stralci da un articolo de
La Riscossa * | lariscossa.com
04/10/2017
Pochi giorni fa il "Sole 24 Ore", giornale della Confindustria italiana, ha pubblicato un articolo di Michael Walzer dal titolo ambizioso: "La verità sulla Rivoluzione d'ottobre". L'autore sostiene che la rivoluzione sovietica si sia rivelata «un disastro per il popolo russo, per l'Europa, per la sinistra in tutto il mondo». L'articolo è un breve condensato di alcune delle tesi più anticomuniste, che è bene smontare, punto per punto perdendo un po' di tempo.
1.
In primis si afferma che la «società russa non era pronta a appoggiare e sostenere una rivoluzione autenticamente socialista e democratica» come d'altronde – secondo l'autore – era sottinteso dal pensiero di Marx, le cui previsioni erano al contrario «ambiziose e giuste».
A smontare questa tesi – che poi è sempre stata quella socialdemocratica, dei menscevichi in Russia, e persino di qualche socialista di sinistra – prima di considerazioni storiche più approfondite, basta una domanda. Tutto ciò che si sostiene è storicamente imputabile a chi la rivoluzione l'ha fatta o a chi non è stato in grado di farla? Quando viene issata sul Palazzo d'Inverno la bandiera rossa, i
bolscevichi pensano di compiere il primo passo verso la sollevazione di tutto il continente europeo. Mentre la socialdemocrazia europea, in maggioranza e a partire dal suo partito guida, la SPD tedesca, accetta di votare i crediti di guerra, appoggiando la borghesia del proprio paese, e rendendosi corresponsabile della prima guerra mondiale, una minoranza socialista, tra cui i bolscevichi, comprende che di fronte a quell'appuntamento della storia, il movimento socialista ha il dovere di levare in alto la bandiera dell'internazionalismo e della lotta all'imperialismo. Si creano oggettivamente delle condizioni in cui il terreno per alla rivoluzione risiede nella grande mobilitazione delle masse, operaie e contadine, al fronte di guerra, in cui – per dirla con un'espressione leninista – la rivoluzione potesse scaturire dall'anello debole della catena imperialista. Questo accade, ed è la linfa nuova che il leninismo apporta all'analisi marxista, liberandola dalla caricatura di se stessa che ne aveva fatto la socialdemocrazia.
I comunisti russi sono ben coscienti dell'arretratezza economica della Russia zarista, della scarsa industrializzazione, eccetto pochi distretti – da cui parte la rivoluzione – e di conseguenza della minoranza del proletariato nella società russa. I primi atti della Rivoluzione d'Ottobre sono tesi, non ad affermare un potere a livello locale, ma a dare impulso alla sollevazione di tutti i popoli. Solo progressivamente, quando la rivoluzione sarà sconfitta nel resto d'Europa, essa sarà costretta – dalla condizione storica di una rivoluzione europea fallita e non da una volontà politica pregressa dei bolscevichi – a rafforzarsi come stato socialista in un contesto ostile di stati capitalistici...
2.
Di conseguenza, sostiene l'autore, la rivoluzione si è rivelata «un disastro per il popolo russo» e segue la consueta lista dei luoghi comuni sui milioni di morti, gulag e così via. L'autore omette di ricordare che la Rivoluzione sovietica ebbe il merito storico di trasformare un paese arretrato nella seconda potenza economica del mondo, creando un sistema che ha potuto competere – e qualche volta risultare vincente – rispetto al capitalismo. La condizione della Russia sovietica nei primi anni è frutto dell'arretratezza allo sviluppo industriale nell'impero zarista, dei problemi irrisolti dell'agricoltura con la presenza di grandi latifondi e una massa di contadini. Si acuisce con la guerra civile – non certo cercata e voluta dai bolscevichi – ma conseguenza della pressione imperialista sul paese, con le pesanti conseguenze di una pace nel conflitto mondiale in cui non erano stati i bolscevichi di certo a voler entrare. Nonostante tutto ciò, in pochi anni l'URSS diverrà una potenza industriale nelle mani dei lavoratori stessi, conseguendo risultati in campo scientifico, tecnico, sanitario che hanno pochi pari nella storia. Tra i primi atti del potere sovietico e nell'impegno conseguente negli anni successivi, ci sono il pieno riconoscimento dei diritti delle classe operaia, dei contadini; l'autodeterminazione dei popoli sovietici, con la tutela e il riconoscimento delle minoranze etniche e linguistiche (mentre nel resto d'Europa il colonialismo diffondeva razzismo e segregazione); la piena equiparazione della donna (la prima ministra donna è sovietica), il riconoscimento dei diritti di maternità; il divieto del lavoro minorile e l'universalizzazione dell'istruzione che farà dell'URSS il primo stato a debellare l'analfabetismo e garantire un'istruzione gratuita fino ai livelli universitari. Il socialismo ha dato a tutte le famiglie sovietiche una casa, una sanità di primo livello e completamente gratuita, l'accesso alle attività sportive, la possibilità di godere del proprio tempo libero, di vacanze, di vasti progetti culturali in ogni campo. Gli scienziati sovietici hanno primeggiato a livello mondiale; molte delle tecnologie che oggi usiamo sono frutto di quelle scoperte che portarono l'URSS e l'uomo nello spazio, ma che diedero impulso anche nella medicina, nelle coltivazioni, nella conoscenza del nostro pianeta. Il popolo sovietico potè usufruire di diritti sociali ad un livello che non ha avuto pari nella storia mondiale.
