domenica 26 maggio 2019

pc 26 maggio - Editoriale - CONFINDUSTRIA/GOVERNO FASCIO POPULISTA: CONTRADDIZIONI MA PER DIFENDERE DI PIU' E MEGLIO GLI INTERESSI DEL CAPITALE

Nell'assemblea annuale degli imprenditori Boccia, che ha tenuto il suo ultimo discorso da Presidente di Confindustria, ha mostrato, senza neanche tanti mascheramenti, il rapporto contraddittorio che c'è tra il mondo degli industriali e il governo fascio-populista, in cui gli aspetti di insoddisfazione, a volte discordanza, di critica, sono sicuramente maggiori delle convergenze.

Il capitale - come peraltro ha detto Boccia: "la confindustria è equidistante da tutti i partiti ma non dalla politica", "non siamo nè maggioranza, nè opposizione, nè popolari, nè socialisti o populisti" ma "italiani, imprenditori, siamo Confindustria" - ha il colore politico dei soldi, dei suoi profitti; in generale, meglio un governo che riesca a tenere insieme le varie frazioni della borghesia, che mascheri la sua vera e perenne natura di "dittatura della borghesia" che un governo apertamente fascista; ma se è necessario va bene anche un governo fascista. Ma deve funzionare!

In questo senso sta la distanza, contraddizione dei padroni col governo Lega/M5S; il fatto che questo governo fascio-populista è quello attualmente possibile ma ancora non sufficiente, non adatto, “Noi
invece - ha detto Boccia - abbiamo bisogno di studiare, progettare, costruire”.
"La misura della distanza tra Confindustria che chiede una visione di lungo periodo e lo sguardo corto del governo è tutta in quei 11 muniti di applausi a Boccia e nei pochi secondi di tiepido battito
di mani riservato al premier Conte". Mentre di fatto a Salvini - che non c'era - sono state riservate da Boccia le sottolineature più pungenti: "il picco di decibel è quando il presidente di Confindustria attacca la «politica dei like», «la bulimia di consenso» che alimenta un «presentismo imperante che è una malattia molto grave" e che "impedisce di vedere oltre il finir del giorno. La superficialità si fa regola".

E Boccia e la platea degli industriali presenti hanno poi detto le cose che ancora non vanno: in sintesi occorrono fatti e questi tardano a venire.
"Occorre smettere di dividersi su promesse che non si possono mantenere"; "Con la lega condividiamo, anzi loro condividono con noi, il sì alla Tav (esprimendo su questo delusione verso la Lega per non averla ancora imposta); con i 5 stelle alcuni aspetti del Dl crescita. Ma per noi il governo è tutt'uno".
Ma – insiste Boccia - la politica deve riappropriarsi di «visione e coraggio» e la strada indicata è quella di un patto di unità nazionale con cui «governo e opposizioni collaborino tutti insieme» per una nuova politica «realista e pragmatica». E quindi ha indicato alcuni obiettivi urgenti:
"riaprire i cantieri-piano shock per le infrastrutture"; "detassazione e la decontribuzione totale dei premi di risultato stipulati dalla contrattazione aziendale"; "taglio del cuneo fiscale”, «ridurre il carico fiscale a vantaggio dei lavoratori» - cosa, quest'ultima, che indica chiaramente come i padroni non abbiano alcuna intenzione di dare aumenti salariali diretti ma di rispondere ai salari bloccati da anni, mentre la produttività è cresciuta, con un aumento minimo dei salari che arrivi non dalle loro tasche ma indirettamente dalla riduzione del costo del lavoro.

E ancora, guardando al funzionamento dello Stato che deve essere molto più efficiente per il capitale, il presidente della Confindustria ha chiesto: “tempi più rapidi per la giustizia, un salto di qualità nella pubblica amministrazione e il pagamento dei debiti di quest’ultima nei confronti delle imprese”, ecc.

Poi, allargando le questioni all'Europa ha detto che gli imprenditori chiedono "un’Europa più coesa e più forte che possa competere alla pari con giganti come Cina e Usa", attaccando di fatto una politica "sovranista" - che è in contrasto con l'azione globale del capitale; insieme al sollecito/critica a "rendere l’Italia più centrale in Europa, per diventare un modello di sostenibilità, per consolidare l’identità europea dei cittadini italiani"
Dietro ognuna di queste parole ci sono non “valori” ma i profitti, la competizione sui mercati, le guerre commerciali dentro l'Europa e sulla scena mondiale - e per questo, fa capire Boccia, non serve un governo litigioso, che sostituisce le parole ai fatti… Anche perché – aggiunge – le parole possono essere controproducenti e creare danni: «Le parole di chi governa non sono mai neutre: influenzano le decisioni di investitori, imprenditori, famiglie. Le parole che producono sfiducia sono contro l’interesse nazionale».
E su questo richiamo, quindi, Boccia rincara la dose: "il banco di prova per il governo sarà la prossima legge di bilancio. Al momento si prospetta una manovra «imponente» per il 2020 «da almeno 32 miliardi di euro: dobbiamo dirci con franchezza che non ci sono scelte semplici o indolori», e tra queste c'è, inevitabile, l’aumento dell’Iva: «Non è chiaro come vogliano evitarlo».

