Giovani per la Rinascita Comunista in Francia (JRCF) | initiative-communiste.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
22/03/2019
Il fenomeno Netflix ha catturato l'intero pianeta: è un dato di fatto. Oggi il servizio video on demand in streaming costituisce un attore importante nel mondo della cultura. Concentrazione del capitale e dei mezzi di produzione culturale, modello economico e tecniche specifiche: questo articolo si propone di esplorare le questioni sollevate dal caso Netflix per costruire la base di una prospettiva comunista.
Pensiero unico e censura
Parlare di Netflix, e più in generale di qualsiasi innovazione tecnica in un particolare contesto storico-sociale, implica in primo luogo considerare oggettivamente su cosa poggia l'innovazione in questione: uno strumento. Netflix come piattaforma di streaming video coniuga un modello commerciale innovativo (l'abbonamento che fornisce accesso illimitato ad alcuni contenuti) a un mezzo tecnico, "infrastrutturale". Se vogliamo analizzare Netflix nell'uso fatto nella società - nella sua funzione culturale e antropologica - noi non parliamo dello strumento in sé, ma di come funziona questo strumento, o meglio, di come lo si fa funzionare.
Lo strumento di Netflix (la piattaforma di streaming con i suoi server, software, il suo modello di commercializzazione) condiziona l'utilizzo, è evidente. Non vi possono essere individui - o gruppi di
individui - che amano lo streaming se non esiste una piattaforma per lo streaming. Ma sarebbe un errore considerare l'uso (quante volte usiamo Netflix, il tipo di contenuti che possono essere visualizzati, gli obiettivi dichiarati o inconsapevoli di questa pratica, ecc.) come strettamente determinato dal solo strumento.
La nostra analisi dovrà porre attenzione sia all'uso (pratica e funzione sociale) che alla struttura (le condizioni materiali di utilizzo) che, nell'insieme, costituiscono la totalità del nostro caso di studio.
A proposito della categoria dell'insieme, dobbiamo spingere la logica fino in fondo, considerando che tutto ciò che è Netflix come oggetto di studio è intrappolato in un ordine superiore, vale a dire la società capitalistica in cui Netflix è pensato e utilizzato.
Una prospettiva comunista sulla questione di Netflix deve dunque partire dal primo termine della nostra equazione: la realtà materiale di Netflix. L'innovazione principale del sito di streaming non è il suo funzionamento dal punto di vista strettamente tecnologico. L'informatica ha permesso lo streaming molto prima della comparsa della piattaforma. L'innovazione principale è il suo modello di commercializzazione basato su abbonamenti con accesso a un enorme quantità di contenuti. Kinnari Naik dell'Università di Leicester ha calcolato che ci vorrebbero 3.274 ore di vita per guardare tutti i contenuti del sito.
La nostra prima valutazione implica una domanda sul modello commerciale: tale modello consente di remunerare equamente tutti i lavoratori coinvolti nel processo di produzione: dalla scrittura dello script alla condivisione online dei contenuti audiovisivi? Senza nemmeno dover argomentare una risposta negativa, possiamo già dire che, fintanto che una gerarchia capitalista sfrutta i lavoratori coinvolti, il problema del modello di commercializzazione è preceduto da quello del plusvalore.
Eliminare lo sfruttamento dei lavoratori, rimettendo i mezzi di produzione nelle mani di coloro che li usano è la condizione su cui possiamo considerare il problema del plusvalore in un aspetto "puramente" tecnico e non politico, nel senso della lotta di classe. In un'economia socialista, un equivalente di Netflix sarebbe di proprietà collettiva e il suo uso sarebbe oggetto di dibattito democratico. A questa condizione si potrebbe discutere senza ostacoli politici alla distribuzione del valore economico generato da un modello commerciale innovativo. Senza affrontare il problema alla radice (la questione del plusvalore), siamo condannati all'impotenza, nel senso che non viene messo in discussione il diritto di una minoranza di imprenditori capitalisti a decidere per tutti.
