lunedì 3 maggio 2021

pc 3 maggio - Il caso TransMed: la natura antipopolare e pro imperialista del governo Mechichi e il neocolonialismo dell'imperialismo italiano in Tunisia - corrispondenza importante


Un paese sempre più impoverito e dipendente dall'estero

La Tunisia negli ultimi anni è entrata in una crisi economica e sociale senza precedenti, basti consultare l'evoluzione di alcuni indicatori macroeconomici negli ultimi anni, lo scoppio della pandemia e la conseguente recessione internazionale hanno sicuramente aggravato lo scenario.

In particolare la crescita del Pil dell'ultimo anno segna un - 6,1%, il tasso ufficiale di disoccupazione è di oltre il 16% (in realtà quasi il doppio), del 30% tra i più giovani, sfiorando il 50% nelle regioni più marginalizzate, il debito pubblico rappresenta il 78% del PIL, il livello più alto dall'indipendenza formale del paese, quasi un terzo di esso è rappresentato dal debito estero la cui origine è ripartita come segue: 48,3% dalla cooperazione multilaterale, 35,8% dal mercato finanziario e 15,9% dalla cooperazione bilaterale".

Proprio in questi giorni una delegazione governativa è a Washington per negoziare un nuovo prestito di 4 miliardi di $ dal FMI, l'ennesimo, che da un lato servirà a dare ossigeno al governo per poter pagare le spese correnti nel breve periodo come salari del pubblico impiego e spesa pubblica in generale, dall'altro nel medio periodo contribuirà all'aumento

del debito stesso continuando il circolo vizioso di dover chiedere un nuovo prestito alla agenzie internazionali liberiste come FMI e BM mantenendo il paese dipendente dai finanziatori esteri.

Ma non è tutto, ogni prestito è vincolato da condizioni dettate dai finanziatori e che influenzano la politica economica del paese "beneficiario" spingendolo verso una progressiva liberalizzazione dell'economia e della finanza e privatizzazione di settori strategici.

Il FMI per esempio, prima di incominciare questo round di consultazione ha chiesto alla Tunisia di impegnarsi in riforme strutturali "credibili", ufficialmente per alleggerire la pressione sul debito (in realtà gli stessi prestiti forniti alle condizioni del FMI stesso ne sono la causa). Dal canto suo Mechichi promette "che questa volta le riforme si faranno", ma in cosa consistono quest riforme?

Come sempre ad ogni round viene chiesto di "diminuire la massa salariale", una maniera elegante per dire più licenziamenti nel settore pubblico, col risultato dell'aumento della disoccupazione e del peggioramento delle condizioni di lavoro per chi resta; di ridurre la calmierazione dei prezzi di prima necessità progressivamente, un segnale di "buona volontà" è già stato inviato dal governo Mechichi con l'aumento di dieci centesimi sul latte, ben tre aumenti del prezzo della benzina in meno di due mesi e l'annuncio dell'aumento delle tariffe dei trasporti pubblici a partire da giugno.

Ad ogni prestito concesso corrisponde quindi un peggioramento delle condizioni di vita del popolo tunisino in particolare di lavoratori, contadini e piccoli commercianti.

L'altra grande questione che abbiamo accennato poc'anzi è la privatizzazione, leggi svendita a beneficio del capitale straniero, di alcuni settori strategici dell'economia in mano allo Stato.

L'affaire Tankmed

In questo contesto pochi giorni fa è salito alla ribalta il caso di Tankmed, un'azienda specializzata nello stoccaggio e trasbordo su camion cisterne di prodotti petroliferi avente sede nel porto industriale della cittadina centro-meridionale di Skhira (circa 80 km a sud di Sfax). Tankmed ha un capitale misto pubblico/privato di 19 milioni di $, due aziende pubbliche, l'ETAP (Entreprise Tunisienne d'Activités Pétrolières) e la SNDP (Société Nationale de Distribution de Pétrole) detengono rispettivamente una quota del 24% ciascuna per un totale del 48% del capitale, vi sono poi altri tre detentori privati di quote, tutti stranieri, rispettivamente Arab Petroleum Investment Corporation (APICORP) e Stusid Bank con il 20% ciascuno e Banque Tuniso-Koweitienne (BTK) con il 12%. L'azienda attualmente ha il 35% della capacità di stoccaggio di tutto il paese e nonostante il quadro economico negativo, negli ultimi cinque anni ha riportato un attivo di 25 milioni di dinari all'anno (circa 5,5 milioni di $).

Recentemente i tre partner stranieri hanno espresso la volontà di vendere le proprie quote (52% del capitale totale dell'azienda), ETAP e SNDP. Contemporaneamente un'agenzia di transazione italiana indicata come PRI in alcune comunicazioni ufficiali, si è fatta ugualmente avanti per acquistare tale quota di capitale aspirando quindi a diventare socio di maggioranza.

Il 22 aprile il sindacato UGTT presente in Tankamed ha denunciato pressioni da parte del governo, per mezzo del ministro dell'industria e dell'energia e dello stesso primo ministro, su ETAP e SNDP e altre aziende pubbliche ad esse collegate come Agil, a non partecipare al bando di cessione delle quote, in modo da favorire quindi l'azienda italiana a discapito di tali aziende nazionali e per giunta pubbliche.

