Totò Cuffaro, presidente
della Regione Siciliana dal 17 luglio 2001 al 18 gennaio 2008, è uscito dalla
galera il 13 dicembre scorso dopo aver scontato quasi cinque anni per “favoreggiamento
a Cosa nostra” come riporta l’articolo. In questi 4 anni, 10 mesi e 20 giorni, invece dei sette della sentenza,
ridotti a causa di “buona condotta, Cuffaro si è comportato proprio come un vecchio
boss mafioso, di quelli che non parlano, non fanno i nomi, non “collaborano con
la giustizia”, motivo per cui gli è stato negato l’affidamento ai servizi
sociali, e sanno come comunicare con l’esterno per continuare a dirigere gli “affari
di famiglia”.
L’incriminazione
di 43 persone, tra politici, parenti e amici, che si
recavano a fare visita al boss nel carcere di Rebibbia, dice chiaramente più di
tante e tante parole più o meno “antimafia”, sul famigerato intreccio Stato-mafia,
tra mafia e politica, che tutti cercano ma nessuno trova!
I nomi che vengono fuori
da questa inchiesta sono vecchi e nuovi: ci sono naturalmente tanti siciliani
ma anche romani, veneti, campani.. e di tutte le correnti politiche, da Forza
Italia al Pd, dall’Udc al Gal… si capisce perché dire “delinquenza al potere”
non è solo una frase?
***
(Nel 2008 festeggia a cannoli per non essere stato condannato
per associazione mafiosa, ma solo per "associazione semplice"!)
Le visite a Rebibbia
della corte di Cuffaro. "Ecco la rete di amici che curava i suoi affari”
I pm chiudono le indagini
su 41 politici: "Spacciavano in carcere i collaboratori dell'ex presidente
per loro portaborse. Così i colloqui non erano intercettati”.
ROMA - Il 13 luglio 2011
a Rebibbia si gioca una partita di calcio. A bordo campo tra gli spettatori ci
sono Felice Crosta (il superburocrate pensionato d'oro della Regione Sicilia),
Fausto Desideri (ex consigliere delegato di Riscossione Sicilia) e Marco
Morrone (il factotum romano). Totò Cuffaro è in carcere da sei mesi, ma ha
subito capito come fare a non perdere il contatto con i suoi fedelissimi.
"Caro Marco - preannuncia in una lettera a Morrone - verrai invitato ad
una manifestazione che stiamo facendo in carcere, così potrai stare un po'
insieme a me e potremo parlare. Assieme a te farò invitare Felice Crosta e
Fausto Desideri. Ufficialmente vi inviterà un'associazione che non ha nulla a
che fare con me". E due mesi dopo l'associazione di volontariato Gruppo
Idee invita a Rebibbia gli amici di Cuffaro. Tra i volontari su cui l'ex
governatore fa affidamento c'è Federico Vespa, figlio di Bruno e di Augusta
Iannini, magistrato e ora garante per la privacy. C'è tutta la "corte"
di Totò nelle mille pagine di allegati dell'inchiesta della Procura di Roma che
si appresta a depositare la richiesta di rinvio a giudizio per 41 persone (tra
cui Simona Vicari, sottosegretario allo Sviluppo economico del governo Renzi e
dieci parlamentari di diverse forze politiche) che devono rispondere di aver
falsamente attestato lo status di collaboratori parlamentari che ha consentito
loro di accedere all'interno di Rebibbia e ad avere colloqui
"privati" (al riparo da intercettazioni) con l'ex governatore della
Sicilia. Il quale ha appena finito di scontare una condanna a 7 anni per
favoreggiamento a Cosa nostra.
