Israele. La detenzione amministrativa come forma di repressione politica
“L’avvio di nuovi negoziati tra Hamas e al Fatah è
positivo per l’unità e la lotta dei palestinesi, soprattutto in questo
periodo di repressione ed incarcerazioni” così si è recentemente
pronunciato, in un comunicato ufficiale, il Fronte Popolare Liberazione
Palestina, principale forza della sinistra palestinese, riguardo ai
colloqui per far tornare Gaza sotto l’amministrazione dell’ANP.
Arresti sommari e fermi con detenzione amministrativa che sono triplicati rispetto agli anni precedenti e che, spesso, vengono effettuati con la collaborazione delle forze di sicurezza palestinesi.
In queste ultime settimane sono state lanciate due differenti campagne di sensibilizzazione. L’obiettivo è quello di far emergere la difficile condizione dei prigionieri politici palestinesi nelle
carceri israeliane: detenzione resa un po’ più visibile, a livello internazionale, dopo il recente (aprile-maggio) sciopero della fame, guidato da Marwan Barghouti, e sostenuto dai prigionieri di tutte le forze politiche. Sciopero che, se da una parte ha mostrato l’efficacia di un’azione congiunta ed unitaria dei partiti palestinesi, dall’altra non è riuscito ad ottenere grandi cambiamenti legati alle condizioni, spesso durissime, imposte dal sistema carcerario israeliano.
Il primo appello è per Badran Jaber, militante di 69 anni del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, “prelevato” dalle forze di sicurezza israeliane con un’incursione nella notte del 9 Agosto e messo in detenzione amministrativa, per sei mesi. senza un’accusa specifica. Badran Jaber è una figura molto conosciuta nei Territori Occupati perché, attraverso la sua azione politica, ha sempre combattuto i soprusi e le continue violenze da parte dei coloni di Hebron, sua città natale, che da anni terrorizzano la popolazione palestinese. Fu proprio ad Hebron che Barouch Goldstein uccise, nel 1994, 29 palestinesi in preghiera e ne ferì altri 125. Ogni anno i palestinesi protestano contro le commemorazioni che i coloni fanno, con la protezione dei militari israeliani, proprio alla memoria di Goldstein.
Proprio una di queste proteste ed il pubblico sostegno dato durante lo sciopero della fame di aprile/maggio hanno spinto le autorità di Tel Aviv ad incarcerare, per l’ennesima volta, un uomo malato di diabete, con problemi cardiaci, che lotta contro un cancro e, nonostante ciò, considerato “pericoloso” da Israele.
Altrettanto emblematico è il caso di Salah Hamouri, militante franco-palestinese del FPLP, arrestato dalle forze israeliane il 22 Agosto e posto in detenzione amministrativa fino a febbraio. Qual è l’accusa di Tel Aviv nei confronti del giovane avvocato Hamouri? Sostenere la causa palestinese ed i diritti dei prigionieri nelle carceri. Il caso ha avuto una maggiore eco in Francia con numerose proteste da parte di esponenti politici della sinistra d’oltralpe. La stessa ambasciata francese, come ha riportato il quotidiano L’Humanité, ha rifiutato le motivazioni per l’incarcerazione considerandole “assurde ed inesistenti, a tal punto da violare la convenzione di Ginevra ”. L’autorità carceraria israeliana ha, inoltre, negato qualsiasi tipo di contatto tra Salah Hamouri ed i suoi familiari: misura repressiva spesso utilizzata da Tel Aviv nei confronti delle migliaia di prigionieri politici.
Secondo il diritto internazionale, la detenzione amministrativa può essere usata solo per “ragioni imperative di sicurezza” in una situazione di emergenza, decidendo caso per caso. L’utilizzo della detenzione amministrativa da parte di Israele, al contrario, è spesso una pratica di massa, ordinaria, come alternativa al tribunale militare soprattutto quando i palestinesi arrestati rifiutano di confessare durante l’interrogatorio. Il segretario generale di “Mubadara” (Iniziativa Nazionale Palestinese), Mustapha Barghouti, ha dichiarato che “la Palestina è l’unico paese al mondo nel quale si è incarcerati senza un’accusa precisa e si rimane in detenzione amministrativa e senza un regolare processo anche per anni, una forma illegale di repressione politica”.
Secondo Addameer, associazione palestinese per i diritti dei prigionieri politici, sono oltre 6500 i detenuti nelle carceri in quest’ultimo anno, con 300 adolescenti, 61 donne e 24 giornalisti. La repressione nei territori occupati è diventata talmente feroce, da parte dell’esercito d’occupazione di Tel Aviv, che non passa giorno senza che qualche palestinese, spesso ragazzi e ragazze giovanissimi, venga ucciso perché colpevole di tentare “azioni di resistenza” all’arma bianca o perché sospettato di “atteggiamenti minacciosi”.
