sabato 8 maggio 2021

pc 8 maggio - Mali, le mosse del governo italiano sul campo per mettere al sicuro le truppe imperialiste da schierare: firmato a Roma l’accordo tra le comunità tuareg, presente il ministro Di Maio

Entro la fine del 2021 saranno schierati in Mali duecento soldati, venti mezzi terrestri e otto elicotteri.

Per il governo Draghi il Mali è un “partner strategico per la gestione dei flussi migratori e la stabilità del Sahel” 

l’Italia imperialista ha sottoscritto recentemente importanti accordi in materia di cooperazione militare con il Niger nel 2017, con il Burkina Faso nel 2019

Il 6 maggio alla Farnesina è stata firmata una dichiarazione congiunta tra il ministro Di Maio e il ministro dei Maliani all’estero e dell’integrazione africana, Al Hamdou Ag Ilène, documento che mira a rafforzare la cooperazione in materia migratoria e di sicurezza. 

La guerra in Mali ci riguarda per i rapporti con la Libia ma anche con l'Algeria, il secondo fornitore di gas dell'Italia imperialista. In Mali gli affari economici italiani sembrano trascurabili, soprattutto da quando l'Eni ha rinunciato alle concessioni petrolifere di Taoudeni in joint venture con l'algerina Sonatrach. Ma il fatto stesso che gli algerini avessero spinto l'Eni ad andare in Mali aveva un significato politico oltre che economico: Algeri coltiva ambizioni di potenza egemone nell'area e il Mali fa parte del suo cortile di casa. Gheddafi sosteneva con generose donazioni i bilanci di Bamako ma toccava agli algerini tenere d'occhio i movimenti Tuareg e i gruppi islamici cone l'Aqmi, Al Qaida nel Maghreb, e Ansar Eddine dove i capi sono vecchie conoscenze del Dis, i servizi di intelligence di Algeri.

Ecco cosa prevede l’accordo

I principali movimenti armati maliani firmatari dell’Accordo di Algeri per la pace e la riconciliazione del 2015 (voluto da Francia e USA, ndr) hanno siglato a Roma un accordo, noto come Dichiarazione di Roma, con l’obiettivo di far fronte comune contro il crescente deterioramento della sicurezza nella regione africana del Sahel ed in particolare nel nord del Mali. L’accordo, firmato ieri alla presenza del ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale Luigi di Maio al termine di due giorni di colloqui promossi dall’Ong italiana Arapacis, è stato annunciato in un comunicato dal Coordinamento dei movimenti di Azawad (Cma) e dalla Piattaforma dei movimenti del 14 giugno 2014 di Algeri e prevede la creazione di una struttura comune denominata Quadro strategico permanente (Csp). Nel rilevare “il deterioramento della situazione della sicurezza nel Sahel in generale e in Mali in particolare, soprattutto nelle regioni del Nord/Azawad del Mali“, la nuova coalizione di movimenti armati tuareg si è posta una serie di obiettivi tra cui quello di “concretizzare la sinergia degli sforzi a favore dell’attuazione diligente dell’Accordo di pace e riconciliazione in Mali derivante dal processo di Algeri” e di “rendere operativi i meccanismi congiunti per combattere l’insicurezza in tutte le sue forme al fine di garantire la libera circolazione delle persone e delle loro merci”.

Se la firma dell’accordo tuareg a Roma risponde quindi ad un reale bisogno maliano di rafforzare la risposta comune ai disordini saheliani – anche in luce del recente decesso del presidente ciadiano Idriss Deby e del suo ruolo di “bastione antijihadista” regionale -, averla conclusa a Roma sottolinea le aspirazioni italiane nei nuovi equilibri che vanno delineandosi. L’adesione italiana alla Task Force Takuba – che in lingua tuareg significa “Spada” –, concepita per la prima volta in occasione del vertice G5 Sahel di Pau del 2020 e promossa dalla Francia, apre in questo senso una nuova finestra di intervento per Roma nella regione saheliana, dove Parigi è al centro di crescenti dissapori fra gli abitanti locali.



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