La
guerra è da tempo tornata a essere lo strumento principe delle
politiche interne ed estere dei paesi occidentali. L’Alleanza Atlantica
(NATO) continua a essere, nonostante le crescenti contraddizioni tra i
principali paesi che la compongono, una coalizione in grado di
rispondere alle esigenze di proiezione bellica dell’apparato militare –
industriale statunitense ed europeo.
Superata
la crisi “esistenziale” causata della dissoluzione dell’URSS, la NATO
ha progressivamente riconvertito la sua “missione”: dai primi anni ’90
del secolo scorso sino ad oggi abbiamo assistito al perpetrarsi di
attacchi pretestuosi che hanno portato alla distruzione di interi Stati.
Un cliché ben oliato che ha preparato il terreno alla devastazione
dell’Iraq, della Jugoslavia, dell’Afghanistan, della Libia,
dell’Ucraina, della
Siria. Oggi è il Venezuela bolivariano ad essere sotto tiro. Cambiano i Continenti, non il modello di aggressione, che nelle mani sapienti degli strateghi del Pentagono si affina nel settore della “comunicazione deviante”, dato che l’intervento diretto ha dimostrato nei vari scenari la sua pericolosità per l’aggressore.
Siria. Oggi è il Venezuela bolivariano ad essere sotto tiro. Cambiano i Continenti, non il modello di aggressione, che nelle mani sapienti degli strateghi del Pentagono si affina nel settore della “comunicazione deviante”, dato che l’intervento diretto ha dimostrato nei vari scenari la sua pericolosità per l’aggressore.
Parliamo
della cosiddetta “Guerra di Quinta Generazione (G5G), dove si verifica
l’assassinio della verità e il tentativo della sua sostituzione con una
realtà-virtuale che serve per assoggettare, piegare popoli, assassinare
idee, e dove le vecchie armi e strumenti non sono più utili. Il termine
G5G è usato dagli strateghi statunitensi per definire l’ultima fase
della guerra nell’era della tecnologia informatica e delle comunicazioni
globalizzate. Ormai non sono più necessari eserciti per imporre
progetti politici, economici, sociali: i soldati di questa guerra non
sono più militari ma esperti di comunicazione in insurrezione e contro
insurrezione che sostituiscono le operazioni militari con quelle
psicologiche.
Nella
G5G (denominata anche guerra senza limiti), introdotta dal 2009 come
concetto strategico operativo negli interventi USA-NATO, non interessa
vincere o perdere, bensì demolire la forza intellettuale del nemico,
obbligandolo a cercare un compromesso,
avvalendosi di qualsiasi mezzo,
anche senza uso delle armi. Si tratta di una manipolazione diretta
dell’essere umano…. I mass media e i social sono parte integrante dello
schema di questa guerra, per generare destabilizzazione nella
popolazione attraverso operazioni di carattere psicologico prolungato;
si cerca di colpire la psiche collettiva, la razionalità e
l’emozionalità, oltre a contribuire allo sfascio politico e della
capacità di resistenza.
Si
conta su meccanismi scientifici di controllo totale attraverso non solo
la manipolazione dei mezzi di comunicazione e informazione ma anche dei
sistemi finanziari come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca
Mondiale, la Banca Interamericana dello Sviluppo, migliaia di fondazioni
e organizzazioni non governative”*
Il
cambio di paradigma nella conduzione della guerra spiega in parte il
ridimensionamento della presenza militare USA in Italia ed in Europa: se
non c’è bisogno di grandi dispiegamenti di forza per ottenere il
risultato della dissoluzione di Stati di piccola / media grandezza, ecco
che si “ottimizza” l’impegno bellico, diminuendo la quantità e
aumentando la qualità dei metodi e degli strumenti di aggressione. Il
ritiro degli USA dal Trattato sulle forze nucleari intermedie (INF – Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty),
siglato nel 1987 agli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica, rischia
seriamente di riaprire il discorso del posizionamento di armi (anche
nucleari) a media gettata sul territorio europeo che rischierebbero di
diventare oltretutto il bersaglio primario della Difesa russa.
Anche il ridimensionamento della base USA di Camp Darby rientra in questa strategia articolata, per cui da una parte si diminuisce lo spazio utilizzato e la quantità delle truppe, dall’altra si potenzia la sua funzione logistica, raddoppiando i trasporti verso i fronti di guerra, dove si usano truppe del luogo e/o le esigenze di alleati disponibili a “mettere la faccia” nelle aggressioni dirette, com’è successo nella devastazione della Libia, dove a dare il via ai bombardamenti fu la Francia di Sarkozy, così come nella guerra in Siria la funzione statunitense è stata di regia e coordinamento dell’aggressione, con pochissime truppe impegnate, ora in fase di ritiro.
