da repubblica
Indagini, interrogatori, processi, condanne e trasferimenti di poliziotti e dirigenti. La tragica notte del G8 genovese ha ancora molti punti oscuri, che un giornalista ha ricostruito in un rigoroso libro-inchiesta.
I processi, le indagini giudiziarie, le contrapposizioni tra magistrati dell'accusa e i vertici delle forze dell'ordine che, fin dall'inizio, videro uomini dello Stato lavorare in completa solitudine per accertare responsabilità di altri uomini dello Stato. Le condanne in appello dei poliziotti oggi al vaglio della Cassazione ma, soprattutto, la ricostruzione, meticolosa e scioccante, di quel sabato 21 luglio del 2001 quando a Genova, dopo le ore di fuoco del G8, verso la mezzanotte, in trecento fecero irruzione nel complesso scolastico Diaz scatenando un pestaggio atroce che si concluse con 93 persone arrestate e un gran numero di feriti. Ragazzi, giornalisti stranieri, molti dei quali, al momento del blitz, addirittura dormivano, nonostante non avessero opposto alcuna resistenza vennero picchiati in uno scenario talmente feroce da guadagnarsi la definizione da parte del comandante Fournier di "macelleria messicana". Una catena di violenza che continuò in ospedale nei confronti dei feriti e che, per una cinquantina di arrestati, si trasformò nella caserma di Bolzaneto, in un inferno fatto di botte, abusi e pressioni di ogni genere. Eppure, all'indomani di quella notte sanguinosa che costò all'Italia la censura di Amnesty international, in conferenza stampa la polizia si limitò a parlare di una "perquisizione" eseguita per cercare le armi dei black bloc e, per spiegare i 63 referti medici agli atti della Polizia Giudiziaria, arrivò a sostenere che erano dovuti a "ferite pregresse".
Oggi, dieci anni dopo quello che appare come uno degli episodi più gravi di "mancata legalità" della nostra storia recente, è Alessandro Mantovani, giornalista al Corriere di Bologna, a ricomporre nei minimi dettagli il mosaico di fatti, ombre, contraddizioni, ed effetti dell'assalto alla Diaz. L'epilogo di due giorni di pesantissimi scontri che accompagnarono quel G8, ore di fuoco dal tragico bilancio: un ragazzo di 23 anni, Carlo Giuliani ucciso da un giovane carabiniere Mario Placanica che si trovava su una camionetta rimasta in panne dopo essere stata assalita da un gruppo di manifestanti, numerosi feriti da ambo le parti e 242 arrestati, compresi i 93 della Diaz.
Mantovani ha studiato i verbali, ha seguito i processi, ha parlato con i protagonisti, poliziotti, magistrati, manifestanti e avvocati e il suo libro spezza il silenzio che, salvo rare eccezioni, ha accompagnato questi anni. "Diaz, processo alla polizia" (Fandango) non è solo una dettagliata cronaca degli avvenimenti, è anche un'inchiesta accurata che sottolinea, fatti alla mano, come ancora oggi, a dieci anni di distanza, non sia stata accertata la completa verità. E di come indagini, interrogatori e due sentenze (25 fra gli agenti della Diaz, molti dei quali di grado elevato, sono stati processati e riconosciuti colpevoli di lesioni, falso, calunnie e condannati in appello,) non abbiano ancora chiarito fino in fondo la dinamica dei fatti e le responsabilità che li provocarono. Diaz, processo alla polizia sistematizza ciò che è stato raccontato e, anche grazie alle testimonianze raccolte, aggiunge importanti tasselli alla ricostruzione dei fatti. Ma, soprattutto, aiuta a non dimenticare quei giorni violenti che tanto hanno pesato sui ventenni di allora.
Sulla notte da incubo alla Diaz è in uscita anche un film Diaz. Don't clean up that blood, realizzato sempre per Fandango da Daniele Vicari, con Elio Germano e Claudio Santamaria.
Dieci anni dopo, un libro sulla Diaz, perché?
"Perché il processo sui fatti della scuola Diaz è stato uno scontro feroce tra magistrati e poliziotti che normalmente stanno dalla stessa parte e, al tempo stesso, il più serio tentativo di ricostruire le responsabilità di quanto è avvenuto a Genova. Perché a differenza dei pestaggi in strada e delle torture a Bolzaneto, ricondotti forse con troppa facilità all'azione di singole "mele marce", la cosiddetta perquisizione alla Diaz fu un'operazione pianificata dai massimi vertici della polizia italiana e finì con 87 feriti anche gravissimi e 93 innocenti arrestati in base a prove false. Perché alti dirigenti della polizia sono stati incriminati e condannati per reati gravi, anche se le condanne non sono ancora definitive, e molti di loro sono stati promossi o destinati a incarichi della massima responsabilità e godono della fiducia di gran parte delle forze politiche".
La ricostruzione di quella notte presenta ancora lati oscuri?
"L'inchiesta e il processo hanno dimostrato che la violenza dei poliziotti fu ingiustificata e che le prove alla base degli arresti erano obiettivamente false, a cominciare dalle due bottiglie molotov portate nella scuola da un agente su ordine di un superiore. Questo non è più oggetto di serie contestazioni. Sulle responsabilità individuali, che invece sono molto contestate, l'ultima parola verrà dalla Cassazione. Altri aspetti rimangono oscuri: nessun poliziotto ha denunciato i colleghi, non conosciamo i responsabili materiali del pestaggio e il ruolo che ebbero i singoli funzionari nell'elaborazione dei verbali pieni di falsi. Qualcuno, forse, prima o poi parlerà. Rimangono altrettanto irrisolti sia il ruolo di Gianni De Gennaro, l'allora capo della polizia che era in contatto telefonico con i dirigenti impegnati a Genova ed è stato poi condannato per induzione alla falsa testimonianza in relazione al processo Diaz, sia le coperture anche politiche che scattarono subito dopo per evitare l'inchiesta. Quanto al G8, i lati oscuri sono ancor più numerosi".
Quali conseguenze ha prodotto quel sanguinoso G8 sulla realtà italiana?
"Un'intera generazione, quella dei ventenni di allora che con il movimento no global si affacciò per la prima volta nelle piazze, fu letteralmente terrorizzata dalla violenza arbitraria delle forze dell'ordine. Lo stesso movimento ebbe più la forza di contestare i vertici internazionali come era avvenuto in maniera crescente dal '99 al 2001. Naturalmente c'è stata anche una presa di coscienza, sia pure limitata ad alcuni settori dell'opinione pubblica e delle stesse forze di polizia, circa la necessità di riportare certi reparti nei binari della legalità costituzionale. La stessa istituzione di una Scuola di formazione per l'ordine pubblico darà i suoi risultati, anche se la polizia quando vuole ha sempre dimostrato grande professionalità, prima e dopo Genova 2001. Nel complesso, però, a me pare che i fatti del G8 siano stati sostanzialmente rimossi dalla politica e dall'informazione".
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