venerdì 23 ottobre 2020

pc 23 ottobre - Un milione di posti di lavoro a rischio nelle piccole e medie imprese: e lo chiamano "Festival del Lavoro"…

Blocco dei licenziamenti! Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario… sono alcune delle parole d’ordine delle lavoratrici e dei lavoratori in lotta che si confermano necessarie di fronte agli scenari che ci si presentano.

Il Sole 24 ore di oggi riporta una indagine uno studio dei Consulenti del lavoro che si occupano in questo caso di medie e piccole imprese, tra gli ospiti dell’iniziativa, chiamata appunto Festival del Lavoro, il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, del Mise, Stefano Patuanelli, e degli Affari regionali, Francesco Boccia.

“Tra il 2020 e il 2021 – dicono - il sistema delle Pmi italiane potrebbe perdere circa un milione di posti di lavoro per effetto del perdurare della crisi e dell’inevitabile sblocco dei licenziamenti, colpendo particolarmente i dipendenti delle piccole imprese.”

I problemi maggiormente evidenziati sono la gestione della cassa integrazione che padroni grandi e piccoli non vogliono pagare, le ristrutturazioni, che significa altri licenziamenti, per recuperare la riduzione dei livelli di produttività!

“… la preoccupazione maggiore – continua l’articolo - espressa dai consulenti del lavoro non è tanto quella di dover gestire l’emergenza sanitaria - ritenendo il 59% degli intervistati che le aziende siano ad

oggi attrezzate a gestire il personale in caso di contagi - ma piuttosto quella di doversi trovare nuovamente alle prese con le procedure per la cassa integrazione (indicata come principale criticità da affrontare nelle prossime settimane dal 62,8% dei professionisti), di confrontarsi con l’avvio delle ristrutturazioni (42,8%), con l’inevitabile riduzione dei livelli di produttività (42,2%), con la gestione delle esigenze del personale, alle prese con conciliazione e quarantene, nonchè con la sua riorganizzazione.”

Mentre rispetto allo smartworking i problemi nelle piccole e medie imprese non sono così pressanti, soprattutto perché c’è la necessità di “controllare meglio i dipendenti”.

“ … a poco servirà  - dicono - il ricorso allo smart working, visto che per la maggioranza dei consulenti del lavoro (56,9 %) le imprese faranno di tutto per tenere i membri dell’organico in sede (8 su 10 sono già tornati a fine settembre), soprattutto a causa della tipologia di attività svolta (46,9%), ma anche per la consapevolezza che l’azienda non è attrezzata per il lavoro agile (26,6%) o per la necessità di controllare meglio i dipendenti (22,4%).”

Una cosa piacerebbe però ai padroni a proposito di smartworking, “eliminare i riferimenti generalizzati al luogo e orario di lavoro [cioè quelle dei contratti…] e trasformare queste variabili a livello di contrattazione aziendale” per fare della lavoratrice o del lavoratore ciò che vogliono quando vogliono e dove vogliono!

 Il problema dei problemi affrontati però sono i “Tempi lunghi per la ripresa”.

«Ciò che l’indagine evidenzia - sottolinea il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Marina Calderone - è uno scenario di grande incertezza: ci saranno più chiusure … sarà un percorso tutto in salita e che richiederà tempi lunghi per poter parlare di recupero. Basti pensare che per il 38,6% dei professionisti intervistati i fatturati delle imprese torneranno ai livelli pre-covid non prima di due anni, nel 2022, mentre il 35,7% guarda come tempo di ripresa addirittura al biennio 2023-2024.”

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