domenica 26 maggio 2019

pc 26 maggio - L'inchiesta di Genova sui pestaggi fascisti della polizia - info

Pestaggio del giornalista di Repubblica: il cerchio ristretto a sette agenti

Sentito dai pm il vicequestore intervenuto per salvare Origone: "I miei colleghi non sono folli, lo hanno scambiato per un manifestante". Il Procuratore Cozzi:  « E così si può infierire su chiunque? — si chiede il procuratore capo -. Con la stessa logica del branco»

Fanno tutti parte del VI Reparto Mobile di Genova- Bolzaneto. Una delle squadre ( ciascuna composta da 10 agenti) comandate da Giampiero Bove, il vice questore che durante i tafferugli di giovedì scorso ha riconosciuto il nostro collega Stefano Origone e si è messo di mezzo per proteggerlo dalle manganellate dei suoi colleghi. « Mi ha salvato la vita — racconta Stefano al
procuratore capo Francesco Cozzi e all’aggiunto Francesco Pinto che ieri sono andati a trovarlo in ospedale — se non fosse stato per lui, non so come sarebbe finita».
La protezione al comizio di Casa-Pound con qualche decina di militanti fascisti in piazza Marsala e duemila antifascisti sparpagliati tra piazza Corvetto e le zone limitrofe, è finita con due dita maciullate ed operate d’urgenza a Stefano, una costola rotta e varie ecchimosi prodotte dalle manganellate sul corpo. Per ora 30 giorni di prognosi. Ed è finita con otto nomi già sotto l’attenzione del pm Gabriella Dotto a cui è stata assegnata l’inchiesta per lesioni personali. La lista degli otto agenti è stata fornita dallo stesso Bove, che ieri pomeriggio è salito a Palazzo di Giustizia ed è stato interrogato come testimone.
A quanto pare la squadra in tenuta antisommossa avrebbe scambiato Stefano per un manifestante: colpevole di essere in jeans, maglietta nera e giubbotto blu scuro. Il cronista, però, ha urlato con tutto il fiato di essere un giornalista, "ma non aveva una pettorina con la scritta stampa o press". « E così si può infierire su chiunque? — si chiede il procuratore capo -. Con la stessa logica del branco». Già, il branco, anche se il vice questore Bove dice all’Ansa: "Sicuramente si capirà quanto successo. Al di là delle immagini, i colleghi non sono così folli. E’ stato sicuramente un momento brutto, la magistratura chiarirà, ma i colpi non erano dati per uccidere". Eppoi: "Ho sentito urlare ‘sono un giornalista’ e siccome avevo visto Origone qualche secondo prima, ho ricollegato l’urlo a lui e mi sono catapultato per allontanare gli agenti".
Nei video acquisiti dalla polizia e dalla magistratura si vedono gli otto uomini accanirsi su Stefano già a terra. Uno degli agenti è inquadrato in viso; un altro non ha in mano un manganello, ma imbraccia un fucile di quelli che sparano lacrimogeni. Un altro ancora non è in tenuta antisommossa, ma in abiti borghesi con una felpa grigia. Non fa parte della squadra, ma del " dispositivo di difesa".
Secondo quanto dicono gli investigatori "non sarà difficile identificarli tutti". Si tratta però di capire chi ha fatto cosa, chi ha menato manganellate e chi invece ha cercato di contenere la follia; a chi addossare le responsabilità.
Stefano domani sarà interrogato dal pm Dotto. La Procura vuole fare in fretta, non vuole perdere tempo e già ieri il capo della Squadra Mobile, oltre ad una prima relazione scritta dal suo collega Bove, ha inoltrato una lista di nomi.

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