Anche il ridimensionamento della base USA di Camp Darby rientra in questa strategia articolata, per cui da una parte si diminuisce lo spazio utilizzato e la quantità delle truppe, dall’altra si potenzia la sua funzione logistica, raddoppiando i trasporti verso i fronti di guerra, dove si usano truppe del luogo e/o le esigenze di alleati disponibili a “mettere la faccia” nelle aggressioni dirette, com’è successo nella devastazione della Libia, dove a dare il via ai bombardamenti fu la Francia di Sarkozy, così come nella guerra in Siria la funzione statunitense è stata di regia e coordinamento dell’aggressione, con pochissime truppe impegnate, ora in fase di ritiro.
Un
cambio di ruolo nei vari scenari dettato dal ridimensionamento degli
Stati Uniti nel mondo, di cui l’Amministrazione Trump è espressione
diretta. L’imperialismo statunitense sta tentando di ristabilire la sua
egemonia planetaria attraverso guerre economiche (i dazi) e mediatiche
(appunto, la G5G), cercando di riconquistare con tutti i mezzi il
proprio “giardino di casa”, quell’America Latina che da 20 anni sta
sperimentando l’Alba Latinoamericana come via di uscita dallo
sfruttamento secolare imposto dai paesi colonialisti europei prima e
dagli USA dalla seconda metà dell’800.
Il tentativo evidente è quello di accumulare il massimo delle forze economiche e militari per lo scontro con gli altri poli imperialisti (UE e Giappone) e contro i colossi economici orientali (Russia e Cina).
In questo progetto, la NATO è sempre più uno strumento di controllo e di coercizione del progetto imperialista europeo. Le sue basi militari nel cuore dell’Europa frenano e rinviano nel tempo il potenziale rafforzamento di quell’esercito messo in cantiere dall’Unione Europea.
La scadenza del 4 aprile 2019, che segna i 70 anni della nascita della NATO, ci dà quindi occasione per analizzare e denunciare il meccanismo bellico contemporaneo, caratterizzato dalla rinnovata competizione e aggressività interimperialista, determinata da una crisi del sistema capitalistico senza precedenti.
Il tentativo evidente è quello di accumulare il massimo delle forze economiche e militari per lo scontro con gli altri poli imperialisti (UE e Giappone) e contro i colossi economici orientali (Russia e Cina).
In questo progetto, la NATO è sempre più uno strumento di controllo e di coercizione del progetto imperialista europeo. Le sue basi militari nel cuore dell’Europa frenano e rinviano nel tempo il potenziale rafforzamento di quell’esercito messo in cantiere dall’Unione Europea.
La scadenza del 4 aprile 2019, che segna i 70 anni della nascita della NATO, ci dà quindi occasione per analizzare e denunciare il meccanismo bellico contemporaneo, caratterizzato dalla rinnovata competizione e aggressività interimperialista, determinata da una crisi del sistema capitalistico senza precedenti.
Potere
al Popolo! si batte per l’uscita dell’Italia dalla NATO e per il suo
scioglimento, ma anche contro le mire imperialistiche dell’Unione
Europea che sta facendo pagare ai lavoratori europei e africani i costi
del riarmo, della militarizzazione interna, delle aggressioni militari
dirette contro paesi e popoli a noi fratelli.
Solo
un rilancio forte della mobilitazione contro la guerra, la NATO e l’UE
potrà dare risposte concrete al bisogno di lavoro e sicurezza sociale di
centinaia di milioni di abitanti degli emisferi interessati alle
politiche aggressive dell’imperialismo occidentale.
Solo
l’internazionalismo potrà renderci immuni dalle infiltrazioni
nazionaliste e rosso – brune, che subdolamente tentano da anni di
inserirsi nelle mobilitazioni contro la guerra.
Su questi obiettivi Potere al Popolo! aderirà a tutte le mobilitazioni che si svolgeranno in Italia e nel mondo il 4 aprile e nei giorni successivi.
Su questi obiettivi Potere al Popolo! aderirà a tutte le mobilitazioni che si svolgeranno in Italia e nel mondo il 4 aprile e nei giorni successivi.
*Álvaro Verzi Rangel Sociologo venezuelano, Condirettore
dell’Osservatorio di Comunicazione e Democrazia e del Centro
Latinoamericano di Analisi Strategica (CLAE)
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