mercoledì 6 luglio 2011

pc 6 luglio - parlano i familiari del processo eternit di torino

"UN BEL punto di arrivo. In pullman, mentre tornavamo a casa, ci siamo
detti questo: siamo arrivati fin qui, ma non abbiamo ancora finito". Romana
Blasotti Pavesi ha 82 anni, l'amianto le ha portato via una figlia, il
marito e la sorella, ma non le ha fatto perdere né la gentilezza né la
lucidità. Se le si chiede che ne pensa del carcere, dell'espiazione, del
significato di un'eventuale condanna per i due imputati, anziani signori di
un altro paese per il quale oggi l'accusa ha chiesto vent'anni di carcere,
risponde decisa: "È giusto che paghino, concretamente. Loro continuavano ad
accumulare soldi su soldi, quando già sapevano che le persone morivano, i
lavoratori come i cittadini. Soltanto in Casale abbiamo avuto 1.700 morti.
La richiesta di vent'anni di prigione è giusta".
Signora Blasotti, qual è stata la sua reazione, ascoltando il pubblico
ministero?
"Di gratitudine. Noi familiari delle vittime siamo grati a lui, al dottor
Colace e alla dottoressa Panelli, agli avvocati e ai giornalisti, per il
modo in cui ci hanno accompagnato in questi anni. Senza il loro lavoro
scrupoloso e tenace, senza la vostra attenzione, non saremo mai arrivati
fino qui. Ma è stata una battaglia lunga e molto dolorosa, perché ogni volta
che si parla di amianto si parla di una tragedia nazionale, ma, per noi,
anche delle persone care che non ci sono più e di quelle che continuano a
morire".
Da quanto tempo vi battete?
"Sono più di vent'anni. Per questo noi sappiamo più di chiunque altro che la
pena chiesta dal pubblico ministero, vent'anni di carcere, è una pena
giusta. Questo processo lo abbiamo voluto noi, senza la nostra lotta non
sarebbe stato possibile. Sappiamo anche che non è finita: ci sono ancora
tanti ammalati, la gente continua a morire".
Che cosa chiedete, oltre alla giustizia?
"Investimenti per la ricerca, si devono trovare le cure per chi può ancora
curarsi. E la bonifica: non l'abbiamo ancora avuta completamente, vogliamo
che Casale ritorni completamente pulita".
Che cosa le importa di più, che i due imputati vadano in carcere o che la
sentenza sia un messaggio per tutti?
"Oggi (ieri, ndr) è stata una buona giornata. Vogliamo che loro paghino
veramente, ma soprattutto che questo processo sia un grande esempio per
tutti. Si sappia che non siamo carne da macello, che non si possono
guadagnare soldi sulla vita degli altri".
Aspettate dei risarcimenti economici?
"Non saprei, ci fidiamo dei nostri avvocati. Lunedì e martedì parleranno in
aula, sanno che cosa dire. Poi, ci saranno altre cause, anche perché dopo di
noi purtroppo verranno altre vittime e altri familiari. Ma per quanto mi
riguarda, tutta la giustizia che chiedo è in questo processo, non ho bisogno
d'altro".
Vent'anni dopo, ricomincerebbe da capo?
"Certo. È stata una battaglia crudele, è molto doloroso sapere che qualcuno
ha deciso deliberatamente di lasciare che la tua e altre famiglie si
ammalassero e morissero. Ma io credo nella giustizia, e questo processo,
fino a oggi, mi dimostra che faccio bene".



(05 luglio 2011)

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