I mezzi messi in atto dal capitalista per allungare la giornata lavorativa, la parte di pluslavoro gratuita per realizzare il plusvalore e ottenere i profitti non invecchiano mai, ma al massimo si rinnovano.
Stiamo parlando di più di 150 anni fa, ma i mezzi "fraudolenti" dei padroni sono sempre gli stessi anche oggi.
Pensiamo alla Fca di Melfi in cui la pausa mensa è spostata, con un accordo sindacale di qualche anno fa, alla fine della giornata lavorativa, per non interrompere il lavoro; una pausa, quindi, che non è una pausa, e di cui molti operai preferiscono non usufruire e andare prima a casa;
pensiamo al "tempo cambio tuta" che ancora in alcuni posti di lavoro non è considerato a tutti gli effetti "tempo di lavoro" e quindi retribuito come tale; che vuol dire che il padrone si frega almeno una mezz'ora al giorno in più di tempo di lavoro - questo è per esempio avvenuto per decenni all'Ilva, e solo parzialmente sanato pochi anni fa.
Ma pensiamo anche a quella buona rappresentazione di padroni impegnati, con tutti i loro iper consulenti, a sgraffignare minuti agli operai fatta dal film "7 minuti"...
...e capiamo che non stiamo parlando di ieri, ma del "normale" sistema di sfruttamento del capitale...
Alcuni passi da
Il Capitale di Karl Marx: Cap.8 - La giornata lavorativa
"...Il Factory Act del 1850, ora (1867) vigente, permette 10 ore per la giornata settimanale media, cioè 12 ore per i primi 5 giorni feriali, dalle 6 di mattina alle 6 di sera, detratte però mezz’ora per la colazione e un’ora per il pasto di mezzogiorno, cosicchè rimangono 10 ore e mezza lavorative, e 8 ore il sabato, dalle 6 di mattina alle 2 del pomeriggio, detratta mezz’ora per la colazione. Rimangono 60 ore lavorative, 10 e mezzo per ognuno dei primi 5 giorni feriali, 7 e mezzo per l’ultimo. Sono nominati speciali custodi della legge, gli ispettori di fabbrica, direttamente sottoposti al ministero dell’interno, le cui relazioni vengono pubblicate ogni semestre in nome del parlamento. Queste relazioni forniscono dunque una statistica regolare e ufficiale della voracità di pluslavoro del capitalista.
Ascoltiamo per un momento gli ispettori di fabbrica.
« Il fabbricante fraudolento comincia il lavoro un quarto d’ora (a volte più, a volte meno) prima delle sei antimeridiane e lo finisce un quarto d’ora (a volte più, a volte meno) dopo le sei pomeridiane. Toglie cinque minuti al principio e alla fine della mezz’ora nominalmente concessa per la colazione, dieci minuti al principio e alla fine dell’ora nominalmente concessa per il pasto meridiano. Di sabato lavora un quarto d’ora, a volte più, a volte meno, dopo le due pomeridiane.
Così il suo guadagno ammonta:
Prima delle sei antimeridiane
|
a 15 minuti
|
Dopo le sei pomeridiane
|
a 15 minuti
|
Per il periodo della colazione
|
a 10 minuti
|
Per il periodo del pasto meridiano
|
a 20 minuti
|
Totale
|
60 minuti
|
Totale in 5 giorni
|
300 minuti
|
al sabato
| |
Prima delle sei antimeridiane
|
a 15 minuti
|
Per il periodo della colazione
|
a 10 minuti
|
Dopo le due pomeridiane
|
a 15 minuti
|
Totale settimanale
|
340 minuti
|
Ossia 5 ore e 40 minuti alla settimana, il che, moltiplicato per 50 settimane lavorative (detratte due settimane di vacanze e interruzioni occasionali), è eguale a 27 giornate lavorative».
«Se si prolunga la giornata lavorativa di cinque minuti quotidiani oltre la durata normale, si
hanno due giorni e mezzo di produzione all’anno». «Un’ora addizionale quotidiana, ottenuta raspando ora qui ora là un trattino di tempo, fa diventare tredici i dodici mesi dell’anno».
Le crisi, durante le quali viene interrotta la produzione e si lavora solo a « tempo ridotto », cioè solo per alcuni giorni alla settimana, non cambiano naturalmente per nulla l’impulso al prolungamento della giornata lavorativa. Quanto meno affari si fanno, tanto maggiore dev’essere il guadagno nell’affare che si fa. Meno tempo si può lavorare, più grande è la parte del tempo di lavoro che si deve dare al pluslavoro. Gli ispettori di fabbrica riferiscono come segue sul periodo della crisi dal 1857 al 1858:
«Si può ritenere illogico che abbia luogo un qualsiasi sovraccarico di lavoro in un momento nel quale il commercio va così male; ma proprio questa cattiva situazione sprona gente senza scrupoli a trasgressioni; costoro si assicurano così un profitto straordinario... »...
...«Quando sorprendiamo operai al lavoro durante le ore dei pasti o in altre ore illegali, si avanza il pretesto che gli operai non vogliono affatto lasciare la fabbrica, che occorre addirittura costringerli a interrompere il loro lavoro » (pulizia delle macchine ecc.), «specialmente il sabato pomeriggio. Ma, se le « braccia » rimangono nella fabbrica dopo che le macchine sono ferme, questo avviene soltanto perchè non è stato loro concesso nessun periodo di tempo per tali lavori durante le ore lavorative stabilite dalla legge, dalle sei di mattina alle sei di sera».
«Il profitto straordinario, ottenibile mediante sovraccarico di lavoro oltre il tempo legale, sembra essere per molti fabbricanti una tentazione troppo grande perchè le si possa resistere. Essi speculano sulla probabilità di non essere scoperti e calcolano che, anche nel caso che siano scoperti, la esiguità delle pene pecuniarie e delle spese di giudizio garantisce loro pur sempre un bilancio attivo... »...
È evidente che in questa atmosfera la formazione del plusvalore mediante il pluslavoro non è un segreto. Un rispettabilissimo padrone di fabbrica mi disse: «Se lei mi permette di far lavorare soltanto dieci minuti quotidiani di tempo supplementare, mette mille sterline al l’anno nelle mie tasche». «Atomi di tempo sono gli elementi dei guadagno».
Da questo punto di vista non c’è niente di più caratteristico della designazione degli operai che lavorano per tutto il tempo come «full timers », e di fanciulli sotto i tredici anni, che possono lavorare solo sei ore, come « half timers ». L’operaio qui non è altro che tempo di lavoro personificato. Tutte le differenze individuali si risolvono in quella di «operai a tempo intero» e «operai a tempo dimezzato».
Nessun commento:
Posta un commento