Prove di guerra, aerei israeliani a Decimomannu
Manlio Dinucci
I caccia Nato di stanza a Decimomannu (Cagliari) avevano appena finito di bombardare la Libia, che subito si è svolta nella base aerea l’esercitazione Vega 2011. Ospite d’onore l’aviazione israeliana, che con quelle italiana, tedesca e olandese si è esercitata ad «attacchi a lungo raggio». Come riporta la stessa stampa israeliana, ciò rientra nella preparazione di un attacco agli impianti nucleari iraniani. L’esercitazione fa parte della cooperazione militare Italia-Israele, stabilita dalla Legge 17 maggio 2005. Rientra allo stesso tempo nel «Programma di cooperazione individuale» con Israele, ratificato dalla Nato il 2 dicembre 2008, circa tre settimane prima dell’attacco israeliano a Gaza. Esso comprende non solo esercitazioni militari congiunte, ma l’integrazione delle forze armate israeliane nel sistema elettronico Nato e la cooperazione nel settore degli armamenti. Così viene di fatto integrata nella Nato l’unica potenza nucleare della regione, Israele, anche se rifiuta di firmare il Trattato di non-proliferazione (mentre l’Iran, che non possiede armi nucleari, l’ha firmato).
Due giorni fa Israele ha testato un nuovo missile balistico a lungo raggio, che il ministro della difesa Ehud Barak ha definito «un importante passo avanti in campo missilistico e spaziale». Ciò conferma il rapporto di una commissione britannica indipendente, appena pubblicato dal Guardian, secondo cui Israele è impegnato a potenziare le sue capacità di attacco nucleare, in particolare i missili balistici Jerico 3 con gittata intercontinentale di 8-9mila km e i missili da crociera lanciati dai sottomarini. Tale programma è supportato dai maggiori paesi della Nato.
La Germania ha fornito a Israele negli anni ’90 tre sottomarini Dolphin (due sotto forma di dono) e gliene consegnerà nel 2012 altri due (il cui costo di 1,3 miliardi di dollari viene finanziato per un terzo dal governo tedesco), mentre è aperta la trattativa per la fornitura di un sesto sottomarino. I Dolphin, dotati dei più sofisticati sistemi di navigazione e combattimento, sono stati modificati così che possano lanciare missili da crociera nucleari a lungo raggio: i Popeye Turbo, derivati da quelli statunitensi, con gittata di 1.500 km.
Gli Stati uniti, che hanno già fornito a Israele oltre 300 cacciabombardieri F-16 e F-15, si sono impegnati a fornirgli almeno 75 caccia F-35 Joint Strike Fighter di quinta generazione (il cui costo unitario è salito a 120 milioni di dollari) e ad addestrare per primi i piloti israeliani, così da formare al più presto tre squadriglie di F-35 che costituiranno «una nuova punta di lancia strategica delle forze aeree israeliane». L’Italia, nel quadro dell’accordo di cooperazione militare, sta collaborando a progetti di ricerca congiunta soprattutto con gli istituti israeliani Weizmann e Technion, che compiono ricerche sulle armi nucleari e quelle di nuovo tipo.
In tale quadro rientra l’esercitazione di Decimomannu, confermando che si sta mettendo a punto un piano di attacco all’Iran, con la partecipazione di forze israeliane, statunitensi, britanniche e altre, supportate dai comandi e dalle basi Nato. E sicuramente il piano prevede, per scoraggiare eventuali pesanti rappresaglie, di puntare alla testa del paese attaccato la pistola con la pallottola nucleare in canna.
(il manifesto, 4 novembre 2011)
AVIAZIONE ISRAELE PREPARA IN ITALIA ATTACCO AD IRAN
Pressing del premier Netanyahu e del ministro della difesa Barak per convincere governo e comandi militari ad lanciare al piu' presto il raid aereo contro le centrali atomiche iraniane.
