere, contratti e documenti, che sono l'unica garanzia di accesso a servizi e cure.
A Udine, intanto, trenta immigrati appena giunti in Italia sono stati rinchiusi dentro degli autobus per trascorrere la quarantena, senza servizi igenici e senza potersi lavare, guardati a vista dalle forze dell’ordine perchè non si allontanassero. Il prefetto ha motivato la scelta con l’impossibilità di reperire altri luoghi d’accoglienza. Peccato che, secondo il Decreto Cura Italia di Marzo, i prefetti abbiano acquisito anche il potere straordinario di requisire strutture alberghiere per ospitare chi è costretto all’isolamento ma non può farlo nel proprio domicilio. A quanto pare i super poteri non valgono se servono ad aiutare poveri e immigrati.
Questi fatti, tuttavia, non possono destare stupore se si considera che differenziale è stato il trattamento riservato alle persone migranti fin dal principio della pandemia. In molti luoghi di lavoro in tutta Italia e ancor di più nelle campagne lo sfruttamento ha significato una maggiore esposizione alla malattia e pochissime tutele e servizi, mentre le persone non hanno mai smesso di lavorare. L'assenza di contratti ha reso impossibile l'ottenimento di qualsiasi bonus da parte di chi lavora come stagionale in campagna, così come l'assenza di permesso di soggiorno e di residenza preclude a molti l'assistenza sanitaria. Senza dimenticare che vivere in un ghetto, in una tendopoli o in un fabbricato abbandonato, a volte senza acqua potabile e senza bagni, aumenta notevolmente i rischi di qualsiasi malattia. Da ben prima dell'emergenza chi è costretto a vivere in questi luoghi lotta per un concreto miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie: le istituzioni sono state mute rispetto a queste forti rivendicazioni. Mentre il tanto sbandierato presidio stabile del 118 a Borgo Mezzanone, di cui si era parlato in occasione della riuinione del 12 agosto scorso, rimane ancora una vuota promessa, dalle parole del direttore generale del Riuniti di Foggia emerge invece, la volontà di assecondare processi di esclusione e contenimento, generando ulteriore diffidenza e sospetto - quando non aperto razzismo - nei confronti degli immigrati.
La salute non è un privilegio, ma ora più che mai è evidente come la salute sia strettamente connessa al possesso di documenti e contratti in regola. Continuiamo a chiedere case vere, contratti e documenti, che sono l'unica garanzia di accesso a servizi e cure.
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