Dopo
il nostro intervento l'11 dicembre alla Fca Sata di Melfi – prima
tappa della marcia delle lavoratrici del Movimento femminista
proletario rivoluzionario – una studentessa ci ha scritto:
“...Sto
portando avanti delle ricerche per la mia tesi di laurea sulla Fca di
Melfi, su come la riorganizzazione del processo produttivo tramite
introduzione del Wcm ed Ergo Uas abbia influito sulle condizioni di
lavoro. Se le aspettative di miglioramento della qualità del lavoro
e dell'ergonomia delle postazioni nonché il paventato coinvolgimento
dell'operaio fiero di dare un suo attivo contributo, abbiano avuto
risultato, riscontro nella realtà o siano solo il risultato di
un'ampia pubblicistica manageriale atta ad occultare
un'intensificazione dello sfruttamento.
Vorrei
capire cosa accade davvero in fabbrica, secondo la letteratura
manageriale, ogni gerarchia dovrebbe essere annullata...
Ovviamente
da altri riscontri si deduce l'esatto contrario. Sto cercando di
capire di più.
So
che l'11 vi siete incontrate a Melfi con le operaie Fca. Vorrei
chiedervi se possibile quali sono le criticità più dibattute, i
malumori.
Mi
hanno detto operaie di Melfi che puntate molto su una protesta da far
partire proprio da Melfi, come stabilimento simbolo, ma perchè più
sotto i riflettori, giusto, dato che è l'unico a ciclo continuo?...”
Cerchiamo
di rispondere sinteticamente, anche se c'è molto da dire.
In
generale alla Fca-Sata di Melfi si costruisce una fabbrica in cui
conta solo il padrone e il suo profitto, e gli operai vengono quasi
obbligati a privarsi di diritti e libertà sindacali che non siano
compatibili con i piani e gli interessi di Marchionne. Turnazioni,
salari, condizioni di lavoro e sicurezza vengono stabiliti
nell'esclusivo interesse del mercato e per estrarre il massimo
profitto.
Dignità
e condizioni dei lavoratori non contano nulla.
Una
fabbrica in cui gli operai e le operaie si devono sentire 'fortunati
e felici' di lavorare perchè i profitti del padrone vadano bene.
Una
fabbrica la cui l'organizzazione del lavoro Ergo-Uas, WCM, ha lo
scopo di estorcere il massimo sfruttamento e la riduzione
dell'operaio a un'appendice della macchina produttiva.
Una
fabbrica laboratorio delle leggi del Jobs act del governo Renzi, per
trasformarla nella fabbrica modello dei licenziamenti individuali e
collettivi senza articolo 18.
Una
fabbrica in cui in cambio di assunzioni precarie si afferma un lavoro
senza diritti, stabilità e sicurezza per tutti. Una fabbrica in cui
i giovani sono assunti come carne fresca da sfruttare a minimi costi.
Una
fabbrica in cui le donne operaie sperimentano l'unica “parità”
che i capitalisti sono in grado di dare, quella di essere ugualmente
sfruttate ma doppiamente penalizzate come operaie e come donne, nel
corpo, nella dignità, nelle condizioni di lavoro e di vita.
Una
fabbrica in cui gli scioperi sono “disciplinati” dall'azienda. Lo
sciopero può essere indetto solo se approvato dalla maggioranza dei
delegati di fabbrica. A chi non la rispetta si sospendono pro tempore
i diritti sindacali.
Una
fabbrica in cui di fatto è vanificata la contrattazione aziendale,
perchè c'è “la possibilità automatica, laddove ce ne fosse
bisogno, di aumentare o cambiare i turni settimanali senza alcuna
contrattazione. Quindi l'azienda potrà manovrare meglio sulla
contrattazione individuale anche del singolo dipendente. Si dice: “In
fabbrica ci sarà meno gerarchia”, ma questo vuol dire solo che la
gerarchia è una sola, quella di Marchionne.
