martedì 7 luglio 2020

pc 7 luglio - Dietro i nuovi focolai della pandemia in Italia lo sfruttamento degli operai

Da Bologna a Mantova c’è la drammatica condizione dei migranti, Roma è il Bangladesh, nel nord/Est i migranti di origine dei paesi dell’Est Europa, nel Sud le nuove ondate migratorie che premono nei porti.
Questa situazione costituisce di fatto un’opportunità, una sfida, per l’attualità della battaglia fatta già nel periodo della pandemia dilagante, in cui si è gridato forte in alcune enclave proletarie: “Non siamo e non vogliamo essere carne da macello!”.
Ma non possiamo essere coloro che si limitano a gridare quando i buoi sono scappati dalla stalla.

La seconda ondata della pandemia è in corso e assume un carattere di classe sempre più
accentuato, e quindi è necessario condurre questa battaglia con la chiarezza necessaria che non è un terreno di contrattazione o affidata alle “illuminati decisioni” delle prefetture.
La nuova ondata come la prima a quanto pare ha un “paziente zero”, ed è ancora una volta un “paziente tedesco” piuttosto che cinese. Anche qui è partito dal macello in Germania che ha messo in luce tutta la gravità delle potenzialità del dilagare del virus.

Misure sanitarie e lotta di classe devono andare insieme. E questo è un problema molto ma molto più serio dei ‘patti sociali’ in cui sono impegnati i sindacati confederali con i padroni, ma anche dell’autopropaganda mediatica in cui sono impegnati anche pezzi del sindacalismo cosiddetto di base.
Ne la lotta dei lavoratori contro sfruttamento, schiavitù e pandemia può essere parte del circo mediatico (vedi “Stati popolari”), anzi ad esso di deve sottrarre.

L’altro fronte è quello che aggredisce i migranti di ritorno dai loro paesi e migranti del Mediterraneo. Qui oltre che la pericolosità di questi nuovi focolai, molto fusi col tessuto urbano della grandi città e delle famiglie, non sta solo nell’aspetto sanitario ma anche e soprattutto nella speculazione razzista che non vede l’ora, con in prima linea i fascio-populisti, di trasformare i migranti in “untori”. E siamo in un’estate in cui è richiamato al lavoro un esercito di braccianti schiavizzati e non tutelati.
Anche qui lotta di classe contro padroni e le loro leggi, compresa la falsa sanatoria, è l’impegno che abbiamo. E quando diciamo “noi” intendiamo tutto l’arcipelago di compagni e realtà organizzate che operano o sono in grado di operare.

Anche da questo vediamo che non si può parlare di un’ordinaria lotta sindacale. Che anzi l’ordinaria lotta sindacale oltre che manifestamente impotente è parte del problema e non della soluzione.

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