mercoledì 21 ottobre 2020

pc 21 ottobre - Se questo è Profumo figuratevi il puzzo

Contro il signore della corruzione e delle armi dell'imperialismo italiano massima denuncia  

proletari comunisti

Processi e buonuscite: la “maledizione” di Leonardo

di Gregorio Piccin

Sembra che essere nominati alla prestigiosa carica di amministratore delegato della industria bellica di bandiera porti davvero sfortuna rispetto alle pendenze giudiziarie pregresse. Alessandro Profumo è stato infatti raggiunto da un giudizio in primo grado della seconda sezione del tribunale di Milano: sei anni di reclusione e di 2,5 milioni di multa per aggiotaggio e false comunicazioni sociali al tempo in cui era presidente di Monte dei Paschi.

Le pene accessorie che prevedono cinque anni di interdizione dei pubblici uffici e due anni di interdizione dalla contrattazione con la pubblica amministrazione e dalla rappresentanza delle società non avranno effetto immediato in quanto si tratta di una sentenza di primo grado.

L’amministratore delegato di Leonardo, di fronte alla condanna dimostra un misto di stupore e serenità: «Credo di aver sempre operato per il bene delle aziende per cui ho lavorato. Pertanto sono davvero sorpreso dalla sentenza del Tribunale di Milano (…) Con questa serena convinzione e nella più totale

fiducia nell’operato della magistratura ricorrerò in appello per vedere riconosciuti gli sforzi profusi durante il mio impegno in Mps».

La serenità di Profumo è in effetti “ben riposta”. Mauro Moretti, il suo predecessore alla guida di Leonardo, nel gennaio 2017 – in concomitanza con la presentazione del piano industriale – venne raggiunto dalla sentenza del tribunale di Lucca che lo condannava a 7 anni di reclusione per la strage ferroviaria (32 morti) di Viareggio del 2009. Infatti, prima di essere catapultato da Renzi alla guida di Leonardo, Moretti era amministratore delegato di Fs e Rete Ferroviaria Italiana. Nonostante l’estrema gravità della sentenza, definita populistadal suo avvocato, Moretti incassò immediatamente la conferma della sua carica dal Cda di Leonardo e non si dimise; ma a maggio – suo malgrado – Gentiloni, Padoan e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo rimossero dallincarico per sostituirlo con il banchiere Alessandro Profumo. Il Cda di Leonardo congedò Moretti con una buona uscita di oltre nove milioni di euro.

Profumo, con buona probabilità, non vedrà messa in discussione la sua attuale carica dal Cda della principale industria bellica di bandiera, anche perché nel frattempo è stato nominato presidente della potente e prestigiosa Associazione europea delle industrie dell’aerospazio e difesa (*). Carica quest’ultima che, nell’oramai consolidato rapporto simbiotico fra ministero della Difesa e industria militare, è considerata a tutti gli effetti una sorta di ambasceria ufficiale del Paese.

Resta da vedere cosa ne pensano i 5stelle, componente determinante del governo Conte bis, da sempre animati da una spiccata propensione al giustizialismo e che proprio sullo scandalo Mps chiesero e ottennero una Commissione d’inchiesta parlamentare da loro presieduta…

Potrebbe succedere che i pentastellati, in uno slancio di coerenza rispetto a uno dei propri pilastri ideologici, facciano pressioni sul governo affinché rimuova Profumo dal suo incarico, come fu per Moretti. Ma considerato il livello molto basso del “termometro della coerenza” rispetto alle promesse elettorali del Movimento e considerato il “peso” di Profumo è molto probabile che non ci saranno terremoti.

Una sola cosa è certa: comunque vadano le cose, quali siano le responsabilità, ai top manager un buon paracadute milionario non lo ha mai negato nessuno. La “serenità” per chi dirige asset strategici, a prescindere da quale sia l’esito della direzione intrapresa, è diventato da molto tempo uno stato di natura.