Tutto questo, e molto altro, viene omesso nell'articolo del Sole 24 Ore. Era davvero «un disastro per il popolo russo» un sistema, quello socialista, che garantì tutto questo, nonostante l'accerchiamento a cui era sottoposto?...
3.
Sostiene poi l'autore che la rivoluzione sovietica sia stata un «disastro per l'Europa». Si attacca in primo luogo la linea dei comunisti tedeschi, che «sotto la direzione di Mosca, combattendo contro i socialdemocratici ha contribuito a portare i nazisti al potere». Si prosegue poi con il «patto Hitler- Stalin» (una volta si chiamava patto Ribentropp-Molotov, ma evidentemente non è abbastanza efficace propagandisticamente per far passare il messaggio dell'equiparazione) e infime con i regimi dittatoriali nell'Est dopo la guerra. Aprendo il capitolo seconda guerra mondiale, balza subito all'occhio come l'autore dimentichi quel piccolo particolare, inutile per la storia, del contributo decisivo dell'URSS alla sconfitta del nazifascismo. Non fu un caso della storia che la bandiera issata sul Reichstag fosse sovietica. L'impietoso confronto del numero dei morti, civili e militari della guerra, che fotografa la durezza dei mesi d'invasione tedesca nell'URSS e l'impegno militare sostenuto per la maggior parte della guerra senza aiuto alleato sul campo, da solo basta a rendere la tesi del Sole 24 Ore, storicamente penosa. Ma bisogna andare a fondo.
La vecchia trita e ritrita storia delle divisioni della sinistra come causa della vittoria del nazi-fascismo, dimenticano le profonde responsabilità della socialdemocrazia che, allontanandosi da ogni prospettiva rivoluzionaria, e accettando passivamente l'evoluzione dei fatti, continuando a inseguire i partiti borghesi, fu il terreno di coltura principale del nazi-fascismo. Si dimentica di dire nell'articolo che la condotta dei comunisti tedeschi, il loro giudizio sulla socialdemocrazia, era determinato dal posizionamento della SPD nella rivoluzione tedesca, dalla uccisione di Liebknecht e Rosa Luxembourg sotto un governo che aveva un ministro degli interni socialdemocratico. Si dimentica ovviamente di affermare le responsabilità del grande capitale italiano e tedesco che ricorse al fascismo come strumento per reprimere la classe operaia e evitare ogni insurrezione rivoluzionaria. Ma questo ovviamente dal giornale di Confindustria non possiamo che aspettarcelo. Si dimentica di ricordare che i primi a subire i provvedimenti del nazismo, furono, non a caso, i comunisti e che in Germania, come prima in Italia, furono i soli a voler apprestare delle soluzioni concrete e organizzare i lavoratori per opporsi al fascismo.
La menzogna sul patto Ribentropp-Molotov dimentica gli appelli rivolti dall'internazionale e dall'URSS per un'azione decisa contro il fascismo, dimentica il piano delle potenze europee di lasciar scatenare ad Est la furia nazista, in ottica antisovietica, che sarebbe tornata utile alla difesa delle borghesie di tutto il continente. La mossa tattica fu fondamentale per prendere tempo e affrontare da soli una guerra. Nel frattempo l'URSS continuò a finanziare i movimenti antifascisti di tutta Europa, fu l'unico paese a fornire un appoggio reale ai combattenti della Repubblica spagnola contro i franchisti. A Mosca si rifugiarono molti degli esuli antifascisti, che diressero la resistenza nei propri paesi...