Quindi,
alle tue domande: “Se le aspettative di miglioramento della qualità
del lavoro e dell'ergonomia delle postazioni, nonché il paventato
coinvolgimento dell'operaio fiero di dare un suo attivo contributo,
abbiano avuto risultato, riscontro nella realtà o siano solo il
risultato di un'ampia pubblicistica manageriale atta ad occultare
un'intensificazione dello sfruttamento”, la risposta è decisamente
NO per la prima, e SI per la seconda: c'è una intensificazione
scientifica dello sfruttamento degli operaie e delle operaie!
Il
Sistema Ergo Uas e WCM (vedi approfondimento a fine articolo) è
fino in fondo oggi scienza del capitale. Apparentemente presentata
asettica, volta anzi a mettere in relazione il lavoro con il rispetto
delle possibilità del corpo dell'operaio, quindi una disciplina che
studierebbe una migliore integrazione tra lavoro umano, macchina e
ambiente di lavoro, finalizzata, quindi, al maggior rendimento del
lavoro stesso e al rispetto dell'operaio; in realtà essa è
finalizzata unicamente ad analizzare ogni parte del corpo, quasi ogni
muscolo, ogni nervo, ogni movimento delle braccia, delle gambe, del
torace, ecc., sia singolarmente che nelle loro relazioni, per
spremere da essi il massimo di utilizzo, di sfruttamento, per
raggiungere il limite massimo, per spingerlo all'estremo...
Quindi,
si potrebbe dire, il massimo sviluppo delle forze produttive
corrisponde nel sistema del capitale al massimo uso dell'operaio come
appendice delle macchine; si può dire che alla massima divisione del
lavoro corrisponde una massima divisione dello stesso operaio.
La
condizione degli operai della Sata già pesante anni fa con il
sistema del TMC, sta diventando sempre più dura.
La
questione pesantissima delle pause, dei turni ne è l'esempio più
chiaro.
Gli
operai sono soprattutto stanchi fisicamente. Alle ridotte pause (in
cui non c'è tempo neanche per andare nei bagni, perchè posti anche
lontano), si aggiunge l'intensità del lavoro (nel reparto
verniciatura si è passati da 170 pezzi a più di 500 pezzi), la
pretesa del lavoro anche nel pomeriggio della domenica, ecc. Dopo
alcune ore di lavoro – dicono gli operai - ci si sente già
esauriti.
Per
le operaie gli effetti sono più pesanti, più complessi e più
generali (vedi inchiesta a fine articolo)
A
Melfi si sta sperimentando la fabbrica sempre in produzione. Gli
operai sono la carne per farla andare, per quattro soldi, a ritmi
impossibili, lavorando sempre, vivendo per lavorare, senza più
riposi di sabato e domenica, le turnazioni sono programmate in modo
tale da utilizzare consecutivamente la forza lavoro senza soluzione
di continuità e gli operai avranno riposi infrasettimanali di due
giorni durante l’arco della settimana, arrivando ad avere in alcuni
casi un solo un giorno tra un turno e l’altro.
Nel
nuovo sistema retributivo anche il salario viene sempre più
calcolato sulla base dell'efficienza produttiva dello stabilimento,
parametrato all'indice raggiunto del sistema Wcm.
E'
una sorta di neo automatismo salariale realizzato direttamente
dall'azienda, che oscilla tra un valore medio del 5% del salario base
e, in caso di over performance, e un massimo del 7,2%.
Sostanzialmente una sorta di “scala mobile” di efficienza e
produttività e Wcm, a totale misura degli obiettivi e degli
interessi dell'azienda.
