La battaglia della Maddalena
Iniziamo dalla fine…
Un sentiero in salita, circa un’ora, con a fianco l’elicottero
La possibilità di ritrovarsi un numero imprecisato di finanzieri ad aspettarti al paese o lungo il sentiero del ritorno
La luce è quella del tardo pomeriggio filtrata dagli alberi.
Sentieri partigiani e di ribelli d’altri tempi,
oggi però nel bosco di Sherwood lo sceriffo di Nottingham c’ha lasciato le piume.
Procediamo con l’epilogo…
Rinfrescarsi alla fontana del paese e non più con l’acqua dell’idrante sparata in faccia,
perché giù l’acqua per spegnere i lacrimogeni era finita ma non la necessità di spegnerli
perché giù l’acqua col malox era finita e i lacrimogeni continuavano ad arrivare
chi può si toglie la maglia, un misto di sudore, gas urticanti e lacrimogeni e si prende per un po’ il meritato sole del tardo pomeriggio
Ci si scarica le tasche dei bossoli sparati ad altezza uomo
Ma il racconto di un anziano con le stampelle picchiato dai finanzieri giunti al paese per un non riuscito blitz a valle ti farebbe affrontare altre ore di fronte alle guardie
Riprendiamo dall’inizio…
La notte passata a non dormire
La sveglia è l’incertezza dell’oggi
Un caffé offerto dalle persone del paese che ci spiegano che nessuno lì muore di vecchiaia
Ci pensano le esalazioni del Tunnel a toglierti la vita
Un’anziana signora con il rastrello di legno raccoglie il fieno che diventerà foraggio
La notte è passata e quel gesto sembra eterno
Quando arriveremo sarà ancora lì, come le montagne
Quanti saremo, chi verrà con noi, come torneremo e chi non sarà più con noi stasera (forse io?), non si sa
Intanto si scende tra i boschi, in fila come in un’escursione, ogni tanto ci si ferma, arrivano altri partiti da altri punti
Volti giovani a cui questa società a tolto il futuro e volti dei compagni di sempre o di qualcuno con cui magari ti sei pure scazzato,
ma sono in questi momenti che percepisci di avere un nemico comune e ridefinisci la coppia amico-nemico.
Scesi a valle non c’è molto tempo, subito lacrimogeni e le divise che avanzano
In una conca dove loro possono sfruttare la profondità noi l’altezza del bosco
L’aria diviene presto satura di gas
S’avanza, s’arretra e si ripiega,
loro pure.
Noi nella foresta loro nel loro fortino assediato.
La montagna regala pietre, la civiltà i gas tossici e le sue maschere.
Tutti aiutano tutti
Ci sia alterna lì davanti per chi non è cotto dai gas
Si spengono anche un poco più dietro, ci si offre una bottiglia d’acqua, si divide un panino
Loro non danno tregua e noi pure
Tentano, correndo lungo una rete alla nostra sinistra, per accerchiarci, ma non ce la fanno
Usano il getto d’acqua che ci rinfresca e farà diventare fango il terreno su cui la ruspa non riuscirà ad avanzare, anche se si scivola e ci si fa più male
Poi tentano la carica finale, prima del cambio turno per loro,
un affondo per sbaragliarci ormai esausti e prendere chi tra noi può non riuscire a sottrarsi
Ma la contro-carica li respinge e ne lascia uno dei loro sul terreno che torna indietro semplicemente svestito.
Urliamo come scimmie urlanti, o come gli indiani nei film…
Tutti aiutano tutti ed è una strana alchimia
Quella che ci ha permesso di resistere ore, pensando che dall’altra parte altri stavano tentando di sfondare: i barbari sono alle porte, l’impero trema.
Un misto di rabbia e determinazione, mi fanno pensare che l’annosa questione del rapporto tra condizioni oggettive e condizioni soggettive a volte si risolva così:
nonostante tutti i dubbi e le perplessità, a volte basta crederci e prepararsi.
Qualcuno dirà, non è che l’inizio, direi piuttosto che è il proseguimento di una secolare battaglia,
il nostro mondo inizierà quando il vostro finirà, gridavano i canuts quasi 200 anni fa.
Tornando sui sentieri, tra me e me fischietto, una vecchia canzone che forse ho imparato prima di sapere parlare:
Siamo ribelli della montagna
Viviam di stenti e di patimenti
Ma la fede che ci accompagna
Sarà la legge dell’avvenir…
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