Nel mondo attualmente ci sono tanti “focolai di guerra” ben
accesi e in queste ore la tensione si è alzata ulteriormente per il controllo
strategico del Medio Oriente con l’invio di truppe contro l’Iran (accusato di
sostenere chi resiste nella guerra dello Yemen contro l’Arabia Saudita
finanziata apertamente dagli Usa che si sono rifiutati di cessare la vendita di
armi a questo paese fascista) e le minacciate sanzioni contro la Turchia che ha
acquistato dalla Russia missili S-400 per 2,5 miliardi di dollari.
L’imperialismo è guerra e l’attuale crisi mondiale non fa
che accentuarne tutte le caratteristiche assassine.
Un articolo della Repubblica di ieri riporta la notizia in
questo modo.
“Trump manda in Medio Oriente 1.500 soldati
Donald Trump ha autorizzato ieri l’invio in Medio Oriente di
droni, batterie di missili Patriot e oltre 1.500 truppe scelte del Pentagono. Dovrebbero
arrivare nella base aerea saudita di Prince Sultan. Sempre in Arabia Saudita
finiranno sofisticati sistemi d’arma americani, che la Casa Bianca ha deciso di
vendere a Riad aggirando un divieto imposto dal Congresso (e irritando i
democratici). Lo scopo di
questa escalation militare in chiara funzione anti-iraniana? Sono solo “misure di protezione”, minimizza Trump, che ha annunciato il build up (l’aumento della presenza, ndr) poco prima di partire per Tokyo, dove andrà a salutare il nuovo imperatore, e poi per Seul. La realtà è che le tensioni tra Washington e Teheran sono cresciute a tal punto da fare temere incidenti potenzialmente pericolosi. Trump, dopo essersi ritirato dall’accordo nucleare con l’Iran del 2015, che era stato avallato anche dell’Onu, ha imposto un embargo e nuove sanzioni che danneggiano l’economia iraniana e fomentano il malcontento interno. L’obiettivo? Convincere gli ayatollah ad accettare condizioni meno favorevoli del vecchio accordo firmato ai tempi di Barack Obama. Gli Usa hanno anche già spedito nella regione una portaerei con le sue unità navali e rafforzato la presenza dell’Air Force.
questa escalation militare in chiara funzione anti-iraniana? Sono solo “misure di protezione”, minimizza Trump, che ha annunciato il build up (l’aumento della presenza, ndr) poco prima di partire per Tokyo, dove andrà a salutare il nuovo imperatore, e poi per Seul. La realtà è che le tensioni tra Washington e Teheran sono cresciute a tal punto da fare temere incidenti potenzialmente pericolosi. Trump, dopo essersi ritirato dall’accordo nucleare con l’Iran del 2015, che era stato avallato anche dell’Onu, ha imposto un embargo e nuove sanzioni che danneggiano l’economia iraniana e fomentano il malcontento interno. L’obiettivo? Convincere gli ayatollah ad accettare condizioni meno favorevoli del vecchio accordo firmato ai tempi di Barack Obama. Gli Usa hanno anche già spedito nella regione una portaerei con le sue unità navali e rafforzato la presenza dell’Air Force.
Teheran risponde con parole minacciose. Lo stretto di Ormuz
è sempre sotto tiro da parte delle unità navali della guardia rivoluzionaria. E
secondo l’intelligence militare americana, l’Iran sarebbe responsabile del
recente attacco a quattro petroliere in un porto degli Emirati Arabi Uniti. “Ma
non penso che l’Iran voglia andare in guerra, tanto meno contro di noi”, ha osservato
ieri Trump, mostrandosi meno guerrafondaio di lunedì, quando aveva addirittura
previsto “la fine ufficiale dell’Iran” in caso di scontro armato.
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