La
campagna, quasi ideologica, portata avanti da Marchionne tra gli
operai e soprattutto tra le operaie che stanno da anni e anni, e dove
“il più sano” ha quanto meno una tendinite, ecc., non sta, nella
maggioranza degli operai, ottenendo i risultati di coinvolgimento
voluti dall'azienda. Timore, paura, sì, c'è; a volte speranza (ma
nel momento in cui lo dicono già sembra che neanche loro ci credano)
che questa intensificazione del lavoro, questa fatica duri solo per
un certo periodo, finchè Marchionne raggiunga i suoi obiettivi
economici, e che dopo finisca; c'è a volte rassegnazione. Ma in
generale si tratta di una rassegnazione rabbiosa, del tipo: "Ma
è possibile che...".
Tra
i giovani, dopo le prime illusioni, ora molti vorrebbero andarsene.
Non ce la fanno. Si confidano di nascosto con gli operai e operaie
“anziani”. Molti hanno iniziato con entusiasmo, altri con
rassegnazione: ma ora anche loro fanno i conti con la fatica e non
sono pochi quelli che hanno già abbandonato la fabbrica. E
cominciano a voler capire come è veramente la situazione.
Potremmo
dire che gli operai si vanno dividendo in tre fasce, una “destra”,
minoritaria nei fatti, che segue i sindacati di Marchionne e affida
al padrone, ad essi e a Renzi il futuro del proprio lavoro e della
propria vita; un centro rappresentato da operai che non sono
d'accordo con quello che succede, non si uniscono ai sindacalisti
partecipativi (come dicono loro stessi), sentono tutto il peso dello
sfruttamento e della dittatura che esiste in fabbrica ma non hanno
ancora la forza di ribellarsi e soprattutto non vedono come farlo; e
una sinistra che denuncia la situazione e cercano di ribellarsi –
questo, come si vede, soprattutto le operaie.
Per
questo, noi diciamo che le operaie possono essere il “tallone di
Achille” di Marchionne.
Per
questo vogliamo che parta dalle operaie della Fca Sata il nuovo
sciopero delle donne. Che non è una “protesta”, ma molto di più.
Proprio
dalla condizione delle operaie di Melfi – ma anche dalla condizione
delle lavoratrici più sfruttate, discriminate e oppresse negli altri
settori, vedi le braccianti donne sono colpite, non solo in alcuni
aspetti della loro vita, ma a 360° gradi! Non ne possiamo più! E
hanno non una ma mille catene da spezzare.
Quindi,
uno "sciopero delle donne", costruendo dal basso una nuova
piattaforma contro padroni e governo, contro i doppi attacchi che le
lavoratrici sia come classe che come donne; e in cui le operaie, le
lavoratrici più sfruttate e oppresse prendono in mano la loro
condizione, siano le protagoniste, non solo le partecipanti della
lotta sindacale. In questo modo lo sciopero delle donne diventa anche
una rottura nell'andazzo del movimento sindacale, e pone anche tra
gli operai la necessità di un cambiamento.
Uno
sciopero delle donne visto come una marcia, che abbia una sua prima
realizzazione intorno all'8 marzo, ma che vada avanti e si estenda,
trasformando ogni scintilla in nuovi fuochi, uno sciopero a "macchia
di leopardo", che colleghi via via i vari fuochi e rafforzi
nelle iniziative la rete diretta tra le varie realtà delle
lavoratrici.
COSA E' E QUALI EFFETTI HA SUGLI OPERAI IL
SISTEMA ERGO-UAS E WCM.
ERGO-UAS
è un sistema di progettazione e misurazione del lavoro pensato per
la
definizione di tempi di lavorazione manuale che:
definizione di tempi di lavorazione manuale che:
– analizza
e definisce la sequenza di movimenti necessari per eseguire un
compito lavorativo utilizzando un set di movimenti base di
riferimento (prendere e piazzare, azionare, maneggiare un attrezzo
ecc.) di cui è noto un tempo standard di riferimento predeterminato;
– misura
il livello di stress fisico (carico biomeccanico) causato dai
movimenti richiesti;
– incrementa
i tempi per compiere i movimenti e genera pause per il lavoratore in
base al livello di fatica.
