Alcune considerazioni
sulla circolare
del DAP n° 3676/6126, altrimenti detta “decalogo sul
trattamento dei detenuti
in regime di 41 bis”
La leggiamo alla luce delle condizioni
privative aggiuntive che da anni affliggono la prigioniera
politica Nadia Lioce
e incombenti sulle sue future condizioni di vita, anche sulla
scorta delle
attuali vicende giudiziarie:
L’isolamento diurno e disciplinare, prima regolati
nel contesto
dell’intero ordinamento penitenziario, ora sono disciplinati
dagli artt. 27 e
28 della circolare del DAP, che tiene a precisare che “l'isolamento diurno ha natura giuridica di sanzione
penale, di
inasprimento dell'ergastolo, con la conseguenza che il
Magistrato di
Sorveglianza non può disporre modalità esecutive tali da
renderlo privo di
contenuto effettivo. […] L’isolato può effettuare attività
lavorativa e
partecipare alle celebrazioni religiose fermo restando il
divieto di comunicare
con altri detenuti/internati. Fruisce della socialità e
dell’ora d’aria da
solo”.
Evidente è la
contraddizione in
termini del “diritto a fruire della socialità da soli”, ma non
altrettanto evidente
lo è, nei fatti, quella di effettuare attività lavorativa in
carcere e allora
andiamo a guardare le attività lavorative in corso nella casa
circondariale
dell’Aquila. Quante? Nessuna
In riferimento
all’isolamento
disciplinare, l’articolo 28
ribadisce che “La
sanzione
dell’esclusione dalle attività in comune (E.A.C.) comporta
l’isolamento del
detenuto/internato e l’impossibilità di parlare ed incontrare
gli altri
detenuti/internati per il periodo della sanzione. La sanzione
dovrà essere
eseguita nella camera ordinaria, a meno che il comportamento
del
detenuto/internato sia tale da arrecare disturbo o da
costituire pregiudizio
per l’ordine e la disciplina.”
Dove abbia
scontato l’isolamento Nadia,
nel corso delle sue battiture di protesta, non è dato saperlo,
ma è certo
invece che “Durante il
periodo di
esecuzione della sanzione, potranno essere previste
limitazioni all’arredo
della camera ed alla sua dotazione esclusivamente per motivate
esigenze di
sicurezza al fine di prevenire pericoli per l’incolumità del
detenuto/internato
e degli operatori e, ove necessario, al fine di assicurare
l’isolamento, il
blindato potrà essere chiuso. Durante la sanzione… il
detenuto/internato sarà sottoposto
a visita medica quotidiana che ne accerti e ne attesti le
condizioni di salute
e l'idoneità a sopportare il regime sanzionatorio.”
Certo, Nadia è una
donna forte,
lo ha dimostrato in 12 anni di tale regime detentivo, ma questo
non è un buon
motivo per continuare a torturarla, come lasciano intendere
queste ultime righe
del “decalogo”, che disvelano la reale natura di tortura
dell’articolo 41 bis e
della condizione di isolamento totale e permanente cui Nadia
Lioce è sottoposta.
Un regime che,
attraverso un
sofisma normativo, il governo vuole propagandare come necessario
alla sicurezza
e rispettoso dei diritti umani, per rifarsi una faccia sia di
fronte alla
comunità internazionale, sia davanti all’opinione pubblica
italiana, legittimando
ulteriormente la tortura democratica nel nostro paese e ponendo la parola “fine”
a ogni ricorso dei
detenuti e “inutile” a ogni eventuale accoglimento degli stessi
da parte di
magistrati di sorveglianza.
Cosa è cambiato
quindi
concretamente con questo “decalogo”? Che i libri che si possono
detenere in
cella sono al massimo 4 per tutti i detenuti, ma permane il
divieto di
riceverne dall’esterno; che i colloqui con il garante nazionale
per i diritti
dei detenuti non incidono sulla determinazione del numero dei
colloqui cui il
detenuto ha diritto, che i detenuti possono avere in cella
specchi in
plexiglass.
Queste “aperture”,
così tanto
declamate, non cambiano affatto la sostanza e gli effetti del 41bis, ma è lecito supporre siano
anche il
frutto dell’azione di lotta e di denuncia della campagna “Pagine
contro la
tortura” e di quella ultima del MFPR per la difesa delle condizioni di vita e la fine del 41 bis per
Nadia Lioce.
Nello stesso tempo questo intervento del Min. Orlando mette sotto gli occhi di tutti la
perversione di
questo sistema di tortura bianca, per cui quello che puoi leggere in
41 bis, anche
i quotidiani nazionali, è deciso direttamente dal Dap, ossia dal
Ministero
della giustizia. Quello che puoi mangiare, bere, ascoltare,
vedere è solo ciò
che decide il governo e se provi ad evadere con l’arte della
pittura o della
scrittura, puoi solo tenertelo per tè: i disegni, così come gli
scritti, “potrebbero
essere mezzo di comunicazione
con l'esterno di messaggi non decifrabili dal personale
penitenziario ed è
fatto divieto di inviarli all'esterno a familiari, amici o ad
altri
destinatari”
Queste “aperture”
altro non sono
se non un intervento di "chirurgia
estetica" volto
ad abbellire la "sala torture", ad indurre “democraticamente” i
prigionieri alla
delazione e alla dissociazione, a suggellare l’equiparazione
tecnicistica tra Mafiosi e "Terroristi” (cioè prigionieri politici rivoluzionari), con l’imposizione della stessa pena, cancellando
dal decalogo e
dalle prime pagine dei giornali, che tanto lo declamano, persino
il termine:
“terrorismo”, con il quale lo Stato stesso ha bollato i processi ai rivoluzionari, diretti a sovvertire l’ordine sociale esistente, basato sul
dominio
capitalistico della produzione materiale e cognitiva.
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