04/10/2017
Pochi giorni fa il "Sole 24 Ore", giornale della Confindustria italiana, ha pubblicato un articolo di Michael Walzer dal titolo ambizioso: "La verità sulla Rivoluzione d'ottobre". L'autore sostiene che la rivoluzione sovietica si sia rivelata «un disastro per il popolo russo, per l'Europa, per la sinistra in tutto il mondo». L'articolo è un breve condensato di alcune delle tesi più anticomuniste, che è bene smontare, punto per punto perdendo un po' di tempo.
1.
In primis si afferma che la «società russa non era pronta a appoggiare e sostenere una rivoluzione autenticamente socialista e democratica» come d'altronde – secondo l'autore – era sottinteso dal pensiero di Marx, le cui previsioni erano al contrario «ambiziose e giuste».
A smontare questa tesi – che poi è sempre stata quella socialdemocratica, dei menscevichi in Russia, e persino di qualche socialista di sinistra – prima di considerazioni storiche più approfondite, basta una domanda. Tutto ciò che si sostiene è storicamente imputabile a chi la rivoluzione l'ha fatta o a chi non è stato in grado di farla? Quando viene issata sul Palazzo d'Inverno la bandiera rossa, i
bolscevichi pensano di compiere il primo passo verso la sollevazione di tutto il continente europeo. Mentre la socialdemocrazia europea, in maggioranza e a partire dal suo partito guida, la SPD tedesca, accetta di votare i crediti di guerra, appoggiando la borghesia del proprio paese, e rendendosi corresponsabile della prima guerra mondiale, una minoranza socialista, tra cui i bolscevichi, comprende che di fronte a quell'appuntamento della storia, il movimento socialista ha il dovere di levare in alto la bandiera dell'internazionalismo e della lotta all'imperialismo. Si creano oggettivamente delle condizioni in cui il terreno per alla rivoluzione risiede nella grande mobilitazione delle masse, operaie e contadine, al fronte di guerra, in cui – per dirla con un'espressione leninista – la rivoluzione potesse scaturire dall'anello debole della catena imperialista. Questo accade, ed è la linfa nuova che il leninismo apporta all'analisi marxista, liberandola dalla caricatura di se stessa che ne aveva fatto la socialdemocrazia.
I comunisti russi sono ben coscienti dell'arretratezza economica della Russia zarista, della scarsa industrializzazione, eccetto pochi distretti – da cui parte la rivoluzione – e di conseguenza della minoranza del proletariato nella società russa. I primi atti della Rivoluzione d'Ottobre sono tesi, non ad affermare un potere a livello locale, ma a dare impulso alla sollevazione di tutti i popoli. Solo progressivamente, quando la rivoluzione sarà sconfitta nel resto d'Europa, essa sarà costretta – dalla condizione storica di una rivoluzione europea fallita e non da una volontà politica pregressa dei bolscevichi – a rafforzarsi come stato socialista in un contesto ostile di stati capitalistici...
2.
Di conseguenza, sostiene l'autore, la rivoluzione si è rivelata «un disastro per il popolo russo» e segue la consueta lista dei luoghi comuni sui milioni di morti, gulag e così via. L'autore omette di ricordare che la Rivoluzione sovietica ebbe il merito storico di trasformare un paese arretrato nella seconda potenza economica del mondo, creando un sistema che ha potuto competere – e qualche volta risultare vincente – rispetto al capitalismo. La condizione della Russia sovietica nei primi anni è frutto dell'arretratezza allo sviluppo industriale nell'impero zarista, dei problemi irrisolti dell'agricoltura con la presenza di grandi latifondi e una massa di contadini. Si acuisce con la guerra civile – non certo cercata e voluta dai bolscevichi – ma conseguenza della pressione imperialista sul paese, con le pesanti conseguenze di una pace nel conflitto mondiale in cui non erano stati i bolscevichi di certo a voler entrare. Nonostante tutto ciò, in pochi anni l'URSS diverrà una potenza industriale nelle mani dei lavoratori stessi, conseguendo risultati in campo scientifico, tecnico, sanitario che hanno pochi pari nella storia. Tra i primi atti del potere sovietico e nell'impegno conseguente negli anni successivi, ci sono il pieno riconoscimento dei diritti delle classe operaia, dei contadini; l'autodeterminazione dei popoli sovietici, con la tutela e il riconoscimento delle minoranze etniche e linguistiche (mentre nel resto d'Europa il colonialismo diffondeva razzismo e segregazione); la piena equiparazione della donna (la prima ministra donna è sovietica), il riconoscimento dei diritti di maternità; il divieto del lavoro minorile e l'universalizzazione dell'istruzione che farà dell'URSS il primo stato a debellare l'analfabetismo e garantire un'istruzione gratuita fino ai livelli universitari. Il socialismo ha dato a tutte le famiglie sovietiche una casa, una sanità di primo livello e completamente gratuita, l'accesso alle attività sportive, la possibilità di godere del proprio tempo libero, di vacanze, di vasti progetti culturali in ogni campo. Gli scienziati sovietici hanno primeggiato a livello mondiale; molte delle tecnologie che oggi usiamo sono frutto di quelle scoperte che portarono l'URSS e l'uomo nello spazio, ma che diedero impulso anche nella medicina, nelle coltivazioni, nella conoscenza del nostro pianeta. Il popolo sovietico potè usufruire di diritti sociali ad un livello che non ha avuto pari nella storia mondiale.