ERGO-UAS
misura e controlla la fatica del lavoratore, ossia il carico
biomeccanico sul sistema muscolo scheletrico tendineo.
Il
sistema operativo WCM (World Class Manufacturing) affronta le
problematiche, siano esse manutentive, logistiche, qualitative, di
sicurezza, organizzative, di organizzazione del posto di lavoro,
sulle base della loro incidenza economica. Le attività sono
orientate alla realizzazione di progetti i cui obiettivi sono: zero
difetti, zero guasti, zero incidenti e zero scorte, finalizzate ad
una generale riduzione dei costi dello stabilimento.
La
ricerca del miglioramento continuo della produttività e
dell’eccellenza operativa, rappresentata dal sistema operativo WCM
, impone di concentrare le azioni dell’operaio sulle attività che
trasformino il prodotto piuttosto che sulle azioni accessorie. Queste
ultime hanno infatti il solo scopo di creare le condizioni per
eseguire le azioni produttive. Le cosiddette attività a non valore
aggiunto sono per lo più rappresentate dagli spostamenti del corpo
per raggiungere i componenti da assemblare o gli attrezzi, da
controlli estetici o verifiche funzionali, da attività gestionali
(letture documenti e istruzioni) e così via. Tutte azioni di cui
l’azienda farebbe volentieri a meno perché costano ma non
trasformano il prodotto .
La
parola World Class Manufacturing per gli operai della Sata è quasi
un incubo. È un piano che prevede una organizzazione della fabbrica
partendo da due aspetti: “Just in time” ed il coinvolgimento
degli operai. Contestualmente il piano prevede anche una sensibile
riduzione dei “fattori di riposo”, ovvero la zona pause (come
detto) e il tempo per la mensa. L’obiettivo del piano è ridurre al
minimo le scorte di magazzino, lavorando quindi “in time” e
allineando la produzione alla richiesta di mercato. Ma è anche un
piano per controllare ritardi, errori e situazioni sgradevoli in
tempo reale su ogni punto della linea.
Ne
deriva un sistema dalla flessibilità non prevedibile, con gli operai
stessi che devono risolvere eventuali problemi. In quest’ottica
quindi lavorare di squadra, come un pit-stop, nelle fasi di
costruzione delle auto è fondamentale per ridurre a zero i tempi
morti.
“Grazie
al “sistema migliorativo Ergo Uas” - racconta un'operaia - tutto
il materiale ci arriva direttamente in postazione su carrellini
trainati dai robot automatizzati che spesso perdono pezzi per strada
o si fermano e non vogliono saperne di ripartire. Loro non sentono le
minacce dei capi, decidono di non lavorare più e così è se vi
pare. Le operazioni sono tutte cronometrate e le postazioni saturate;
in teoria dovremmo star ferme ad assemblare comodamente tutto ciò
che ci arriva ma in realtà si cammina, anzi, si insegue la linea e
ci si “imbarca”, ossia ci si allontana sempre di più dai confini
della postazione disegnati sul pavimento. Basta un qualunque
imprevisto, una vite sfilettata o un semplice starnuto, per rendere
spasmodica la risalita”.
PERCHE’
ERGO-UAS
Per
il capitale, in un contesto competitivo come quello dell’auto (ma
il ragionamento è valido per quasi tutti i settori) è fondamentale
utilizzare un sistema di definizione dei tempi di lavoro che sia
solido e trasparente. Solido perché deve essere oggettivamente
collegato alle azioni richieste al lavoratore: data una certa azione
infatti ne consegue un tempo di esecuzione certo ed equo. Trasparente
perché il tempo di esecuzione complessivo è frutto di aggregazioni
di fasi di lavoro di cui è noto il singolo tempo di esecuzione.
Questo tempo a sua volta è frutto di aggregazioni sottostanti
(operazioni, sotto-operazioni ecc.) fino a raggiungere la più
piccola unità in cui il lavoro può essere scomposto: il movimento
elementare.