Oltre al modello di commercializzazione, quello che fa la forza di Netflix (e di molti altri servizi online come Facebook, Youtube, ecc) è l'effetto della piattaforma. L'ospite di contenuti internet beneficia di questo effetto nel momento in cui la quantità di dati ospitati raggiunge una certa "massa critica". Maggiore è la massa di dati, più è probabile che l'utente trovi ciò che sta cercando su una piattaforma, parallelamente diventa meno interessante albergare contenuti altrove. In termini economici si potrebbe dire che i costi di transazione per passare da un webhost a un altro aumentano come il passaggio da un host "grande" a uno "piccolo". Molto semplicemente, è più interessante pagare 10 euro al mese per accedere a 5 milioni di film che pagare lo stesso importo per accedere a 500.000 film, anche di migliore qualità.
Questo effetto piattaforma spinge quasi inevitabilmente alla concentrazione dei contenuti. Solo una grande innovazione può rompere un effetto piattaforma preesistente, vedi ad esempio come Facebook ha sostituito MySpace a metà degli anni 2000 con le sue caratteristiche e l'interfaccia radicalmente nuove.
Tale "interruzione" è molto meno probabile che si verifichi oggi, in quanto il mercato dei servizi online è sempre più dominato da una frazione del capitale che si è concentrata analogamente alla concentrazione dei contenuti. Oggi Facebook si sta proteggendo da qualsiasi competizione acquistando i servizi che un giorno potrebbero aspirare a cacciare sul proprio territorio (Instagram, WhatsApp...).
Il doppio movimento di concentrazione dei contenuti e di capitale è visto dai comunisti in una prospettiva tecnica (il vantaggio oggettivo di beneficiare di effetti piattaforma, il vantaggio oggettivo di concentrare mezzi di produzione per consentire al maggior numero di persone di consumare prodotti culturali) ma anche in una prospettiva politica. Nel condurre la lotta sul campo della lotta di classe, combattiamo perché le innovazioni socialmente utili portate da Netflix possano essere consegnate nelle mani di tutti coloro che ne beneficiano e vi contribuiscono: i lavoratori e, in definitiva, la società in cui vivono nel suo insieme. In una società socialista diventa possibile immaginare un servizio pubblico culturale che garantisca a tutti un accesso uguale ai contenuti audiovisivi in questione. In questo contesto l'infrastruttura informatica e il modello commerciale dell'abbonamento possono essere supporti formidabili per un'equa distribuzione della cultura. Nella società capitalista prevale un altro uso, che mostreremo qui.
Per quanto riguarda l'uso fatto della piattaforma, dobbiamo prima vedere qual è il catalogo che Netflix offre. Occorre anche osservare che da semplice piattaforma, la compagnia americana è diventata un grande produttore, con 80 film nel 2018. Con un utile netto di 1,2 miliardi di dollari nel 2018, Netflix è un gigante il cui peso decisionale nel mondo del business culturale è in continua ascesa. Nello stesso modo in cui possiamo criticare la produzione della Marvel (proprietà Disney) per l'accumulo di pellicole in salsa di supereroi, dobbiamo criticare Netflix per il tipo di contenuti offerti sulla piattaforma.
Per ingigantirsi, Netflix ha fatto la scommessa dell'eclettismo: essere una società che non va per il sottile dà la possibilità a scrittori, registi e attori poco noti al pubblico. Questa strategia che consiste nel creare il repertorio più ampio, più diversificato (ma soprattutto più redditizio) possibile, consente l'acquisizione di insospettate perle rare e la creazione di una fascia di contenuti esclusivi contrastando così, leggermente, la dipendenza dai grandi produttori del calibro di Warner Bros, Disney e altri (perché sono questi produttori che concedono a Netflix le licenze di diffusione delle opere di cui sono proprietari).
Se si può apprezzare che Netflix dia una possibilità ad artisti sconosciuti, non bisogna dedurre che ciò sia frutto di benevolenza e predilezione per la diversità culturale. Netflix affronta una forte concorrenza sul mercato dei video on demand e utilizza l'eclettismo solo per motivi economici. Un servizio pubblico culturale che utilizzi i metodi della società di Los Gatos (quartier generale di Netflix in California) avrebbe la missione di finanziare la creazione artistica più diversificata possibile, ma senza l'obiettivo primario del profitto, che invece prevale tra le grandi aziende del settore. In questa prospettiva, un abbonamento pagato mensilmente dagli utenti non finanzierebbe un panel predefinito di grandi produzioni destinate al pubblico di massa, ma potrebbe invece stabilire una forma di solidarietà verso le piccole produzioni artistiche.