Stefano Mauro
Arresti sommari e fermi con detenzione amministrativa che sono triplicati rispetto agli anni precedenti e che, spesso, vengono effettuati con la collaborazione delle forze di sicurezza palestinesi.
In queste ultime settimane sono state lanciate due differenti campagne di sensibilizzazione. L’obiettivo è quello di far emergere la difficile condizione dei prigionieri politici palestinesi nelle
carceri israeliane: detenzione resa un po’ più visibile, a livello internazionale, dopo il recente (aprile-maggio) sciopero della fame, guidato da Marwan Barghouti, e sostenuto dai prigionieri di tutte le forze politiche. Sciopero che, se da una parte ha mostrato l’efficacia di un’azione congiunta ed unitaria dei partiti palestinesi, dall’altra non è riuscito ad ottenere grandi cambiamenti legati alle condizioni, spesso durissime, imposte dal sistema carcerario israeliano.
Il primo appello è per Badran Jaber, militante di 69 anni del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, “prelevato” dalle forze di sicurezza israeliane con un’incursione nella notte del 9 Agosto e messo in detenzione amministrativa, per sei mesi. senza un’accusa specifica. Badran Jaber è una figura molto conosciuta nei Territori Occupati perché, attraverso la sua azione politica, ha sempre combattuto i soprusi e le continue violenze da parte dei coloni di Hebron, sua città natale, che da anni terrorizzano la popolazione palestinese. Fu proprio ad Hebron che Barouch Goldstein uccise, nel 1994, 29 palestinesi in preghiera e ne ferì altri 125. Ogni anno i palestinesi protestano contro le commemorazioni che i coloni fanno, con la protezione dei militari israeliani, proprio alla memoria di Goldstein.
Proprio una di queste proteste ed il pubblico sostegno dato durante lo sciopero della fame di aprile/maggio hanno spinto le autorità di Tel Aviv ad incarcerare, per l’ennesima volta, un uomo malato di diabete, con problemi cardiaci, che lotta contro un cancro e, nonostante ciò, considerato “pericoloso” da Israele.
Altrettanto emblematico è il caso di Salah Hamouri, militante franco-palestinese del FPLP, arrestato dalle forze israeliane il 22 Agosto e posto in detenzione amministrativa fino a febbraio. Qual è l’accusa di Tel Aviv nei confronti del giovane avvocato Hamouri? Sostenere la causa palestinese ed i diritti dei prigionieri nelle carceri. Il caso ha avuto una maggiore eco in Francia con numerose proteste da parte di esponenti politici della sinistra d’oltralpe. La stessa ambasciata francese, come ha riportato il quotidiano L’Humanité, ha rifiutato le motivazioni per l’incarcerazione considerandole “assurde ed inesistenti, a tal punto da violare la convenzione di Ginevra ”. L’autorità carceraria israeliana ha, inoltre, negato qualsiasi tipo di contatto tra Salah Hamouri ed i suoi familiari: misura repressiva spesso utilizzata da Tel Aviv nei confronti delle migliaia di prigionieri politici.
Secondo il diritto internazionale, la detenzione amministrativa può essere usata solo per “ragioni imperative di sicurezza” in una situazione di emergenza, decidendo caso per caso. L’utilizzo della detenzione amministrativa da parte di Israele, al contrario, è spesso una pratica di massa, ordinaria, come alternativa al tribunale militare soprattutto quando i palestinesi arrestati rifiutano di confessare durante l’interrogatorio. Il segretario generale di “Mubadara” (Iniziativa Nazionale Palestinese), Mustapha Barghouti, ha dichiarato che “la Palestina è l’unico paese al mondo nel quale si è incarcerati senza un’accusa precisa e si rimane in detenzione amministrativa e senza un regolare processo anche per anni, una forma illegale di repressione politica”.
Secondo Addameer, associazione palestinese per i diritti dei prigionieri politici, sono oltre 6500 i detenuti nelle carceri in quest’ultimo anno, con 300 adolescenti, 61 donne e 24 giornalisti. La repressione nei territori occupati è diventata talmente feroce, da parte dell’esercito d’occupazione di Tel Aviv, che non passa giorno senza che qualche palestinese, spesso ragazzi e ragazze giovanissimi, venga ucciso perché colpevole di tentare “azioni di resistenza” all’arma bianca o perché sospettato di “atteggiamenti minacciosi”.
Stefano Mauro
Nessun commento:
Posta un commento