mercoledì 11 ottobre 2017

pc 11 ottobre - Corrispondenza dalla Tunisia sulla nave della marina militare tunisina. Probabile implicazione del governo italiano?

Lo scorso 9 ottobre una barca salpata probabilmente dall’arcipelago delle isole Kerkennah (al largo di Sfax, la seconda città della Tunisia) è stata speronata da una nave della marina militare tunisina provocandone l’affondamento. Alcuni sopravvissuti hanno specificato che la barca è stata inseguita per circa due ore e colpita con getti d’acqua e poi infine speronata
Un atto senza precedenti, che replica quando in passato era stato fatto dalle navi della marina italiana, avvenuto a 50 km dalle isole di Kerkennah.
Il bilancio provvisorio e in continuo aggiornamento parla di 8 morti ripescati dalla marina tunisina e una quarantina di dispersi.

Ultimamente sempre più giovani tunisini hanno ricominciato a prendere la via della fuga dal paese attanagliati da disoccupazione e peggioramento progressivo delle condizioni di vita.
Infatti il governo attuale alla stregua di tutti quelli precedenti non è riuscito a risolvere nessuno dei
problemi che il popolo tunisino aveva posto durante la grande Rivolta Popolare del 2010/2011 sintetizzati dallo slogan Choghl, Hurria, Karama Watania (lavoro, libertà, dignità nazionale). Come si accennava poc’anzi la disoccupazione e in continuo aumento e, anche in certi settori dove vi è domanda di lavoro e contemporaneamente un’offerta corrispondente (per esempio nell’insegnamento) il governo non è in grado di coordinare i semplici passaggi burocratici con il risultato, nel nostro caso, che molte scuole elementari e licei rimangono scoperti.
Per quanto riguarda la libertà, che era parzialmente una delle poche conquiste immediate della rivolta, essa è attentata quotidianamente dallo stato di polizia e dai suoi esecutori “intoccabili.” Dalle libertà individuali (in particolare le donne vengono doppiamente penalizzate) a quella di espressione, di sciopero e cosi via.
La dignità nazionale è continuamente calpestata dal comitato d’affari al potere che fa arricchire un’esigua minoranza e allo stesso tempo regala le risorse nazionali ai paesi imperialisti a partire dall’ex madrepatria, la Francia e a seguire l’Italia, la Germania e gli USA. Tutta quest’operazione che relega il paese a essere continuamente dipendente dall’imperialismo, viene presentato tramite appositi “spot pubblicitari” come “opportunità” di sviluppo: “alla Tunisia servono più investimenti stranieri per svilupparsi”.
Recentemente il principale di questi “spot pubblicitari” ha preso il nome di “Tunisia 2020” una grande conferenza tenutasi lo scorso anno in cui sono stati invitati decine di paesi esteri investitori cosi come alcune organizzazioni internazionali finanziarie imperialiste come la BM, il FMI e la Banca Europea per gli Investimenti. Per dirla brutale una sorta di vendita all’asta delle risorse nazionali al miglior offerente straniero.

In questo contesto è chiaro come un giovane possa pensare alla possibilità di fuga da un paese che non gli offre un lavoro per vivere, dove anche momenti semplici della vita quotidiana come avere rapporti con l’altro sesso (a partire anche da una semplice effusione) può essere a rischio di galera per “attentato al pudore”, finanche una passeggiata per strada mano nella mano può provocare il “sospetto” degli intoccabili in divisa che si sentono in “dovere” di chiedere documenti e fare domande, addirittura in alcuni casi nascono sospetti anche se ci si trova tra amici in un’altra città di quella di appartenenza (!).
Lo stesso zelo non viene applicato dagli “intoccabili” in divisa quando durante il corso di una giornata una donna è oggetto di decine di fastidiose attenzioni esplicite, in quel caso il “pubblico pudore” è pienamente rispettato.
Molti giovani quindi ad un certo punto arrivano al limite di sopportazione e prendono la decisione di uscire da questo “inferno”, altri invece reagiscono con il totale rifiuto di queste restrizioni, “sfidandole” continuamente individualmente adottando un proprio stile di vita e correndo il rischio e, nel migliore dei casi dedicandosi all’attivismo politico e culturale.

In Europa tutta questa complessità enunciata qui molto sommariamente, ma che meriterebbe una ben più ampia analisi, viene liquidata spesso con un banale “aiutiamoli a casa loro” quando il nostro governo al contrario è il secondo responsabile per importanza nell’ “aiutare” il regime repressivo tunisino sia da un punto di vista politico che economico.
Tra l’altro inizia a trapelare in queste ore un’indiscrezione interessante che potrebbe legare le responsabilità tunisine a quelle dell’imperialismo italiano in questa tragedia: lo stesso giorno, la fregata italiana “Alpino” sarebbe attraccata al porto di Tunisi de la Goulette per degli incontri congiunti italo-tunisini riguardanti “la sorveglianza marittima, la ricerca e il salvataggio in mare e la lotta contro le operazioni illecite, con la partecipazione di unità marittime e aeree dei due paesi”.

Quindi sembra che l’imperialismo italiano dopo la Libia voglia agire similmente anche in Tunisia…
intanto i familiari delle vittime dello speronamento stanno protestando in sit-in. Seguiranno aggiornamenti...

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