Ora si tratta di vedere in che direzione porta l'emergere di giganti nel settore della cultura. Qui la critica abbraccia molti attori, da Universal a Netflix attraverso Warner, Disney e tutte le maggiori compagnie che fanno l'egemonia culturale del capitale nella sfera della produzione cinematrografica e musicale.
Il rischio è già realtà. La stragrande maggioranza dei prodotti con cui viene alimentato il pubblico diffondono ideologie che accrescono il dominio del capitale sulla mente. Si veda, ad esempio, l'ultima stagione della serie House of Cards prodotta da Netflix. A seguito delle difficoltà con la giustizia dell'attore Kevin Spacey a cui vengono addebitate accuse di molestie sessuali, l'ultima stagione ha preso una svolta in linea con un femminismo liberale. Il movimento #MeToo appare in filigrana per tutta la stagione, attraverso la figura di Claire Underwood (moglie del presidente Frank Underwood interpretato da Spacey). Il modello di lotta femminista borghese diventa il tema centrale di una serie in cui il cinismo politico è il filo rosso. Ciò solleva molte domande sulla sincerità di questo attivismo. Che dire dell'emancipazione delle donne proletarie? Che dire del vero femminismo incarnato dalle figure comuniste di Clara Zetkin e Angela Davis? Quale sincerità può venir riconosciuta alla linea politica implicita che difende la serie nella sua ultima stagione? Chiariamoci: il nostro soggetto non è il movimento Metoo (che è in primo luogo l'espressione legittima di persone che hanno subito violenza sessuale), ma il recupero da parte del capitale di questioni "sociali" per fare a pezzi rivendicazioni sociali di un proletariato in lotta.
La commedia ordinaria della borghesia si diffonde sullo schermo in modo continuo: ingiunzioni morali o il politicamente corretto giocano più che mai il loro ruolo nella frantumazione della coscienza di classe. Dagli schermi ci dicono: "guardate i gilet gialli: sono reazionari! Guardate le masse avide del sangue ebraico, di omosessuali o di donne! Come riconoscere a questi bruti un solo centesimo in più in busta paga? Ne farebbero buon uso?". Questa commedia in cui i peggiori reazionari della borghesia si ammantano di virtù, è il gioco del grande capitale. Questo gioco impone le regole del dibattito alla maggioranza attraverso l'influenza dei monopoli della cultura. Di fronte a questo, i comunisti sostengono che il grande capitale continuerà a diffondere le sue ideologie anti-sociali finché ne avrà i mezzi: per garantirsi la sopravvivenza.
Tuttavia... Netflix con la scommessa dell'eclettismo e la legge del mercato, deve soddisfare una parte della domanda proveniente da gruppi di protesta della popolazione. E' l'esempio della serie brasiliana "3%", in cui è ritratta una società distopica dove il 3% dei privilegiati mantengono sotto il loro controllo il resto della società, che incarna alla perfezione l'emergere di una disillusione via via maggiore per la società capitalista. Si potrebbe dire che con produzioni di questo tipo, Netflix susciti nella mente delle persone aspirazioni politiche contrarie ai suoi interessi. Come disse Lenin: "I capitalisti ci venderanno la corda con cui li impiccheremo".
Ma i comunisti non devono farsi illusioni sul reale potenziale sovversivo di tali produzioni, in primo luogo perché sono calate in complesso culturale in cui l'alternativa al capitalismo, il socialismo-comunismo, non è mai presentato in una luce favorevole. Se fioriscono le serie e film distopici, ancora latitano artisti che offrano opere su un futuro invidiabile, al quale dedicare una lotta politica. Per il capitale è un bene che le persone languano in un universo mentale distopico dove ogni speranza è persa.
In conclusione possiamo parlare di un'opinione articolata sulla questione di Netflix. In quanto frazione concentrata del grande capitale mondiale, in quanto strumento di egemonia culturale, vacillante ma vivo, Netflix si annovera tra i nemici politici del comunismo. In quanto modello economico e tecnico innovativo, Netflix offre elementi interessanti per chi vuole costruire una cultura democratizzata per un mondo socialista.
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