Il
metodo Ergo Uas consente di spingere al massimo la cadenza della
linea e di ridurre le pause fino al massimo consentito dalla
fisiologia umana.
Da
un’inchiesta della FIOM basata su interviste realizzate con 100.000
operai, risulta che il 68% degli intervistati lamenta movimenti
ripetuti delle braccia e delle mani, mentre il 32% (ma la percentuale
sale al 44% tra gli operai di 3° livello) lamenta posizioni
disagiate che provocano dolore. Soprattutto, il 40% degli
intervistati, 47% tra le donne, ritiene che la propria salute sia
stata compromessa dalla condizione di lavoro. Alla Sata già con i
precedenti sistemi (TMC – TMC2) le operaie hanno subito pesanti
conseguenze sull'apparato riproduttivo, disfunzioni, interruzioni del
ciclo mestruale, problemi durante le gravidanze.
Teoricamente
la metodologia ERGO-UAS dovrebbe consentire di valutare il rischio da
sovraccarico biomeccanico di tutto il corpo, mediante un sistema
molto sofisticato, in modo da definire il tempo esatto che una certa
funzione richiede e il tempo di riposo necessario per evitare di
pesare sulla salute degli operai.
In
realtà tale metodo ha il solo obiettivo di far lavorare di più gli
operai, riducendo i tempi morti o quelle operazioni “a non valore
aggiunto”, pesando alla fine moltissimo sulla salute.
Il
sistema Ergo Uas introduce una maggiore scientificità rispetto al
sistema Tmc2: l’oggetto e lo scopo sono sempre quelli: come e
quanto la Fiat deve far lavorare gli operai per aumentare la
produttività; tradotto in termini poveri: fino a quando e fino a
quanto si può spremere un operaio perché garantisca il massimo del
pluslavoro, senza morirvi. Col sistema Ergo Uas viene stabilito un
rapporto tra la misurazione dei tempi alla catena di montaggio e
l’effetto che movimenti, sforzi e posizioni provocano sulla
struttura muscolo-scheletrica. Sulla base di questo sistema verranno
calcolati i tempi di pausa: “più alto sarà il carico in
riferimento ad una determinata operazione, più lungo sarà il
recupero o il tempo necessario per compierla”.
Anche
volendo accettare il rapporto tra misurazione dei tempi di
lavorazione ed effetti sulla salute, i tempi di pausa dovrebbero già
essere piuttosto aumentati che ridotti – visto che il più “sano”
degli operai alla Fiat Sata soffre già almeno di un problema
muscolo-scheletrico, che 2000 operai hanno subito danni fisici
irreversibili e 300 sono con Ridotte Capacità Lavorative a causa dei
ritmi e carichi di lavoro. Invece le pause vengono ridotte a
prescindere!
Il
risultato, quindi, dell’applicazione dell’Ergo Uas non è affatto
una maggiore attenzione del rapporto tra metrica del lavoro e effetti
sulla salute dei lavoratori – come viene presentato dalla Fiat - ma
un aumento dei ritmi produttivi e un aumento dell’attacco alla
salute.
Su cosa cambia con l’Ergo Uas
rispetto al recente passato, il direttore, Gabriele Caragnano,
dell’Ami, dove si studiano e approntano i sistemi per definire i
tempi standard di esecuzione di una lavorazione, spiega: “Il
sistema precedente aveva una conoscenza limitata di ergonomia. La
maggiorazione, ad esempio, veniva applicata a ogni singolo movimento,
il che impediva di conoscere le sequenze di determinate azioni. Con
Uas (Universal Analyzing System) si utilizzano aggregazioni di
movimenti elementari pre-determinati per descrivere sequenze di
operazioni”. “Per semplificare con un’immagine è la differenza
che passa tra un’azione fotografata e un’azione filmata. E’
chiaramente più facile determinare il ritmo, e la relativa incidenza
e tolleranza del carico di lavoro, passando da un’analisi “a
scatto” a una dei flussi. La nuova tecnica ha però bisogno dello
strumento che predetermini il livello di carico massimo per le più
importanti aggregazioni di movimenti”, posture, movimenti degli
arti superiori, ecc. Quindi, “attraverso una scala di punteggi che
va da 0 a 50 e un semaforo verde, giallo e rosso, si misurerà il
carico e i tempi di pausa”.