Chi si dovrà piangere queste "scelte non semplici e indolori"? Non ci vuole la zingara per capirlo: i lavoratori, le masse popolari, gli strati bassi della piccola borghesia. E la Confindustria sollecita il governo a darsi da fare, «Dobbiamo agire», un invito ripetuto ben sette volte”.

Interne a questa necessità di sviluppo dell’azione del capitale, e non certo come parentesi di attenzione sociale ai diritti dei giovani e dei migranti, o di improvvisa “spinta umanitaria” dei padroni, vanno viste le affermazioni di Boccia su, appunto, giovani/scuola e immigrati:
«Frontiere aperte», «inclusione attiva dei migranti» con citazione di papa Francesco: "Davvero pensiamo che la soluzione sia chiudere le frontiere? Noi no".
«Creiamo le condizioni per un grande piano di inclusione giovani per fermarne la fuga all’estero” - da qui il rinnovato richiamo al governo a fare presto per una effettiva riforma della scuola al servizio di forze utilizzabili dal capitale, con scuole che producano professionalità subito fruibili nei processi produttivi.
Il capitale ha bisogno di carne giovane, di ricambio e di immigrati contro l’invecchiamento della popolazione italiana. Da qui il suo “appello sociale”, che di sociale non ha niente, ma esprime solo l'interesse a sfruttare nuove forze-lavoro.
Ma, chiaramente, questo, in particolare la questione dei migranti, dell’apertura delle frontiere è oggi in aperto contrasto con la Lega di Salvini, ma anche con la posizione di Di Maio. E questa contraddizione si deve sciogliere...

Per ora, la conclusione verso il governo della relazione di Boccia è stata: “l’apertura a una stagione di collaborazione. Costruiamo insieme un piano triennale, credibile e ambizioso, che ci permetta di trattare con i partner europei un aggiustamento graduale, serio e strutturale, affiancato a misure per sostenere la difficile fase congiunturale». Boccia, in vista di una manovra che si prospetta possa costare 32 miliardi e con dati Istat che rivedono al ribasso la crescita del Pil nel 2019, stimandola al +0,3%, mentre Confindustria la prevede pari a zero, propone «al governo e alle opposizioni di collaborare insieme» con l’obiettivo di «evitare un autunno freddissimo per la nostra economia».
Una sorta di mano disponibile al governo, per fare insieme la mano dura e necessaria, i fatti a difesa dell’economia dei padroni; fatti che per i lavoratori e le masse popolari significheranno ancora più attacchi, ancora meno diritti, ancora più impoverimento, ancora più sfruttamento.

Infine, i sindacati confederali. Sono contenti e apprezzano la relazione di Boccia.
In particolare perché la relazione ad un certo punto ha richiamato, nei risultati positivi, il “patto di fabbrica” (ancora non del tutto decollato), e di questo patto lo stop al "dumping contrattuale con una legge sulla rappresentanza, per individuare «con certezza» quale sia il contratto collettivo da prendere a riferimento per la retribuzione giusta».
Una legge sulla rappresentanza che è, questa sì, interna al moderno fascismo, una legge che ufficializzi i “sindacati gialli”, corporativi, la cui “rappresentanza” è riconosciuta dai padroni e non dai lavoratori, a cui, invece, i sindacati registrati sono imposti; come sono imposti i “contratti” svendita firmati da queste OO.SS.
Il più d’accordo con Boccia è stato, ancora una volta, Maurizio Landini della Cgil che ha detto che la relazione di Boccia: «Ha certamente il pregio di sottolineare la rilevanza degli accordi sottoscritti, la necessità di pervenire a una legge sulla rappresentanza a partire dal recepimento delle intese sottoscritte unitariamente con tutte le parti sociali”.

In conclusione. Se c'è contraddizione, a volte anche contrasto tra padronato e governo fascio-populista, anzi tra padronato/Cgil, Cisl, Uil da un lato e Salvini/Di Maio dall'altra, questo contrasto riguarda solo come meglio, più rapidamente e con più efficacia si deve agire per sostenere gli interessi del capitale e per attaccare, peggiorare la condizione proletaria e delle masse popolari.
Ma questo pone ancora una volta e sempre di più la necessità che la classe operaia scenda in maniera indipendente in lotta contro entrambi i suoi nemici, e in questo si faccia riferimento di classe della protesta dei vari movimenti popolari.

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