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Notificata la conferma delle misure cautelari restano in carcere - la battaglia continua nelle manifestazioni di questo sabato e dopo fino alla loro liberazione!
Si è svolta martedì 4 aprile a L’Aquila l’udienza del Tribunale del Riesame contro la decisione di incarcerare i palestinesi Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, accusati di terrorismo internazionale in quanto Partigiani della Resistenza palestinese in Cisgiordania. Partigiani, perché la storia, soprattutto di Anan, parla direttamente di resistenza popolare, di resistenza di un popolo che non si è mai addomesticato e non si è mai sottomesso all’occupazione israeliana. E ancora oggi, dall’interno del carcere di Terni, Anan ha respinto le accuse di terrorismo rivolgendole ai suoi accusatori e persecutori. E’ inaccettabile accusare dei palestinesi di terrorismo con più di 40mila palestinesi uccisi a Gaza e decine di bambini fatti morire di fame!
Quindi la vicenda di Anan, e poi quella di Ali e Mansour, è sintomatica del piano politico che c’è dietro questi arresti, ed è emblematica della repressione della resistenza palestinese in Italia, che col governo Meloni ha assunto un ruolo di primo piano nell’alleanza con Israele anche sotto il profilo repressivo, innanzitutto quando ha accolto la richiesta di arresto di Anan a fini estradizionali, successivamente quando ha aperto a carico di Anan, Ali e Mansour un procedimento penale per 270 bis, riconducendo tutte le forme di resistenza palestinese al terrorismo internazionale.
L’udienza, difficile e complessa, era a porte chiuse, trattandosi di una camera di consiglio e Anan, Ali e
Mansour hanno potuto partecipare ovviamente solo in videoconferenza. Si è conclusa verso le 13, quando la corte si è riservata di prendere una decisione nei prossimi giorni.La Corte, in realtà, essendo composta principalmente da magistrati di diritto civile, quindi non preparati sotto il profilo penale, e tanto meno nel campo del diritto internazionale umanitario, per dare un giudizio obbiettivo, e quindi dar prova di terzietà, avrebbe bisogno di molto più tempo. Quindi anche in questo caso la tempistica della sentenza è importante.
Fuori del tribunale si è svolto un presidio solidale con una quindicina di compagni e compagne di L’Aquila e Roma, di cui solo oggi alcuni media hanno dato notizia, parlando di sit-in spontaneo e riportando in calce al trafiletto brevi stralci del comunicato stampa che avevano ricevuto diversi giorni prima, di fatto boicottando il presidio.
A differenza del sit in del 12 marzo, inoltre, a cui si è dato ampio risalto, perché tenuto all’indomani dei 3 arresti, i media questa volta non si sono neanche trattenuti per intervistare la difesa alla fine dell’udienza. E questo fatto, unitamente all’azione di boicottaggio del presidio, è un chiaro segno che di questa vicenda, strettamente legata alla repressione della resistenza palestinese in Israele e in Europa non si deve parlare.
Noi abbiamo cercato di rompere questo vergognoso silenzio. E lo abbiamo fatto intessendo rapporti, parlando con le persone che passavano davanti al tribunale e si fermavano incuriosite, che volevano seguire questa vicenda e ci chiedevano se c’era un comitato di solidarietà con la Palestina in città o anche un sito web di controinformazione, contro la propaganda fascista e sionista profusa a piene mani dai media occidentali.
Lo abbiamo fatto alzando la voce contro questi arresti di natura politica, tesi a delegittimare la giusta resistenza dei palestinesi contro l’occupante coloniale, a reprimere e criminalizzare la crescente solidarietà con il popolo palestinese e la sua Resistenza, a confermare la complicità dell’imperialismo italiano, del governo Meloni, con le politiche genocide e coloniali dell’entità sionista.
Lo abbiamo fatto con le bandiere palestinesi al vento, con i nostri striscioni che hanno ribaltato la narrazione di questo processo: “la resistenza non è un crimine, il genocidio sì, Anan Yaeesh libero, Palestina libera”, “la resistenza non è reato, Anan, Ali, Mansour liberi – Governo Meloni complice di genocidio e repressione”.
E abbiamo rilanciato la solidarietà concreta per sostenere i prigionieri palestinesi anche attraverso una raccolta fondi, in una prima iniziativa, che si terrà a L’Aquila il 13 aprile, di cui è stata data notizia anche attraverso un collegamento su Radio Onda Rossa, che continua a seguire questa vicenda e le iniziative collegate, come il convegno alla Sapienza di Roma di questo pomeriggio, con l’intervento di Flavio Rossi Albertini, l’avvocato di Anan, Ali e Mansour, che sarà reso presto disponibile
Lettera di Anan tradotta dall’inglese – stralci
PALESTINA LIBERA …. prima di tutto grazie per tutto quello che state facendo per la Palestina Ho visto le foto, ho anche guardato qualcosa in TV e sono felice di avere trovato oggi in Italia una nuova grande famiglia. Quanto a me, non so ancora cosa accadrà, se e quanti anni ancora sarò in prigione qui o se mi manderanno in Israele, se mi permetteranno di vivere in Italia o mi cacceranno in un altro paese. Ciò che comunque non dimenticherò mai è quello cstate facendo per me e so che resterete per sempre tutti nel mio cuore e sono certo che resteremo in contatto. ..., lo Stato Italiano e l’Europa stanno con Israele e non con noi, ma per me questo non è importante, perché per me basta ed è il meglio, che stiano con noi persone libere ... se il nostro amore per la Palestina è terrorismo, allora da palestinesi siamo il Dio del terrorismo. Dal 1948 a ora siamo sotto l'attacco di Israele che ci uccide ogni giorno, ma ancora oggi rivendichiamo la libertà che conquisteremo senza mai fermarci. Perché è la nostra terra e i palestinesi meritano di essere liberi e vivere come tutti gli altri popoli del mondo. Ma tutti i governi del mondo vogliono che moriamo senza rumore (in silenzio) e questo non avverrà mai, noi continueremo a combattere fino alla vittoria, fino a quando conquisteremo la libertà. ..Siate certi che sarò forte. Per me non è la prima volta che mi attaccano. Ho già passato quasi 7 anni in diverse prigioni ma non sono riusciti e non riusciranno a togliermi la speranza nella libertà per la mia terra di Palestina. E la Palestina merita molto ma molto più che qualche anno in carcere. Anan Yaeesh 25.03.24
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