Tutto questo, e molto altro, viene omesso nell'articolo del Sole 24 Ore. Era davvero «un disastro per il popolo russo» un sistema, quello socialista, che garantì tutto questo, nonostante l'accerchiamento a cui era sottoposto?...
3.
Sostiene poi l'autore che la rivoluzione sovietica sia stata un «disastro per l'Europa». Si attacca in primo luogo la linea dei comunisti tedeschi, che «sotto la direzione di Mosca, combattendo contro i socialdemocratici ha contribuito a portare i nazisti al potere». Si prosegue poi con il «patto Hitler- Stalin» (una volta si chiamava patto Ribentropp-Molotov, ma evidentemente non è abbastanza efficace propagandisticamente per far passare il messaggio dell'equiparazione) e infime con i regimi dittatoriali nell'Est dopo la guerra. Aprendo il capitolo seconda guerra mondiale, balza subito all'occhio come l'autore dimentichi quel piccolo particolare, inutile per la storia, del contributo decisivo dell'URSS alla sconfitta del nazifascismo. Non fu un caso della storia che la bandiera issata sul Reichstag fosse sovietica. L'impietoso confronto del numero dei morti, civili e militari della guerra, che fotografa la durezza dei mesi d'invasione tedesca nell'URSS e l'impegno militare sostenuto per la maggior parte della guerra senza aiuto alleato sul campo, da solo basta a rendere la tesi del Sole 24 Ore, storicamente penosa. Ma bisogna andare a fondo.
La vecchia trita e ritrita storia delle divisioni della sinistra come causa della vittoria del nazi-fascismo, dimenticano le profonde responsabilità della socialdemocrazia che, allontanandosi da ogni prospettiva rivoluzionaria, e accettando passivamente l'evoluzione dei fatti, continuando a inseguire i partiti borghesi, fu il terreno di coltura principale del nazi-fascismo. Si dimentica di dire nell'articolo che la condotta dei comunisti tedeschi, il loro giudizio sulla socialdemocrazia, era determinato dal posizionamento della SPD nella rivoluzione tedesca, dalla uccisione di Liebknecht e Rosa Luxembourg sotto un governo che aveva un ministro degli interni socialdemocratico. Si dimentica ovviamente di affermare le responsabilità del grande capitale italiano e tedesco che ricorse al fascismo come strumento per reprimere la classe operaia e evitare ogni insurrezione rivoluzionaria. Ma questo ovviamente dal giornale di Confindustria non possiamo che aspettarcelo. Si dimentica di ricordare che i primi a subire i provvedimenti del nazismo, furono, non a caso, i comunisti e che in Germania, come prima in Italia, furono i soli a voler apprestare delle soluzioni concrete e organizzare i lavoratori per opporsi al fascismo.
La menzogna sul patto Ribentropp-Molotov dimentica gli appelli rivolti dall'internazionale e dall'URSS per un'azione decisa contro il fascismo, dimentica il piano delle potenze europee di lasciar scatenare ad Est la furia nazista, in ottica antisovietica, che sarebbe tornata utile alla difesa delle borghesie di tutto il continente. La mossa tattica fu fondamentale per prendere tempo e affrontare da soli una guerra. Nel frattempo l'URSS continuò a finanziare i movimenti antifascisti di tutta Europa, fu l'unico paese a fornire un appoggio reale ai combattenti della Repubblica spagnola contro i franchisti. A Mosca si rifugiarono molti degli esuli antifascisti, che diressero la resistenza nei propri paesi...
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