Almeno una vittima il referendum costituzionale l’ha fatta. Si tratta dell’Udc, che nonostante il suo peso elettorale e politico è riuscita a dividersi tra sostenitori del Sì e del No fino ai vertici, in particolare in una scissione tra Roma e Palermo. Il segretario Lorenzo Cesa che è contrario alla riforma costituzionale del governo Renzi che secondo lui rischierebbe di trasformare il sistema italiano in qualcosa di simile a quello di Erdogan in Turchia. Dall’altra parte il padre nobile Pierferdinando Casini e il presidente nazionale Gianpiero D’Alia sono invece per il . Cesa aveva minacciato per questo anche di denunciare chi tradiva la linea del partito (che vai a sapere alla fine qual è). Una tensione interna che ha portato D’Alia, leader del partito in Sicilia, a dichiarare a TempoStretto, un quotidiano online messinese, che “l’Udc è morta, stiamo parlando del nulla. Frase che Cesa ha ritenuto lesiva dell’immagine del partito e offensiva “nei confronti dei suoi 50mila iscritti“. Così il segretario ha sospeso il presidente D’Alia e lo ha deferito al collegio dei probiviri. Da qui si è scatenato di tutto.
D’Alia infatti per calmare gli animi risponde “che è abbastanza inebriante essere sospeso dal nulla” e aggiunge che “per amicizia verso l’onorevole Cesa” gli eviterà “nuovi strappi sul fronte della legalità statutaria”: “Gli rassegno volentieri le mie dimissioni. Se mi fornisse l’indirizzo a cui inviarle, gli sarei infinitamente grato”. Dietro a D’Alia vanno tutti i leader del partito in Sicilia, dove l’Udc è da tempo forza di governo e ha espresso per esempio il presidente della Regione Totò Cuffaro.
Altro che moderati e centristi. Il segretario regionale Adriano Frinchi, per esempio, ricorda che “Cesa è da lungo tempo segretario dell’Udc: mi pare non abbia mai preso provvedimenti così pesanti nei confronti di cocainomani e condannati per reati gravi, lo fa invece per un politico per bene come D’Alia. Questo la dice lunga sui parametri politici di Cesa. Siamo sgomenti”.
A lui si aggiunge Giovanni Ardizzone, presidente dell’Assemblea regionale siciliana, che si appella a Rocco Buttiglione e Paola Binetti, parlamentari molto conosciuti per la loro religiosità e per questo ritenuti integerrimi. “Un partito che in Sicilia stringe rapporti con cocainomani e mafiosi… – scrive Ardizzone – sospende una persona per bene come D’Alia, senza vergogna alcuna. Dispiace il vostro assordante silenzio”.