A 15 anni lottava sui monti della val Borbera
Novi Ligure piange Alessandro Ravazzano: si unì ai
partigiani ad appena 15 anni, dopo essere scampato alla deportazione in
Germania. Fu anche portiere per Torino e Novese
NOVI LIGURE – Il suo soprannome era
Cucciolo, perché era il più giovane del gruppo. Nato nel 1928, si era unito ai
partigiani ad appena 15 anni. Oggi però Novi Ligure deve dare l’addio a
quel ragazzo, Alessandro Ravazzano, uno degli ultimi testimoni viventi di quelle
pagine di storia eroiche e insieme terribili. Ravazzano si è spento nella sua
abitazione di via IV Novembre, amorevolmente assistito dalla moglie Maria
Gabriella Fossati e dal figlio Omar.
Ravazzano era diventato partigiano quasi “per ripicca”. Lui stesso, intervistato da Walter Delfini
, aveva raccontato che nella sua famiglia «c’era solo un generico antifascismo». Frequentava un istituto di formazione professionale e avrebbe dovuto pagare la tessera dei Balilla, solo che ci mise qualche mese a racimolare i soldi necessari: per questo, entrò nel mirino del direttore, che era al contrario uno squadrista della marcia su Roma. Un giovedì, Cucciolo non si presentò alla lezione di educazione fascista, «ma non per motivi politici, semplicemente perché eravamo ragazzi e a volte si faceva “puccia” a scuola» e il direttore lo malmenò.
Un piccolo episodio, certo, ma è la classica goccia che fa traboccare il vaso, già pieno di anni di angherie da parte dei fascisti locali. In seguito, Ravazzano viene arrestato e portato in una caserma dei carabinieri. Lì succede l’impensabile: il maresciallo comandante decide di disertare e apre le gabbie dei prigionieri. Dopo diverse peripezie, Ravazzano raggiunge la val Borbera e si unisce ai partigiani, dove partecipa alla battaglia di Pertuso. Il giorno dell’eccidio della Benedicta si trovava sulle alture di Sorli: «Da dove eravamo si è potuto assistere a quello che pensavamo fosse solo un incendio».
Una volta finita la guerra, Cucciolo poté dare corso alla propria passione per il calcio: fu terzo portiere del Torino (e scampò alla tragedia di Superga perché non partecipò alla trasferta di Lisbona) e negli anni seguenti divenne l’estremo difensore della Novese. Dipendente comunale, lavorò per la sua città fino alla pensione, negli anni Ottanta. I funerali si terranno con rito civile lunedì 27 maggio, alle 11.00, al cimitero di Novi.
Ravazzano era diventato partigiano quasi “per ripicca”. Lui stesso, intervistato da Walter Delfini
, aveva raccontato che nella sua famiglia «c’era solo un generico antifascismo». Frequentava un istituto di formazione professionale e avrebbe dovuto pagare la tessera dei Balilla, solo che ci mise qualche mese a racimolare i soldi necessari: per questo, entrò nel mirino del direttore, che era al contrario uno squadrista della marcia su Roma. Un giovedì, Cucciolo non si presentò alla lezione di educazione fascista, «ma non per motivi politici, semplicemente perché eravamo ragazzi e a volte si faceva “puccia” a scuola» e il direttore lo malmenò.
Un piccolo episodio, certo, ma è la classica goccia che fa traboccare il vaso, già pieno di anni di angherie da parte dei fascisti locali. In seguito, Ravazzano viene arrestato e portato in una caserma dei carabinieri. Lì succede l’impensabile: il maresciallo comandante decide di disertare e apre le gabbie dei prigionieri. Dopo diverse peripezie, Ravazzano raggiunge la val Borbera e si unisce ai partigiani, dove partecipa alla battaglia di Pertuso. Il giorno dell’eccidio della Benedicta si trovava sulle alture di Sorli: «Da dove eravamo si è potuto assistere a quello che pensavamo fosse solo un incendio».
Una volta finita la guerra, Cucciolo poté dare corso alla propria passione per il calcio: fu terzo portiere del Torino (e scampò alla tragedia di Superga perché non partecipò alla trasferta di Lisbona) e negli anni seguenti divenne l’estremo difensore della Novese. Dipendente comunale, lavorò per la sua città fino alla pensione, negli anni Ottanta. I funerali si terranno con rito civile lunedì 27 maggio, alle 11.00, al cimitero di Novi.
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