«Violentata a Ventimiglia da un migrante senegalese», ma si era inventata tutto
La giovane si era unita al presidio dei No Border che nell’estate 2015 si era stabilito a Ponte San Ludovico per sostenere la battaglia dei profughi, “bloccati” dalla polizia francese. Seppure non
avesse esperienza come attivista, la volontaria aveva cercato di guadagnarsi un suo spazio all’interno del presidio. Fino a quando, il 23 settembre, aveva denunciato alla polizia di essere stata vittima di uno stupro. Agli agenti del commissariato di Ventimiglia aveva in particolare raccontato di essere stata raggiunta da un profugo senegalese mentre stava facendo la doccia e che l’uomo, dopo averla inizialmente «baciata con tenerezza», prima l’aveva stretta con forza, per poi spingerla contro la parete della doccia a abusare sessualmente di lei. Un racconto che aveva ribadito ad una investigatrice una decina di giorni dopo, aggiungendo anche un particolare: per sottolineare la «forza» dell’azione sessuale, aveva usato una frase perlomeno singolare per descrivere il presunto stupratore: «Posso dire che era uno come Rocco Siffredi», facendo riferimento al noto ex pornodivo italiano.
La denuncia della violenza sessuale aveva suscitato reazioni sdegnate, e messo in difficoltà gli stessi No Border, che avevano fin da subito sollevato molti dubbi sulla veridicità del racconto della volontaria. Dalle successive indagini, quindi, non erano emersi riscontri alla versione della giovane. Alla fine, lo stupro si era rivelato un’invenzione. In aula, lunedì 12 marzo, hanno testimoniato proprio le poliziotte che avevano raccolto la prima denuncia e la successiva deposizione, confermando di avere fin da subito sospettato che l’imputata non avesse detto la verità. Evidenziando come fosse «troppo tranquilla» per essere una vittima di violenza sessuale. Il processo è stato rinviato al 10 dicembre per sentire altri testi e per la probabile sentenza. La giovane, in aula, non c’era.
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