MICHELE GIORGIO
Roma, 03 novembre 2011, Nena News – Sulle pagine degli esteri dei giornali di tutto il mondo ieri c’era il rilancio della colonizzazione israeliana come risposta del governo Netanyahu all’accettazione della Palestina tra i membri Unesco. Non sorprende. E’ un tema di eccezionale importanza. Ha però nascosto il clima di guerra imminente che ormai si respira nella regione. Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak hanno deciso di attaccare militarmente l’Iran. Lo scrivono da giorni i quotidiani locali che ieri hanno anche riferito una notizia che riguarda molto da vicino l’Italia. L’aviazione israeliana sta completando l’addestramento per un attacco da portare ad un obiettivo a grande distanza (le centrali iraniane?) usando anche la base Nato di Decimomannu (Sardegna). L’ultima fase dell’esercitazione in Italia, scriveva ieri Haaretz, si è svolta la scorsa settimana, con il convolgimento di sei squadroni di cacciabombardieri e ha riguardato il combattimento, il rifornimento in volo e il monitoraggio delle stazioni radar.
Notizie che non fanno altro che accreditare le indiscrezioni sulla preparazione dell’attacco alle centrali iraniane chiesto con forza da Netanyahu con l’appoggio di Barak. I due partner di guerra stanno facendo tutto il possibile per raggiungere la maggioranza in seno al gabinetto di sicurezza (sette ministri), necessaria per dare il via libera al raid aereo. Nei siti nucleari iraniani, secondo Israele e Stati Uniti, Tehran intenderebbe produrre non solo energia atomica ma anche quanto serve per assemblare ordigni atomici. L’Iran ha sempre respinto questa accusa e ha esortato la comunità internazionale a svolgere indagini in Israele, l’unico paese della regione che possiede segretamente, secondo esperti internazionali, almeno 200 bombe atomiche. Tra i ministri che appoggiano Netanyahu c’è anche quello degli esteri e leader ultranazionalista Avigdor Lieberman che ieri ha denunciato l’Iran come «il principale pericolo per la stabilità dell’ordine mondiale». «Il mondo – ha aggiunto Lieberman – deve prendere decisioni e far rispettare le sanzioni contro la banca centrale iraniana. La comunità internazionale deve interrompere gli acquisti di petrolio dall’Iran».
Non siamo ancora all’ultimatum ma poco ci manca. Il rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), che verrà reso noto l’8 novembre, sarà decisivo per le scelte di Israele. Almeno questo è quanto lasciano capire gli stessi leader politici israeliani. Quanto gli Stati Uniti in questa fase siano sulla stessa lunghezza d’onda di Netanyahu e Barak è difficile decifrarlo. Barack Obama però non ha mai escluso l’opzione dell’uso della forza contro Tehran e il segretario alla difesa Leon Panetta sull’argomento è molto meno prudente del suo predecessore Robert Gates. Washington però non vuole attacchi a sorpresa e Panetta, durante il suo recente viaggio in Medio Oriente, ha ottenuto dal governo Netanyahu ampie assicurazioni. Vuol dire che i due paesi attaccheranno insieme, magari con la collaborazione di qualche alleato arabo? L’ipotesi non è infondata.
Che la guerra si sia fatta più vicina lo dice anche la resistenza più debole che oppongono all’attacco i comandanti delle Forze Armate e dei servizi segreti, ossia coloro che, secondo quanto aveva riferito venerdì scorso su Yediot Ahronot uno dei giornalisti israeliani più noti, Nahum Barnea, più di altri si sono schierati con forza contro le intenzioni di Netanyahu. Ora cominciano a cedere sotto le pressioni del premier dopo aver sottolineato per mesi le conseguenze devastanti che avrebbe il raid contro le centrali iraniane, peraltro inutile perché servirebbe a rinviare di poco i programmi di Tehran.
In Iran, naturalmente, seguono con attenzione ciò che si discute in Israele e nella Repubblica islamica non manca chi lancia avvertimenti pesanti come macigni. Il capo di stato maggiore, generale Hassan Firouzabadi, ieri ha minacciato di «far rimpiangere un simile errore» a Israele e messo in guardia anche Washington. «Se il regime sionista (Israele) ci attaccherà, saranno colpiti anche gli Stati Uniti», ha detto. L’Iran appare in grado di rispondere ad un blitz delle forze aeree israeliane con il lancio di decine, forse di centinaia di missili balistici verso il territorio dello Stato ebraico. Tehran inoltre potrebbe sferrare un’offensiva contro gli alleati arabi degli Stati Uniti mettendo a ferro e fuoco l’intero Medio oriente. Ha anche la possibilità di bloccare lo Stretto di Hormuz paralizzando il trasporto marittino del greggio con effetti devastanti per le economie occidentali. Nena News
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