Ma
considerando il carico solo sui movimenti aggregati, di fatto si
guardano solo le posizioni più disagiate che sono le meno frequenti
e non la fatica dei singoli movimenti e quindi viene fuori solo una
riduzione di ognuna delle pause e nel totale.
LE INCHIESTE DELLA LAVORATRICI MFPR SULLE
OPERAIE DI MELFI
Vi
è stata una prima inchiesta fatta attraverso un questionario,
compilato soprattutto davanti ai cancelli della Fiat, in cui viene
fuori che per le donne gli effetti del sistema lavorativo alla Sata –
chiamato allora TMC2 e oggi diventato Ergo Uas - sono più pesanti e
generali, con danni sia fisici che psichici.
Le
donne, a causa dell’organizzazione del lavoro e dei ritmi
lavorativi, subiscono disturbi del ciclo mestruale che talvolta
sparisce per mesi.
Le
operaie accusano una “indescrivibile stanchezza”. non solo fisica
ma anche mentale.
Molte
operaie dichiarano di soffrire di mal di testa sempre più frequenti
quando stanno al lavoro.
I
ritmi di lavoro poi incidono inevitabilmente sull’insieme della
condizione di vita, in quanto le donne non possono riposare dopo il
turno lavorativo, perché a casa devono ricominciare con le faccende
domestiche, i figli, ecc.
Tante
hanno accusato di sentirsi sempre sull’orlo dell’esaurimento
nervoso, di sentirsi già vecchie, nonostante siano tutte di età
giovane, di uscire dalla fabbrica esaurite senza voglia di fare
altro.
Alcune
hanno detto che, nonostante il disagio di lavorare di notte,
preferiscono questo turno perché almeno c’é di meno l’assillo
del controllo e della presenza dei capi e si sentono più tranquille.
IL
QUESTIONARIO:
-
descrivi una tua giornata di lavoro;
-
descrivi le mansioni che fai, i movimenti che fai;
-
descrivi la postazione in cui lavori, i macchinari, impianti,
attrezzature su cui operi;
-
da quanti anni stai nella stessa postazione e fai gli stessi
movimenti;
-
per quante ore devi assumere la stessa posizione;
-
fai movimenti ripetitivi, fai sforzi ripetuti, quali;
-
negli anni sono aumentati i ritmi di velocità delle linee;
-
hai problemi di disturbo del ciclo mestruale o legati alla maternità,
causati
dal
lavoro, e, in particolare da: sforzo fisico, ripetitività dei
movimenti,
postazioni
non normali di parti del corpo, intensità di ritmi lavorativi,
tensione
nervosa, o altro;
-
qual’è il turno lavorativo più pesante;
-
quando vai a casa, dopo il lavoro, che fai;
-
hai un aiuto in casa da tuo marito, da tuo compagno.
Il
nuovo sistema degli orari, la riduzione delle pause, la nuova metrica
e la turnistica determinano un notevole peggioramento dei carichi di
lavoro e dell’affaticamento sulle linee di produzione.
L’organizzazione
degli orari e dei turni, insieme all’intensificazione dei ritmi di
lavoro, sovraccarico di lavoro, straordinario anche di sabato e
domenica, sottrae tempo al riposo, al tempo libero, al tempo in
famiglia.
"Loro
- hanno detto delle operaie Fiat Sata - non sanno cosa significa
catena di montaggio.
