Il comunicato diffuso da Giovani Palestinesi d’Italia:
“La questura di Roma ha vietato formalmente ogni manifestazione prevista il 5 ottobre a Roma, coerentemente con le dichiarazioni del ministro Piantedosi.
La prescrizione da parte della questura di Roma è un divieto politico, come si evince dalle motivazioni espresse da parte delle autorità. Ancora una volta il governo italiano, forte della sua complicità con “Israele”, utilizza gli strumenti della repressione per mettere a tacere ogni forma di solidarietà nei confronti del popolo palestinese.
Dietro alla questione dell’ “ordine pubblico” si cela invece la volontà politica di censurare la nostra mobilitazione in un clima di repressione politica mai visto prima. Dopo il divieto del 27 gennaio e le ripetute violenze da parte delle forze dell’ordine durante le manifestazioni in solidarietà al popolo palestinese, questo divieto ribadisce la posizione del governo italiano ad un anno dall’inizio del genocidio.
La gravità di questo provvedimento è inaudita.
Dopo un anno di Genocidio in Palestina, mentre assistiamo al massacro in Libano, è il movimento italiano di solidarietà alla Palestina ad essere colpevole. Dopo più di 42mila vittime in Palestina e 600 in 3 giorni di attacchi indiscriminati in Libano, è la nostra resistenza il colpevole. È il movimento di solidarietà con la Palestina, non i macellai di Tel Aviv, quello da fermare, solo perché diciamo: è giusto resistere al colonialismo e all’oppressione. A questo punto il problema non è solo “Israele”, che da 76 anni porta avanti coerentemente il progetto coloniale sionista.
La democrazia è malata e sta fallendo, e
il problema è l’Italia, che arma e protegge il regime genocidario,
mentre cerca di reprimere chi si oppone alla guerra.
Questo divieto non è altro che il preludio dello stato di guerra che
entrerà in vigore con il ddl 1660, il nuovo decreto sicurezza del
Governo Meloni, messo a punto per reprimere brutalmente qualsiasi forma
di protesta e di dissenso, come nel nostro caso. Un precedente
pericoloso per chiunque si batte per il diritto alla libertà di
manifestazione e di espressione.
Scendere in piazza il 5 ottobre è un atto minimo di disobbedienza, contro “Israele” e i suoi crimini, contro la NATO che ci ha portati nel barato della guerra, contro il Governo Meloni, prima che sia troppo tardi, prima che non esistano più le libertà fondamentali. Contro l’accanimento nei confronti del nostro popolo e di tutte le nostre forme di resistenza al colonialismo che ci priva di vivere la nostra terra e le nostre famiglie da più di un secolo e che oggi colpisce ancora una volta, i nostri fratelli libanesi. Scendiamo in piazza, non ci renderanno complici della protezione e impunità di “Israele”.
Il 5 ottobre in piazza denunceremo a voce alta l’illegittimità dell’intoccabile alleato italiano e ricorderemo i nostri martiri palestinesi e libanesi.”
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