dal Comitato Lavoratori delle Campagne
Due giorni fa, a seguito del contagio di 17 persone all’interno della tendopoli, il sindaco di San Ferdinando ha annunciato l’istituzione di una zona rossa nell’area della tendopoli. E così è stato, esattamente come per il campo container di Rosarno e tutti gli altri “campi” dove vivono le persone immigrate. I cancelli della recinzione che circonda la tendopoli sono stati chiusi a chiave, serrando dentro positivi, negativi e persone che non avevano neanche fatto il tampone. Nessuno è potuto uscire e non è neanche stato portato da mangiare.
Di fronte alla situazione insostenibile, come mostra il video qui sotto, ieri notte gli abitanti della tendopoli hanno iniziato una protesta, perché “in italia rinchiudono le persone come animali”, perché così è impossibile andare a lavorare, perché invece di isolare i positivi, hanno chiuso tutti dentro. Un
ottimo modo per condannare al contagio chi vive in tendopoli e rassicurare gli italiani fuori. Subito sono arrivati i reparti antisommossa della polizia, e i giornali hanno dipinto tutto come una naturale “tensione”.Come può essere questa la soluzione per una pandemia? I lavoratori immigrati continuano ad essere esclusi dalle più basilari tutele per la loro salute. Alla tendopoli di San Ferdinando, così come al Campo Container di Rosarno e a Borgo Mezzanone (FG) già da mesi, la questione sanitaria viene invece strumentalizzata per militarizzare e controllare in modo più stringente gli insediamenti dove vivono gli immigrati. E questa tendenza si inserisce in contesti dove il razzismo delle istituzioni sanitarie le rende spesso complici delle dinamiche di controllo, ricatto e privazione dei diritti dei lavoratori delle campagne.
Come altro descrivere la crescente difficoltà ad ottenere cure attraverso le tessere STP ed ENI, o i casi in cui paramedici dell'ambulanza chiamano la polizia che decreta l'espulsione di un immigrato, invece di soccorrerlo e portarlo in ospedale? Inoltre, le vite degli abitanti di questi campi e ghetti fatiscenti sono gestite costantemente come un'emergenza. E il Covid (specie quando si presenta in forma asintomatica, come nella maggioranza dei casi positivi tra chi vive in tendopoli), può sembrare un problema troppo leggero per non andare a lavoro, quando non esistono forme efficaci di supporto economico alternativo.
Non può sorprendere, allora, che le persone dubitino immediatamente delle affermazioni delle autorità, quando queste affermano che sono motivi sanitari a rendere necessari interventi razzisti e violenti come rinchiudere le persone in tendopoli per i prossimi dieci giorni, o proporre lo sgombero del campo container per costruire una nuova tendopoli anche a Rosarno. Le case che servono, nella Piana di Gioia Tauro, esistono: a Contrada Serricella (Rosarno). Sono state costruite con fondi europei per gli immigrati che lavorano in campagna, e sono pronte da anni. Le tendopoli e i campi continuano a rimanere le soluzioni preferite perché sono le più utili agli stessi processi di contenimento, controllo e precarizzazione che esistono da prima di questa pandemia.
Non ci si preoccupa di prevenire o curare, ma solo di isolare, ignorando le enormi difficoltà causate dall'essere rinchiusi in quella tendopoli per 10 giorni. Come dice chi ci vive, “Basta tendopoli! Basta tendopoli!”.
Sta accadendo la strage annunciata della pandemia che si abbatte su persone le cui vite non contano. Queste persone lo sanno, e ancora una volta lo gridano ad alta voce.
Ora basta! Documenti, case e contratti per tutte/i! La salute non deve essere un privilegio!
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