(*) cfr Il “Profumo” (di armi) si espande in Europa

La lotta alla criminalità dei colletti bianchi non s’ha da fare

di Salvatore Palidda

Alessandro Profumo, oggi alla guida di Leonardo, è stato condannato a 6 anni, con 5 anni di interdizione dei pubblici uffici e due di interdizione dalla contrattazione con la Pubblica amministrazione e dalla rappresentanza delle società, anche se non ancora in sentenza definitiva. Ma il requisito di onorabilità che dovrebbe essere rispettato per gli alti manager di Stato è stato cancellato. 

Profumo è riconfermato dal governo Conte – dai Pd – nonostante fosse a rischio, perché imputato in due procedimenti milanesi (Monte dei Pschi e Diavania a Bari quando era in Unicredit).

Tre anni prima, l’allora ministro PD Pier Carlo Padoan, azionista di controllo di Finmeccanica, modificò in extremis la direttiva del predecessore per poter nominare Profumo, allora rinviato a giudizio per usura bancaria dal Tribunale di Lagonegro, e per salvare in Eni Claudio Descalzi, accusato di corruzione internazionale per la vicenda del giacimento Nigeriano Opl245.

Padoan riscrisse le regole con una direttiva pubblicata dopo che le nomine nelle grandi società partecipate di Stato erano state ufficializzate, ma datata due giorni prima della scadenza (data sul sito del Tesoro scritta a mano). 

La direttiva precedente del 2013 prescriveva requisiti rafforzati di onorabilità, e l’ineleggibilità per chi fosse rinviato a giudizio, fra l’altro, per reati finanziari o corruzione e la decadenza con condanna anche non definitiva.

Ricordiamo che queste misure erano state varate anche per ridare un po’ di affidabilità all’Italia considerata Paese di corruzione e di inaffidabilità per la sua alta quota di economie sommerse (oltre il 32% del PIL). Si era anche detto che da allora la lotta alla corruzione sarebbe stata efficace ed efficiente … ma anni dopo i casi di corruzione e di criminalità dei colletti bianchi sono sempre più numerosi.

La direttiva precedente invitava le partecipate di Stato a inserire una “clausola etica” negli statuti per recepire i nuovi requisiti. Le assemblee dei soci di Eni, Finmeccanica e Terna (rete elettrica) rigettarono la proposta. Solo Enel la introdusse, salvo poi ammorbidirla due anni dopo (i vertici decadono solo in caso di condanna). In Fincantieri l’azionista di controllo, Cdp ovvero Cassa Depositi e Prestiti, prima inserì la clausola e poi la tolse. La stessa Cdp, su indicazione del Tesoro azionista, fece lo stesso per permettere 2015 l’insediamento all’allora ad Fabio Gallia, voluto da Matteo Renzi, su cui pendeva una citazione in giudizio della procura di Trani per la sua attività in Bnl-Paribas. Capolavoro nelle Ferrovie: la clausola fu inserita, ma con la previsione che il cda potesse valutare la gravità del rinvio a giudizio.

Nel giugno 2018, quando l’allora ad Renato Mazzoncini (renzianissimo) fu rinviato a giudizio per una vicenda legata ai contributi statali a una partecipata delle Fs, il Cda si riunì e lo assolse chiedendo pure ai due ministeri di riferimento di sopprimere la clausola etica.

La politica poteva almeno usare la direttiva Saccomanni per evitare di nominare manager a rischio. Invece l’ha archiviata e l’ultima direttiva, firmata da Roberto Gualtieri, prevede addirittura che i manager candidati autocertifichino che è tutto a posto, specie sui conflitti d’interessi.

Ad aprile Descalzi è stato riconfermato in Eni nonostante sia a processo per reati gravissimi.

Nel Paese degli illegalismi tollerati i reati dei colletti bianchi diventano quasi attestati di merito: come dice il detto mafioso mangiano e fanno mangiare.

vedi https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/17/non-solo-profumo-la-babele-di-norme-che-tutela-i-manager-di-stato-anche-se-condannati-o-a-processo-da-fincantieri-a-eni-fino-a-ferrovie/5969718/

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