martedì 5 luglio 2011

pc 5 luglio - NO TAV racconto dal fronte

NO TAV

I pullman da tutta Italia arrivano la mattina presto all'autoporto di Susa e lì riceviamo la cartina della zona della Maddalena e tutte le indicazioni utili per la giornata.
I concentramenti sono due: il corteo grosso che vedrà la partecipazione di varie forze, comprese le componenti istituzionali, e che accoglierà la quasi totalità dei compagni provenienti da altre città, partirà da Exil, arriverà alla “centrale” dove ci sarà il blocco della polizia e lì si dividerà in due con una parte che resterà lì e un altra che salirà i sentieri in mezzo ai boschi per cercare di entrare nel cantiere da Ramat. L'altro corteo invece partirà da Giaglione, sarà composto soprattutto da valligiani, attraverserà i boschi per vari sentieri e cercherà di assediare il cantiere della tav in vari punti presidiati dalle forze dell'ordine.
Scegliamo Giaglione come luogo dal quale partire per poter farci il corteo a contatto con chi vive quelle terre e per avere l'opportunità di capire direttamente la composizione e i sentimenti della gente della valle per questa giornata. Il corteo che parte da Giaglione, ma solo se paragonato all'altro, è il corteo piccolo che sfila tra strade quasi a strapiombo e sentieri di montagna. Come previsto è composto soprattutto da gente del luogo di età diversissime ma tutti determinati e combattivi. Dall'altro corteo arrivano buone notizie, è enorme e ci sono compagni organizzati da tutta Italia.
Per tutto il percorso siamo pedinati in maniera pressante da un elicottero della polizia che non ci lascerà un attimo. Arrivati a un tratto il corteo si ramificherà in un paio di sentieri che attraversando i boschi cercano di arrivare al cantiere militarizzato, una parte arriverà su un ponte che troverà totalmente blindato da blocchi di cemento, un altra guaderà un fiume e arriverà da sopra verso la Maddalena incontrandosi con i compagni che, provenendo da Exil, sarebbero scesi da Ramat.
Tutti questi spostamenti tra i boschi non sarebbero stati assolutamente possibili se i compagni non fossero stati guidati fino ai punti dell'assedio da gente del posto, da valligiani esperti dei luoghi, da signori anziani combattivi e determinati a cercare di forzare il blocco della polizia e che, per farlo, ben vedevano la solidarietà attiva di tante persone e giovani provenienti da fuori. L'attraversare sentieri e boschi più o meno agevoli ha ovviamente scremato il corteo ma fin dall'inizio era stato programmato che sarebbe stato posto l'assedio da entrambi i cortei attraverso le tracce in mezzo agli alberi segnate i giorni precedenti dai valligiani e da questi seguite il giorno del corteo.
Per usare le categorie dei giornalacci dei giorni seguenti: sono stati i “buoni” a scortare e accompagnare i “cattivi” tra i boschi verso la Maddalena; sono stati gli “abitanti della val Susa” a organizzare l'assedio e a portare in questi punti i “black block”.
Si arriva in prossimità al cantiere della Maddalena: lo scenario è surreale con i manifestanti in mezzo agli alberi e completamente avvolti dal fumo dei lacrimogeni che caratterizzerà questa giornata come non mai. Verranno sparati continuamente, per ore e ore, di tutti i tipi e “ripescando” stock di dubbia legalità che non si vedevano da anni nei cortei. I compagni e la gente della valle farà il possibile per resistervi con tutti i metodi di fortuna di questi casi ma la quantità del gas che avvolgerà la valle e i boschi è indescrivibile. Dall'altro lato, alla “centrale”, i manifestanti taglieranno la recinzione del corteo e, guardando in lontananza dall'altro lato della valle i fuochi d'artificio in risposta ai lacrimogeni della polizia, scoppierà in un applauso di sostegno alla battaglia.
Negli scontri saranno presenti compagni (da tutta Italia e di tutte le aree politiche) e moltissimi valligiani di tutte le età (ma con una forte componente di “montanari duri” di oltre 60 anni) che, con pietre, fionde, fuochi d'artificio e altri mezzi di fortuna cercheranno per ore di entrare a riprendersi il cantiere resistendo a cariche, lacrimogeni tirati ad altezza d'uomo (la maggior parte dei feriti a fine giornata sarà causata dall'uso da parte della polizia dei candelotti di gas come veri e propri proiettili per colpire i manifestanti). Altro che la solita divisione tra “buoni” e “cattivi”: è stata molto più simile a una rivolta popolare con la gente della valle in prima linea al fianco di chi solidarizza in tutta Italia alla battaglia no-tav. È stata la gente della valle il “reparto scelto” del corteo per le sue conoscenze del luogo, la sua capacità di destreggiarsi in un terreno di montagna, la sua rabbia e la sua determinazione nell'attaccare la polizia e riprendersi il cantiere della Maddalena.
Ci saranno per tutto il tempo bellissimi momenti di “fusione” e di solidarietà attiva tra la gente della valle e chi dal resto d'Italia è andato in prima linea insieme a loro. La battaglia renderà tutti quei manifestanti scesi fino al cantiere un corpo unico in grado di far preoccupare seriamente la polizia e i carabinieri. Si tornerà a casa tra i controlli della polizia, le notizie di arresti e feriti e i saluti e i ringraziamenti tra manifestanti della valle e chi torna ai bus e alle macchine verso altre città.
Come dicono da queste parti sulla battaglia contro la tav: sarà düra.

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