Il "sistema di
comunicazione"
Cuffaro, va detto subito,
in questa inchiesta non è indagato. Lui, a parlare con i suoi fedelissimi che andavano
a trovarlo in carcere, non ha commesso alcun reato. A differenza dei
parlamentari nazionali ed europei che, avendo diritto ad entrare nelle carceri,
si sono portati dietro "amici" di Cuffaro spacciandoli come loro
collaboratori e che ora rischiano fino a 10 anni. Da Simona Vicari a Vladimiro
Crisafulli, da Calogero Mannino a Saverio Romano, da Giuseppe Ruvolo a Cinzia
Bonfrisco, tutti si sarebbero prodigati – secondo le conclusioni dell’inchiesta
condotta dal pm Barbara Zuin – per permettere all’ex governatore di mettere in
piedi “un collaudato sistema di comunicazioni attraverso il quale Cuffaro ah
impartito direttive o comunque fornito indicazioni per lo svolgimento di una molteplicità
di non meglio specificati affari che lo vedono coinvolto.” Indagato dalla
Procura di Palermo nell’ambito di un’inchiesta sulla realizzazione di alcuni
termovalorizzatori in Sicilia (poi finita in archivio), per Totò Cuffaro i pm
Nino Di Matteo e Sergio De Montis avevano disposto la videointercettazione dei colloqui
in carcere tranne, come prevede la legge, quelli con i suoi legali e con i
parlamentari. Ma dalle intercettazioni effettuate sulle utenze dei familiari di
Cuffaro, gli investigatori della Guardia di Finanza hanno avuto contezza che
con qui colloqui al riparo dalle microspie “è stato consentito a Cuffaro di continuare
ad occuparsi di proprie attività, questioni di interessi nonostante le
preclusioni connesse al suo stato detentivo”.
“SI ENTRA SENZA DIRE
NIENTE”
Il giorno in cui Santino
Scolaro (già portavoce di Cuffaro) vede venir fuori, nell’ambito dell’inchiesta
sul caso Penati, i nomi dell’avvocato d’affari palermitano Francesco Agnello e
del senatore Beppe Lumia, si nuove subito. “Bisogna informare immediatamente
Totò”, dice al telefono. E quando si rivolge al factotum Marco Morrone riceve questa
risposta: “Si può entrare senza dire niente a nessuno con un parlamentare e
s’organizzamo, con Crisafulli, glielo dico, o con Lillo Mannino che ce va tuti
i lunedì”.
GLI AUGURI DI ALFANO
Tra color che vanno a
trovare Cuffaro in carcere 8ma non è coinvolto nell’inchiesta), anche Angelino
Alfano, che varca il portone di Rebibbia quando non è più ministro di Giustizia
e non è ancora ministro dell’interno. È il 21 febbraio 2012, il giorno del
53esimo compleanno di Cuffaro, che affida al suo interlocutore la richiesta di
contatto con Mondadori per la pubblicazione di un suo libro e poi scrive al suo
coautore Francesco Di Chiara: “Oggi è venuto a farmi visita Angelino Alfano per
farmi gli auguri. È stato molto carino. Ho concordato con lui che avrebbe chiamato
Marina Berlusconi, alias Mondadori, per fissare appuntamento con Renato
Farina”. Di Chiara poi entrerà a Rebibbia con Renato Farina, già condannato per
aver portato in carcere da Lele Mora un ragazzo spacciandolo per suo
collaboratore.
LA “PRATICA” CON LA
VICARI
Il 12 aprile 2011 Marco
Marrone parla al telefono con la figlia di Cuffaro, Ida, e le dice: “Noi
c’avevamo con tuo papà una situazione con la senatrice Vicari, son Simona
perché sta cosa va in scadenza ad aprile e la deve incontra Nino (Sirchia)
perché c’ha il fascicolo che tuo padre gli aveva lasciato di questa pratica”.
Basta controllare i registri e si scopre che la Vicari è stata in carcere pochi
giorni prima, il 7 aprile.
LA “CORTE” DI TOTO’
Dalle verifiche è venuto
fuori che al seguito dei parlamentari era entrata a Rebibbia tutta la corte di
Totò: il dirigente del ministero dell’Agricoltura Attilio Tripodi, l’ex
direttore generale dell’Asl di Agrigento Giuseppe Di Carlo, l’ex presidente di
Confindustria Trapani Davide Durate, l’avvocato dello Stato Filippo Maria
Bucalo, il presidente dell’università Kore di Enna Cataldo Salerno, oltre a
deputati e politici locali a lui fedelissimi.
La Repubblica 28 dicembre 2015
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