Sulle
pause ridotte, dicono: "che cosa sono 10 minuti di pausa in
meno...", ma quando, come alla Sata, i bagni stanno a inizio e
fine del reparto, per chi sta in mezzo ci vogliono 10 minuti solo per
arrivarci! E per le donne? Chi ha il ciclo mestruale come deve
fare?".
“Quando
si avvicina la pausa c’è il conto alla rovescia dei minuti e
scherzando ci chiediamo cosa riusciremo a fare in quei 10 minuti:
andiamo al bagno, fumiamo o mangiamo qualcosa? Magari potremmo fare
la fila davanti al bagno mangiando il panino, nella peggiore delle
ipotesi almeno una cosa l’avremo fatta! I bagni sono pochi rispetto
al numero delle persone, così anche i distributori di caffè e
merende circondati da sei o sette sedie – pochissime – a creare
una piccola area relax; le file sono lunghe e il caffè conviene
dividerlo con uno o due colleghi. Abbiamo chiesto più bagni o
qualche minuto in più di pausa: qualche capo spiritoso ci ha
suggerito di non bere per ridurre le esigenze fisiologiche. Chi
trascorre la pausa in postazione si appoggia ai cassoni o si siede su
una cassettina vuota e, anche se non si potrebbe fare, mangia
qualcosa. I primi dieci giorni consecutivi di lavoro sono stati
devastanti, avevamo i polsi, i polpastrelli e tutti i muscoli
indolenziti. I due giorni di riposo li avremmo dedicati alle faccende
di casa, in teoria, ma la stanchezza era tanta e non siamo riuscite a
fare tutto...”.
“Faccio
i turni - racconta una operaia della Fiat di Termoli - di mattina e
pomeriggio ma sono del tutto inconciliabili con l'orario spezzato di
mio marito. Tutte le mie richieste di cambiare orario sono rimaste
inascoltate”.
In
una sola linea del 'Montaggio' le macchine sono passate da 276 a 291,
ben 15 in più e neanche un operaio in più. Ai motori, per 25
macchine sta solo 1 operaio. E' aumentata la velocità della linea.
L'aumento
del carico alla catena di montaggio, si riflette inevitabilmente su
tutte le postazioni di lavoro collegate; le due operaie, per esempio
che si occupano della preparazione del materiale utilizzato alla
catena, devono ora essere più svelte e preparare più pezzi di
prima: 30 pezzi in più per due linee.
Ma
non c'è solo l'aumento dei carichi e la riduzione dei tempi di
lavoro, l'azienda diminuisce anche i lavoratori nelle postazioni.
Prima – hanno raccontato le operaie – vi erano 2 operai per tutto
il turno, ora restano 2 solo fino alle 18 e poi per le altre 3 ore e
mezza vi è una sola persona.
Le
operaie e gli operai non ce la fanno già più! La fatica aumenta, le
braccia, le gambe, il corpo sono indolenziti già dopo poche ore.
Gli
effetti sulla salute dei ritmi e carichi di lavoro si vedono in un
semplice dato: “sono aumentati del 50% gli operai con “Ridotte
Capacità Lavorative”, un aumento di 300 casi in un solo anno!
A
tutto questo si è aggiunta per le operaie la questione delle tute,
come una sorta di “goccia che fa traboccare il vaso”. Ma essa è
soprattutto espressione di una battaglia di dignità, e quindi ha un
senso ideologico, anche tra gli stessi operai.
"La
questione della macchiatura della tuta - dice Pina imbrenda operaia Sata e unica delegata Fiom - è cominciata a diventare un
problema di tante operaie e quasi quotidiano. Vi erano le operaie che
per non uscire con la tuta macchiata rimanevano chiuse nei bagni, poi
dovevano chiamare il capo per avere un'altra tuta, questi lo diceva
ad un altro, che quando veniva con la tuta cominciava a dire in
presenza di tutti: per chi è...? Quindi, tutti sapevano..."
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