Lo scorso 9 ottobre una barca
salpata probabilmente dall’arcipelago delle isole Kerkennah (al
largo di Sfax, la seconda città della Tunisia) è stata speronata da
una nave della marina militare tunisina provocandone l’affondamento.
Alcuni sopravvissuti hanno specificato che la barca è stata
inseguita per circa due ore e colpita con getti d’acqua e poi
infine speronata
Un atto senza precedenti, che
replica quando in passato era stato fatto dalle navi della marina
italiana, avvenuto a 50 km dalle isole di Kerkennah.
Il bilancio provvisorio e in
continuo aggiornamento parla di 8 morti ripescati dalla marina
tunisina e una quarantina di dispersi.
Ultimamente sempre più giovani
tunisini hanno ricominciato a prendere la via della fuga dal paese
attanagliati da disoccupazione e peggioramento progressivo delle
condizioni di vita.
Infatti il governo attuale alla
stregua di tutti quelli precedenti non è riuscito a risolvere
nessuno dei
problemi che il popolo tunisino aveva posto durante la grande Rivolta Popolare del 2010/2011 sintetizzati dallo slogan Choghl, Hurria, Karama Watania (lavoro, libertà, dignità nazionale). Come si accennava poc’anzi la disoccupazione e in continuo aumento e, anche in certi settori dove vi è domanda di lavoro e contemporaneamente un’offerta corrispondente (per esempio nell’insegnamento) il governo non è in grado di coordinare i semplici passaggi burocratici con il risultato, nel nostro caso, che molte scuole elementari e licei rimangono scoperti.
problemi che il popolo tunisino aveva posto durante la grande Rivolta Popolare del 2010/2011 sintetizzati dallo slogan Choghl, Hurria, Karama Watania (lavoro, libertà, dignità nazionale). Come si accennava poc’anzi la disoccupazione e in continuo aumento e, anche in certi settori dove vi è domanda di lavoro e contemporaneamente un’offerta corrispondente (per esempio nell’insegnamento) il governo non è in grado di coordinare i semplici passaggi burocratici con il risultato, nel nostro caso, che molte scuole elementari e licei rimangono scoperti.
Per
quanto riguarda la libertà, che era parzialmente una delle poche
conquiste immediate della rivolta, essa è attentata quotidianamente
dallo stato di polizia e dai suoi esecutori “intoccabili.” Dalle
libertà individuali (in particolare le donne vengono doppiamente
penalizzate) a quella di espressione, di sciopero e cosi via.
La
dignità nazionale è continuamente calpestata dal comitato d’affari
al potere che fa arricchire un’esigua minoranza e allo stesso tempo
regala le risorse nazionali ai paesi imperialisti a partire dall’ex
madrepatria, la Francia e a seguire l’Italia, la Germania e gli
USA. Tutta quest’operazione che relega il paese a essere
continuamente dipendente dall’imperialismo, viene presentato
tramite appositi “spot pubblicitari” come “opportunità” di
sviluppo: “alla Tunisia servono più investimenti stranieri per
svilupparsi”.
Recentemente
il principale di questi “spot pubblicitari” ha preso il nome di
“Tunisia 2020” una grande conferenza tenutasi lo scorso anno in
cui sono stati invitati decine di paesi esteri investitori cosi come
alcune organizzazioni internazionali finanziarie imperialiste come la
BM, il FMI e la Banca Europea per gli Investimenti. Per dirla brutale
una sorta di vendita all’asta delle risorse nazionali al miglior
offerente straniero.
In
questo contesto è chiaro come un giovane possa pensare alla
possibilità di fuga da un paese che non gli offre un lavoro per
vivere, dove anche momenti semplici della vita quotidiana come avere
rapporti con l’altro sesso (a partire anche da una semplice
effusione) può essere a rischio di galera per “attentato al
pudore”, finanche una passeggiata per strada mano nella mano può
provocare il “sospetto” degli intoccabili in divisa che si
sentono in “dovere” di chiedere documenti e fare domande,
addirittura in alcuni casi nascono sospetti anche se ci si trova tra
amici in un’altra città di quella di appartenenza (!).
Lo
stesso zelo non viene applicato dagli “intoccabili” in divisa
quando durante il corso di una giornata una donna è oggetto di
decine di fastidiose attenzioni esplicite, in quel caso il “pubblico
pudore” è pienamente rispettato.
Molti
giovani quindi ad un certo punto arrivano al limite di sopportazione
e prendono la decisione di uscire da questo “inferno”, altri
invece reagiscono con il totale rifiuto di queste restrizioni,
“sfidandole” continuamente individualmente adottando un proprio
stile di vita e correndo il rischio e, nel migliore dei casi
dedicandosi all’attivismo politico e culturale.
In
Europa tutta questa complessità enunciata qui molto sommariamente,
ma che meriterebbe una ben più ampia analisi, viene liquidata spesso
con un banale “aiutiamoli a casa loro” quando il nostro governo
al contrario è il secondo responsabile per importanza nell’
“aiutare” il regime repressivo tunisino sia da un punto di vista
politico che economico.
Tra
l’altro inizia a trapelare in queste ore un’indiscrezione
interessante che potrebbe legare le responsabilità tunisine a quelle
dell’imperialismo italiano in questa tragedia: lo
stesso giorno, la fregata italiana “Alpino” sarebbe attraccata al
porto di Tunisi de la Goulette per degli incontri congiunti
italo-tunisini riguardanti “la sorveglianza marittima, la ricerca e
il salvataggio in mare e la lotta contro le operazioni illecite, con
la partecipazione di unità marittime e aeree dei due paesi”.
Quindi
sembra che l’imperialismo italiano dopo la Libia voglia agire
similmente anche in Tunisia…
intanto
i familiari delle vittime dello speronamento stanno protestando in
sit-in. Seguiranno aggiornamenti...
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