Il giorno dopo era prevista una riunione in cui il CDA dell'azienda avrebbe formalizzato l'inizio della trattativa con PRI, ma i lavoratori sono scesi in sciopero bloccando l'ingresso dello stabilimento per due giorni, denunciando tale politica antinazioanale: un settore strategico per l'economia nazionale, come quello energetico che permette anche l'acquisizione di valuta estera, dovrebbe restare saldamente in mano allo Stato. Infine la PRI è conosciuta per la sua attività speculativa riguardo le transazioni azionarie. Inoltre si profila il rischio licenziamento o di deterioramento delle proprie condizioni di lavoro qualora un'azienda straniera irrompesse a Skhira: com'è noto infatti i padroni stranieri in Tunisia sono dei campioni nel non rispetto dei diritti sindacali, spesso neanche tollerando la presenza del sindacato stesso.

Il 27 aprile quanto denunciato dal sindacato si è palesato: il primo ministro Hichem Mechichi, con un tempismo perfetto, incontra direttamente l'ambasciatore italiano in Tunisia Lorenzo Fanara, l'incontro è così riassunto da un comunicato ufficiale dell'Ambasciata d'Italia in Tunisia: "Eccellente incontro con il Capo del governo, Hichem Mechichi. Manifestato pieno sostegno al piano tunisino di riforme economiche. Fatto il punto sulle relazioni bilaterali con particolare riferimento alla tutela degli investimenti italiani in Tunisia" (sottolineature nostre).

I giornali locali hanno riportato la notizia con toni entusiasti verso il "paese amico", in realtà abbiamo già visto come queste riforme economiche già in atto siano antipopolari e imposte da agenzie straniere con il sostegno di paesi imperialisti come l'Italia, la Francia o gli USA che hanno grande voce in capitolo al loro interno.

L'Italia appoggiando il cosiddetto "piano tunisino di riforme economiche" contribuisce quindi all'impoverimento del popolo tunisino. Accenniamo solo brevemente che nella stessa direzione vanno anche gli accordi relativi al "contrasto dell'immigrazione clandestina".

Inoltre l'incontro ha messo in luce che anche nelle singole transazioni finanziarie, come nel caso Tankmed, il governo prende direttive da potenze straniere, in questo caso l'Italia.

L' imperialismo italiano con il governo Draghi aumenta la presenza nell'area

Il fatto apparentemente paradossale di un governo che agisce contro gli interessi di aziende pubbliche nazionali a favore di aziende straniere è in realtà chiaramente spiegabile con la natura neocoloniale propria dello Stato tunisino sin dalla sua indipendenza formale nel 1956.

Inoltre la natura del proprio governo è l'attuale espressione degli interessi della classe dominante tunisina: una borghesia burocratica e compradora che resta in sella grazie ai finanziamenti internazionali e che svolge un ruolo di intermediazione per la svendita delle ricchezze nazionali alle potenze straniere.

Il primo maggio, in occasione della Giornata Internazionale dei Lavoratori, quasi in maniera beffarda l'Ambasciata d'Italia in Tunisia annuncia: "Eccellente incontro con il Presidente di UTICA (la "Confindustria tunisina" n.d.a.), Samir Majoul, per discutere dell’ottimo stato delle relazioni economiche bilaterali e delle opportunità per rafforzarle ulteriormente". Il pressing continua...

L'imperialismo italiano cerca disperatamente di ritagliarsi la propria fetta di mercato in Nord Africa ed in particolare in Libia e Tunisia in concorrenza con l'imperialismo francese ma anche contrastando la maggiore influenza nell'area dell'imperialismo russo e di alcune potenze regionali come Egitto e Turchia.

Ultimamente un'operazione simile a TransMed sta avvenendo per l'acquisizione del 58% del capitale di Carthage Cement in cui tra i potenziali acquirenti figura anche l'italiana Petrolcem SRL oltre che ad aziende spagnole e portoghesi; inoltre negli ultimi giorni nel quadro del crescente interventismo economico-militare italiano in Libia, Luigi di Maio ha annunciato "la costruzione italiana di un'autostrada nordafricana collegante l'Egitto alla Tunisia attraversando la Libia" (in realtà era prevista dagli accordi bilaterali siglati nel 2008 e poi bruscamente interrotta), d'altronde è sempre un'azienda italiana che recentemente ha costruito il troncone autostradale di 160 km tra Sfax e Gabès (nel sud della Tunisia) e che da lì sta completando i restanti 200 km fino al confine libico. Infine mentre Eni si sta disimpegnando dalla Tunisia a fronte della grande combattività del fronte operai-disoccupati a Tatouine, il colosso italiano, supportato dal governo Draghi preferisce rafforzare la propria posizione in Libia dove la lotta sindacale è minacciata dalle armi delle milizie che allo stesso tempo garantiscono l'attuale pax armata nel paese.

Alla luce di tutto ciò è quindi evidente che gli interessi italiani in Tunisia e nell'area sono incompatibili col benessere del popolo tunisino, al contrario la presenza italiana in Tunisia è corresponsabile della miseria e della crisi economica in cui versa il paese.

Il popolo tunisino con la Rivolta Popolare del 2010/2011 è riuscito a far cadere un regime, non riuscendo a conquistare il potere politico che è rimasto saldamento in mano alla stessa classe sociale che si è rifatta il trucco, in ogni caso questa esperienza di lotta analizzata, interiorizzata e sviluppata sarà la chiave per innescare una Rivoluzione di Nuova Democrazia che per mezzo della Guerra Popolare risolverà l'attuale contraddizione.

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